Bossi è la Lega a guidare il polo

Ancora polemica, ma il senatur propone: «Andiamo insieme a spiegarci in tv» Ancora polemica, ma il senatur propone: «Andiamo insieme a spiegarci in tv» Bossi: è la tega a guidare il polo Berlusconi: «Ciò che dice non ha capo né coda» MILANO. Alle tre del pomeriggio, villa di Arcore, il Cavaliere risponde quasi a tono: «Quello che ha detto Bossi non ha né capo né coda. Anch'io non premierei un uomo della P2, ma non mi considero legato alla P2. Bossi sa benissimo cosa è esistito tra me e la P2, e sa bene che la tessera l'ho rispedita al mittente!». Alla stessa ora, villotto di Gemonio, Umberto Bossi sfoglia un paio di quotidiani e s'immagina il putiferio: «Manooo, io non ho detto così, che ne so se era della P2 o no? Però adesso mi rendo conto che c'è troppa confusione in giro e troppi ne vogliono approfittare. Forse è il momento...». Forse è il momento di una beila trasmissione in tv, con Bossi e Berlusconi attorno a un tavolo. Bossi la butta lì, ragiona a voce alta, si convince e la propone a distanza: «Io e Berlusconi assieme per spiegare chi siamo. Ognuno racconta le proprie ragioni, ognuno tira fuori le proprie differenze. Così sarà chiaro che io non lo attacco, io dico come stanno le cose». Ed è quello che Berlusconi temeva: sera di venerdì 11 febbraio, Circolo della Stampa, Milano, finita la presentazione del loro polo, Berlusconi a Bossi: «Non è che in campagna elettorale ti metterai a sparare anche contro di me?». Ogni giorno un incubo. Berlusconi che chiama e Bossi non risponde. Berlusconi che chiama Roberto Maroni e neppure Maroni risponde. «Succede quello che avevo spiegato a Berlusconi L'ARISTOCRAZIA E IL PERICOLO «ROSSI» ROMA UNQUE poco dopo il crepuscolo, Sua Emittenza Silvio Berlusconi, Signore della Stantìa (della Casa degli italiani), Principe degli Ipermercati e Nobil Uomo dello Spot e delle Tre Reti Commerciali varca il portone di Palazzo Rospigliosi Pallavicini, in fronte al Quirinale, ospite di donna Elvina Pallavicini, un'ottantenne fiera e coraggiosa nella sua poltrona a rotelle spinta dalla damigella di compagnia, Elika Del Drago. Come a suo tempo (giugno 1977) il vescovo arci-tradizionalista Lefebvre, che considerava il Concilio una disgrazia e aveva tanto a cuore la messa in latino, il Berlusca verrà accolto e presentato nella splendida sala del baldacchino al consesso della nobiltà più nera, più antica, più stramba, più disfatta e più reazionaria non solo d'Italia, ma forse pure del mondo. Del tutto improbabile che alla fine dell'incontro il Patriziato romano intoni, come allora, il Salve Regina. E tuttavia, anche se obiettivamente priva di risvolti dottrinari e a differenza di quell'altra ignorata dal Santo Padre, la visita del più scoperto, affabile e lesto dei self made man in circolazione sulla piazza rende quasi un pretesto la questioncina, pure adombrata dai collaboratori berlusconiani, dei soliti voti da raccattare a Roma 1. Ci sarà anche Gianfranco Fini, stasera: ma questo non è tanto importante e neppure troppo simbolico poiché da anni ormai, dopo la truce epopea delle mezze calzette e poi degli smoking a nolo, il msi (o meglio un certo msi opportuno e in deficit di sociale) è stato come adottato dai nobili romani, introdotto da belle, seppur stagionate signore in salotti un po' polverosi e rovinati castelli dell'agro romano, e di conseguenza sottratto ai tradizionali «ranci» che i camerati consumavano alla birreria «Picar», vicino al Luna Park dell'Eur. Senza risalire al Principe Junio Valerio Borghese, che del msi è stato anche presidente, ma che era soprattutto un moderno capitano di ventura e perciò se ne fregava, furono i Grazioli e i Guglielmi a rendere mondano l'almirantismo. Federale capitolino è stato a lungo il conte Gaetani Lovatelli, e un Orsini, quello stesso discusso e invidiato per un'antica storia d'amore con Belinda Lee, fungeva da responsabile di inesistenti relazioni esterne nell'era, appunto, del ghetto. Perciò Fini, e Maceratini o Lillio Ruspoli Zapata, saranno presenze quasi scontate in quel magnifico palazzo ideato e costruito dal Maderno e dal Vasanzio sui resti delle Terme Costantiniane a cospetto IFSBaUBsd via ai manifesti elettorali leghisti. Berlusconi incolla i «Forza Italia»? Bossi incollerà i suoi «Forza Nord»: «Così si capisce meglio la differenza». In attesa di una trasmissione tv («o anche una conferenza») con i due seduti accanto, Bossi e Berlusconi cominciano a parlare del dopo elezioni. Da Arcore: «Non sono disponibile a un pastrocchio, a una situazione che possa partorire un governo incapace di governare. Se così fosse chiederei di tornare a votare». Da Gemonio: «Se vinciamo noi e Forza Italia, e senza i fascisti mi raccomando, si va a governare assieme. Altrimenti bisogna vedere i numeri, chi ci sta. Il polo di sinistra, nel caso di sconfitta dovrebbe frantumarsi, e così quel poco che resterà dell'ex de». Ma il Bossi di ieri aggiunge dell'altro: «Noi potremmo sempre issare la nostra bandiera, il federalismo in una legislatura costituente, con un governo istituzionale». E su questo arriva la benedizione di Gianfranco Miglio: «Noi andremo anche con il diavolo se ci aiuterà a riformare la Costituzione in chiave federale, e mi pare che il pds sia abbastanza favorevole a questa soluzione: sulle riforme non siamo distanti...». Il professore strattona Berlusconi: «Noi senza di lui siamo sempre la Lega, ma lui senza di noi non fa più nulla». E a questo punto il chiarimento tra Bossi e Berlusconi urge davvero. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. In alto Umberto Bossi, segretario della Lega quella sera a Milano. L'oscurità non fa bene a nessuno, nel buio c'è confusione e io vado nelle piazze a far chiarezza. La gente sappia che, nel polo, è la Lega a tener la rotta». Da Arcore Berlusconi punzecchia: «Bossi fa il suo gioco perché è preoccupato dei suoi risultati elettorali. Certo, sarebbe meglio un'alleanza tra persone che vanno d'accordo, ma l'alleanza trascende tutto ciò e noi si collabora tutti insieme, proprio come prima». E per collaborare, almeno per toglier di mezzo qualche ostacolo, ecco che Berlusconi fa un passettino indietro sulla futuribile strada che porta a Palazzo Chigi: «Ci vuole una personalità politica altissima». Ma poi riparte con cautela, con un identikit che gli somiglia: «Ci vuole il regista di una squadra, e quale sia lo lascio dire agli altri. Dico solo che di ogni persona non bisogna guardare alle cose che dice, ma alle cose che ha fatto. Dovrebbe essere una persona di provata competenza nei fatti». E l'ultima da Arcore è una tirata contro le telerisse e la Rai: «Fininvest è un temperino, di là ci sono le bombe atomiche». La speranza di Berlusconi è che «la gente ha molto buon senso e capisce, il disegno dell'alleanza sovrasta i singoli leader». Quella di Bossi è che Berlusconi «non sovrasti, non si sovrapponga alla Lega». Insomma, alleati elettorali sì, ma - dice Bossi - che Berlusconi non si permetta di «fare il leghista buono», di usare tv e giornali per tentare di convincere l'elettorato del Nord a premiare Forza Italia. E in proposito, da ieri, Bossi ha dato il Giovanni Cerniti Elvina Pallavicini e Francesco Cossiga