Recuperato dipinto del Tiepolo
Rubato a Venezia Rubato a Venezia Recuperato dipinto del Tiepolo VENEZIA. Il capolavoro giovanile del Tiepolo rubato dalla chiesa della Fava pochi giorni prima di Natale è stato recuperato dalla polizia. Era nascosto in un casolare nelle campagne di Tessera, vicino all'aeroporto Marco Polo. E' leggermente danneggiato ma non in modo irreparabile. I quattro responsabili del furto sono stati individuati ed hanno confessato. Siamo dunque a metà dicembre. Passata da poco l'alba, il frate incaricato delle orazioni del mattino si accorge che la porta della chiesa è aperta. Lo assale un unico timore, che subito si rivela fondato: il dipinto più prezioso, «L'educazione della Vergine» di Gian Battista Tiepolo, tre metri e mezzo per due, è stato trafugato. I ladri si erano fatti rinchiudere la sera prima, nascosti dentro un confessionale, e avevano potuto agire indisturbati per tutta la notte. Scandalo nel mondo dell'arte, ma la polizia brancola nel buio. Non se ne viene a capo, fino a pochi giorni fa, per un caso assolutamente fortuito. Un enigmatico investigatore privato, Alessandro Susanetti, viene pescato in casa della contessa Mariolina Doria, moglie dell'industriale tessile Pietro Marzotto, sul letto padronale con la sua ragazza, Chiara Mustillo, che poteva disporre delle chiavi di casa. La contessa ovviamente li caccia. Poche settimane più tardi, però, rientrando, trova la casa svaligiata. Sporge denuncia e alla polizia parla di quei due, scoperti qualche tempo prima sul suo letto. La polizia li interroga, li arresta, recupera la refurtiva. Ma la vera mente del furto, racconta l'investigatore, è un'altra: Claudio Di Benedetto. Scattano nuove manette. A vuotare il sacco, adesso, è la «mente»: per migliorare la sua posizione processuale, si offre di aiutare la polizia con un ritrovamento d'eccezione. Il Tiepolo, appunto. Fa i nomi di due ragazzi, Sebastiano Magnanini e Damiano Bartolini. E questi, messi alle strette, confessano: si sono fatti rinchiudere in chiesa verso le sei di sera; ci avevano già provato tre giorni prima, ma avevano sbagliato obiettivo, un quadretto da pochi soldi. Chi aveva loro commissionato il furto, invece, puntava al Tiepolo. Si fanno spiegare bene, dunque, qual è la tela, e ci riprovano. Ma la tela è troppo grande, troppo pesante. Non hanno esperienza, non sanno come fare. Chiamano Di Benedetto, più navigato di loro. Lui però non vuole saperne: i furti in chiesa portano male, dice, ne sa qualcosa perché da ragazzo era finito dentro per un candelabro. Alla fine vince la superstizione e li raggiunge per mettersi al lavoro con la lametta. La banda è un po' scalcagnata. Prima fanno cadere una scala a terra, con gran frastuono, ma nessuno sente. Poi si scaricano le pile delle torce: e loro accendono le candele. Escono perfino dalla chiesa, per farsi una birra in un bar poco distante. Tornano al lavoro, fumano uno spinello. Alla fine il lavoro è concluso, arrotolano la tela e se ne vanno col Tiepolo sotto braccio. Fanno qualche chilometro fra calli e campielli, fino all'appuntamento con un motoscafista, Giorgio Zennaro, che ha l'incarico di prendere in consegna il quadro. Tutto liscio. Solo che alla fine arriva la Madama. Come in tutte le storie dei Soliti ignoti. [m. L]
Luoghi citati: Venezia
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