«Non ha mai avuto un gesto di affetto»

In assise il giovane parricida di Leinì In assise il giovane parricida di Leinì «Non ha mai avuto un gesto di affetto» Il processo in corte d'assise a Massimo Lisci, 28 anni, il netturbino di Leinì che ucciso il padre Lorenzo la sera dell'I 1 marzo '93 sparandogli tre colpi al petto con il lucile da caccia, è stato rinviato al 29 marzo por un'importante verifica. Là sera prima del delitto in casa Lisci scoppiò un terribile litigio tra padre e figlio. Lorenzo Lisci, che accusava il figlio di essere ricaduto nella droga, lo aveva costretto a riempire un contenitore por l'urina che aveva portato a esaminare all'Usi: «L'esame; è positivo, avevo ragiono io», disse il padre e iniziò a minacciarlo, insultarlo, sputandogli in faccia. La corte ha deciso di verificare se quell'esame fu veramente fatto o so invoce Lorenzo Lisci monti al figlio. Massimo Lisci ieri ò stato sottoposto al controesame del pm Virginia Borgani: «Por me non ha mai avuto un gesto affettuoso, il nostro non ò mai stato un rapporto tra padre o figlio. A vent'anni cominciai a drogarmi ma duo anni dopo smisi o non ho più ripreso, ma lui non ci credeva. Quella sera il litigio scoppiò proprio per quel motivo». «Il giorno dopo, al pomeriggio, dopo il lavoro passai a prendere mia madre e la portai a casa. Feci un giro per il paese, ma quando rincasai cominciai a pensare con terrore al ritorno di mio padre. Lo attesi in cortile con il fucile che avevo nascosto in un cassonetto. Quando arrivò gli dissi ciao e lui mi rispose con un insulto: "Drogato bastardo". Allora sparai, l'arma si inceppò, tolsi il bossolo, ricaricai e feci fuoco altro due volte». Massimo Lisci, 28 anni, aveva atteso il padre sotto casa con il fucile «Mi salutò insultandomi, allora feci fuoco»

Persone citate: Lorenzo Lisci