Una biografìa per celebrare i suoi ottant'anni: da figlio illegittimo a baronetto della Corona di Giorgio Calcagno

Una biografìa per celebrare i suoi ottant'anni: da figlio illegittimo a baronetto della Corona Una biografìa per celebrare i suoi ottant'anni: da figlio illegittimo a baronetto della Corona I, LONDRA ■ UMILTÀ' gli impediva di presagire la sua grandezi za, ma ogni tanto gli re—LI galava premonizioni sugli altri. Alee Guinness si sentì uscire dal petto una voce non sua, quando James Dean gli corse dietro per presentarsi e gli mostrò la sua Porsche fiammante: «Non guidare quella macchina, per favore - lo implorò con un brivido -. Oggi è giovedì e sono le dieci di sera. Se la guiderai, entro giovedì prossimo a quest'ora sarai morto». L'icona di Gioventù bruciata andò a schiantarsi al volante il giovedì pomeriggio successivo. «Fu un episodio totalmente fuori dal personaggio di sir Alee, sempre così riservato ed esitante a mescolarsi con le altre celebrità», commenta divertito John Russell Taylor, uno dei più eminenti critici del Times e autore della biografia Alee Guinness: a celebration, che esce da Pavillion nell'imminenza dell'ottantesimo compleanno dell'attore. Per penetrare il mistero dello sfingeo statista dello spettacolo, l'antiretorico dalle mille facce perennemente in cerca di quella vera, l'autore ha cominciato a sciogliere l'enigma della nascita. Che il ferrigno colonnello di Un ponte sul fiume Kwai fosse un figlio illegittimo, si sapeva; lui stesso si era limitato a confermarlo. Ma nessuno prima di Russell Taylor aveva messo le mani sul suo certificato di battesimo, che rivela finalmente l'identità della madre. Agnes de Cuffe impose al suo bambino il nome di Alee Guinness de Cuffe (o semplicemente Cuffe, come egli avrebbe specificato sulla licenza di matrimonio). Da dove salta dunque fuori il «Guinness»? «Il padre non è menzionato su quel documento - risponde l'autore -. Illustrai ad Alee la mia ipotesi che sua madre fosse una domestica al servizio di un facoltoso uomo d'affari, ma lui replicò che ero fuori strada, e suggerì che il contesto sociale in cui era stato concepito era molto più grandioso. Mi disse di essere il risultato di una sbadataggine avvenuta durante la Cowes Week, una ricorrenza molto elegante». La data di nascita corrisponde a quella che l'attore ha sempre indicato: 2 aprile 1914. «Alee è sempre stato affascinato dall'idea che suo padre appartenesse alla famiglia Guinness. Ma a quell'epoca era consuetudine imporre ai "figli della colpa" il nome di un amico stretto del padre». Nonostante i si- IUTTI gli uomini - scrive Byron - sono furfanti matricolati; ed io mi stizzisco di non poterli morde- Ire, perché non sono un cane». Cioran è più radicale, nel suo pessimismo verso il proprio sesso: «Felice in amore, Adamo ci avrebbe risparmiato la Storia». Henry de Régnier più esplicito: «Le donne sono capaci di tutto; gli uomini di tutto il resto». Dopo tante antologie di maldicenza sulla donna, eccone finalmente una, preparata da Antonio Agriesti per la Vallardi, che promette di rivelare tutto quanto non avreste osato chiedere sulla metà maschile del cielo. Si intitola Re nudi, dovrebbe contenere 618 «detti irriverenti sugli uomini». E sarebbe un bel modo, più originale di altri, per onorare la festa della donna, se fossero tutti irriverenti davvero, come annuncia la copertina. Ma poi scopriamo che molti sono irriverenti per la donna, e alcuni non lo sono affatto. Possibile che siano così rari i veleni lanciati su di lui? Bisogna scegliere. troppo vecchio per la parte e che aveva un aspetto terribile. «I colleghi cercarono di consolarlo sospira l'autore -. Gli dissero: lo sai com'è fatto, non te la prendere, vai a riposarti per un paio di settimane al sole, così torni in forma. Lui eseguì, ma era sconvolto. Quando tornò tutto filò liscio con le riprese, però i loro rapporti si erano incrinati». E lo rimasero fino a Passaggio in India, l'ultimo film del regista, nel quale Guinness accettò di tornare a comparire. Lungi dal restituire la cattiveria, restò un gentiluomo impeccabile: all'indomani della batosta di Zivago, dichiarò che Lean era «l'artista più meticoloso del cinema». Non che quel trauma lo abbia prostrato al punto da impedirgli di mietere altri successi scintillanti, da Guerre stellari a II mercante di Venezia. Ma è un fatto che Guinness «sia sempre propenso a pensare che i suoi critici abbiano ragione». John Russell Taylor si stringe nelle spalle: «La sua insicurezza è come una malattia psicosomatica, un'invenzione parzialmente deliberata per continuare ad alimentare le sue risorse. Alee dubita in continuazione di sé perché la sua grande paura è di essere troppo sicuro. Si inventa le preoccupazioni: alla fine di ogni film o lavoro teatrale comincia a dirsi: avrei dovuto fare meglio, questa roba è terribile, non sono per niente contento. Ma se non facesse così, probabilmente non avrebbe stimoli per andare avanti». La stella che indietreggia di fronte alle luci della ribalta, anziché marciarvi dentro, che coltiva amici anonimi con cui può discutere di musica e di qualunque altra cosa, è «un paradosso assoluto». «Alee è estremamente intelligente e articolato, ha una straordinaria conoscenza delle proprie capacità e nel contempo si ritrae costantemente da se stesso - sorride Russell Taylor -. Usa l'impersonale anziché la prima persona. Una volta mi ha detto: '"Magari è stupido usare il si, ma si è così egoisti a dire io!». L'anno scorso, quando è uscito lo sceneggiato TheForeign Field, in cui il suo personaggio pronuncia cinque parole in tutto, Guinness ha sussurrato al suo biografo: «Non sono soddisfatto di nessuna delle cose che ho fatto, ma aspettavo un'occasione come questa. Ho sempre sognato di essere Buster Keaton». Sono battute loro, o degli uffici stampa? Sicuramente autentica deve essere quella detta da Mae West, quando la segretaria le annunciò che dieci uomini la stavano aspettando: «Sono stanca. Mandane via uno». Ma non è certo che possa piacere molto alle femministe. A sostegno della donna c'è, per fortuna, la saggezza popolare, che smaschera l'uomo sotto tutti i paralleli. «Non correre dietro un uomo, o un autobus; ce n'è sempre un altro», dice un proverbio giamaicano. Che, girato a Napoli, suona, più crudamente: «Morte e marito non aspetta maje quando véneno» (non aspettarli mai quando vengono). Ci sono, è vero, decine di proverbi che li contraddicono, perché il marito, ancestralmente, è un bene prezioso, nella cultura popolare. Ma nessuno smentisce il proverbio gaelico che sembra essere la sintesi della antologia: «Tre specie di uomini non capiscono niente delle donne: i giovani, i vecchi e quelli di mezzo». Maria Chiara Bonazzi Giorgio Calcagno

Luoghi citati: Alee, India, Londra, Napoli, Venezia