Sprinter, razza Italia di Gian Paolo Ormezzano
Sprinter, razza Italia Sprinter, razza Italia Ma Saronni: stranieri in calo veloce in rettifilo. Non scarta ed ò facile da guidare. E ha una notevole motricità. Nel senso che sembra scaricare a terra tutta la potenza. Sono due fattori importanti. Inoltre il cambio sequenziale inscatolato consente di innestare le marce con una rapidità incredibile». A sentire le sue risposte si direbbe che è perfetta... «No, andiamoci piano. Ripeto, ha un'ottima potenzialità. Ma è ancora da sviluppare. Per quanto mi riguarda, ad esempio, l'abitacolo è troppo grande. Ero abituato ad appoggiare i gomiti sulle pareti. Adesso devo avere un seggiolino speciale, con degli spessori per poterlo fare. E poi c'è ancora tutto lo sviluppo da mandare avanti. Penso di avere capito che le auto disegnate da Barnard partono da un progetto molto valido, ma debbono essere successivamente curate nei particolari. Non ci sono grosse modifiche da preparare, ma tanti piccoli lavori di affinamento». A proposito di Barnard, se ne parla sempre come di un cerbero. «Onestamente il rapporto con l'inglese era uno dei miei crucci. Avevo l'impressione di essergli indigesto. Mi dava fastidio essere giudicato senza essere prova¬ to. A Barcellona ci siamo parlati a lungo, credo di avere conquistato la sua fiducia. Per me è una delle più belle vittorie. In questa maniera posso impegnarmi al massimo senza avere pensieri strani per la testa. Comunque non è vero che sono stato messo da parte per fare spazio a Berger. Ho un rapporto straordinario con la squadra, la sento come una famiglia». E gli altri? Sempre Williams-Renault da battere? «Non ci saranno sorprese. La Williams con Senna parte dall'alto. La vettura campione con un fuoriclasse. Noi potremmo inserirci fra la miglior squadra e la Benetton. Abbiamo però il vantaggio di ripartire da zero. Purtroppo ci manca un mese di prove, dovremmo avere un po' più di tempo per iniziare subito al massimo. Ma arriveremo. Sarà decisivo essere lì, alle costole della Williams. Vogliamo, dobbiamo essere lì». Non c'è il rischio che qualche team interpreti i regolamenti in maniera strana? «Il pericolo esiste. E potrebbe vanificare tutto il nostro impegno. La Federazione dovrà quindi essere inflessibile nel far rispettare i regolamenti». SENSAZIONALE, ieri non ha vinto un ciclista sprinter italiano: Abdujaparov l'uzbebko primo su Baldato e Cipollini. Ma l'altro ieri primo Baldato su Cipollini e domenica primo Cipollini su Baldato con Abdu 36° nel volatone. E Baffi, nel 1994, ha già vinto nove volate. E Fidanza è un altro da sprint vincente. Una volta c'erano gli «azuréens», ciclisti francesi che a febbraio-marzo dominavano appunto in Costa Azzurra, poi sparivano. Cosa accade ai nostri ciclisti di fine inverno-inizio primavera? Vincono perché sono bravi in assoluto, oppure svolazzano perché sono farfalle più pronte delle altre a diventare tali e però condannate a morire presto? Diciamo che ci sono varie scuole di pensiero, esplicite, contorte, accavallate, singolarissime, animate da esperti dell'oggi allegro ma anche dell'ieri triste. Per esempio Beppe Saronni, che era velocista ma che vinceva anche i Giri d'Italia: «La nostra supremazia negli sprint data da qualche anno e secondo me ha una spiegazione semplice: il calo degli stranieri proprio nei posti che fornivano buona materia prima, come Belgio, Olanda, Francia. Noi abbiamo un ciclismo economicamente più flori¬ do, teniamo più squadre, facciamo passare professionisti più giovani e i talenti hanno più spazio. I nostri sono meglio preparati, meglio stimolati. E non lesiniamo gli applausi: tanti dei nostri possono vivere ottimi inverni da professionisti, come non tanti degli stranieri, è vero; ma anche prepararsi bene come loro sanno fare è duro, è faticoso». Ernesto Colnago, costruttore, mèntore di mezzo ciclismo italiano, spiega il calo estero così: «Magari con i nostri soldi gli stranieri hanno imparato a fare i signori, a ingrassare d'inverno. Quando correvano ai premi e basta, i belgi sprinter venivano fuori a decine. Magari per fare più denaro ancora, i nostri hanno imparato a non prendere, nella sosta, neanche un chilo di troppo. Baffi ha disputato quest'inverno 6 Sei Giorni!». Enrico Peracino, il medico che seguì Coppi e Merckx, esclude motivi scientifici in queste vittorie d'avvio, e parla di «un ciclismo italiano che sa, per necessità, suddividere la stagione, divenuta lunghissima. Chi ha caratteristiche di velocista si prepara bene, magari ai Caraibi, si presenta a posto, vince subito molto su programmatori di tempi lunghi, ottiene il contratto per l'anno successivo e poi si mette Cristiano Chiavegato Immaginatevi la scena: voi entrate in una Concessionaria Fiat, parcheggiate la vostra vecchia auto e ripartite con una fiammante Tipo nuova. E' solo un sogno? No, è una splendida realtà, anzi una grande occasione. no Fino fatti la auto, troppo stanca e po usata, vale almeno 1,5 milioni in più rispetto alle quotazioni di Quattroruote per passare a Tipo. Insomma, volete partire verso un futuro automobilistico felice e sereno? Smettete di sognare e scegliete la Tipo che preferite. Il contrailo nih luce d a riposo. E' un professionista che conosce se stesso, ed è specialmente italiano, perché in Italia è stato inventato il ciclismo moderno». Nino Defilippis che da «cit» faceva sue tante volate e non solo di inizio stagione, precisa che «si vinceva molto anche una volta, però adesso si domina davvero. Io penso, più che a una fioritura di talenti nostri, ad una sfioritura di talenti stranieri. I nostri poi sanno sfruttare il momento, si preparano per tempo. Ci mancano i talenti per le corse a tappe, ma è un discorso diverso». Tutto parzialmente vero. Un giornalista che fu buon ciclista, Beppe Conti, precisa: «Però non è giusto dire che dopo i primi exploits i nostri spariscono. A parte che la Sanremo dal '90 è italiana, Bugno e Chiappucci e Argentin solo in extremis beffato da Kelly e Fondriest, a parte il nostro dominio nelle classiche, si sono vinte l'anno scorso cinque tappe al Tour, come non accadeva dal 1970. E il velocista Cipollini al Tour ha messo anche la maglia gialla». Giusto. Ma a proposito di fioritura di talenti e sapienza di preparazione, c'è qualcuno che sa rintracciare un cronoman italiano? Gian Paolo Ormezzano jj| Lei vi sui già aspet- del sole tando. Buon viaggio.
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