La mia vita sotto l'ombrello di Giorgio Calcagno
La mia vita La mia vita sotto l'ombrello E, BARI stato il primo corrispondente dall'Italia del Sud per la tv americana, quando a Bari e a Napoli la televisione non c'era ancora. Si è laureato in diritto penale discutendo la tesi con Aldo Moro. Ha illustrato con le sue fotografie un libro di Cesare Brandi per Laterza, «Pellegrino di Puglia». Ma Angelo Ambrosini, 70 anni, nel suo bel negozio di corso Vittorio Emanuele, preferisce definirsi da sempre ombrellaio. Anzi, l'ultimo ombrellaio, nella storia bicentenaria della famiglia, e uno degli ultimi in Italia. «Come si chiude un ciclo», dice dietro il banco dove, da vent'anni, le pellicce hanno sostituito i parapioggia. E non scompare solo un mestiere. Scompare un linguaggio, il «tarusc», un esperanto clandestino fatto di mille parole, con le quali gli ombrellai di ogni paese si intendevano fra loro; e in tutte le parti del mondo, riuscivano a non farsi capire dagli estranei. «Ombrello - ci rivela Ambrosini - nella nostra lingua si dice "luscia", ombrellaio "lusciat", la ragazza "gnifela". "Tarona ribes", non parlare, era la formula che il padrone del negozio usava con il commesso, davanti al cliente. Questa lingua sparirà, perché non c'è più nessuno che possa continuarla». Suo padre la parlava correntemente, lui la conosce bene, i suoi figli la ignorano. Ambrosini viene, come tutti gli ombrellai d'Italia, da Gignese, sul Mottarone, in provincia di Novara, la capitale mondiale del parasole e del parapioggia. «Io sono risalito fino al Cinquecento - dice -. Ho trovato un documento del 1515, con i nomi delle ventuno fami-' glie che avevano firmato lo statuto del Comune di Gignese. E una era la mia». Montanari che vivevano di miseria. Due secoli dopo, i discendenti di quelle ventuno famiglie erano quasi tutti emigrati, in cerca di pane. E nei loro vagabondaggi incontrarono girovaghi francesi che vendevano un nuovo oggetto, destinato a riparare i signori dalla pioggia. L'ombrello era un bene di lusso, nell'età degli ultimi Luigi, riservato ai notabili (non agli aristocratici, che potevano ripararsi in carrozza, e si sarebbero vergognati di portarlo). I gignesini, nel giro di pochi decenni, ne fecero industria, spargendosi nel mondo. Ci sono ombrellai del Mottarone a New York e San Francisco, Buenos Aires e Sydney. Nell'albero genealogico degli Ambrosini, dall'inizio dell'Ottocento, ci sono degli ombrellai per cinque generazioni. Poi i vari gruppi, in Italia e all'estero, si sono venuti estinguendo, o hanno abbandonato la professione. C'è rimasto solo lui, nato a Bari, dove il suo ramo si era trasferito nel 1885. Il nonno aveva dovuto lasciare il Piemonte, dove non aveva di che vivere, e aveva trovato lavoro in Puglia, da un ombrellaio suo compaesano. Allora succedeva cosi. Quando Angelo Ambrosini è nato, nel 1924, la ditta del nonno era già fiorente; ci lavorava anche il padre, poi sarebbe toccato a lui. Con la sua laurea in legge, Ambrosini a 25 anni Giorgio Calcagno CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA
Persone citate: Aldo Moro, Angelo Ambrosini, Cesare Brandi
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