Il microbo ghiotto di petrolio

Il microbo ghiotto di petrolio Il microbo ghiotto di petrolio Armi biologiche contro i danni delle maree nere OCCORRE prendere il traghetto a Brusc-Six Fours Les Plages (pochi chilometri da Tolone) per raggiungere l'isola di Embiez, ma la traversata è il giusto preludio alla visita dell'Istituto Paul Ricard. Una fattoria per l'allevamento dei pesci, un acquario, una base attrezzata per immersioni con le bombole, ma soprattutto un sofisticato laboratorio di ricerca. Nato come osservatorio del mare nel 1966 per iniziativa di un industriale che ogni anno offre sei milioni di franchi, l'Istituto Paul Ricard è noto in tutto il mondo per avere trovato una tecnica contro l'inquinamento da petrolio. Come spiega Patricia Giron Ricard, i ricercatori sono partiti dal presupposto che per combattere i danni delle maree nere è indispensabile un'arma biologica e non soltanto meccanica o chimica. Il primo intervento significativo contro le maree nere è avvenuto in occasione dell'incidente della petroliera Valdez in Alaska che, nel marzo del 1989, versò 250 mila barili di petrolio nella pescosa baia di Prince William con effetti disastrosi. Qui l'istituto oceanografico, per conto di una grande azienda petrolifera, aveva sperimentato con successo l'«Inipol», un bionutrimento che fa proliferare microrganismi ghiotti di idrocarburi e capaci di digerirli. Il risultato fu molto soddisfacente, ma il metodo è ancora molto costoso. L'impegno è quindi di ottenere un prodotto a costi inferiori. L'Istituto promuove anche ricerche sulla qualità dell'acqua dolce e salata, in particolare lavora nei bacini protetti dalle dighe per evitare la proliferazione di alghe e controllare la purezza dell'acqua, ma interviene anche là dove le acque dei fiumi (ormai «cariche» di materie organiche e inorganiche inquinanti) vanno a miscelarsi con il mare e ne studia gli effetti idrodinamici. Uno degli obiettivi principali è di trovare metodi efficaci per sviluppare il fitoplancton, indispensabile per assorbire anidride carbonica a riossigenare l'acqua. Non dimentichiamo che i due terzi dell'ossigeno presente nell'atmosfera vengono prodotti dal mare e che probabilmente il ruolo del fitoplancton nel meccanismo di purificazione è fondamentale. Come osservatorio marino, il centro ha aderito al Gem (Group d'étude du mérou), un ente che si occupa dello studio e della difesa della cernia nel Mediterraneo. Se ne sono registrate otto specie e pare che abbiano trovato sulle coste spagnole, francesi e italiane un habitat favorevole. Ma questo pesce, abituale frequentatore di grotte e anfratti, è minacciato, oltre che dall'inquinamento, dalla caccia indiscriminata a danno degli individui più giovani. Il Gem fa opera divulgativa nelle scuole e fra le associazioni di appassionati subacquei che vengono anche coinvolti nella segnalazione di informazioni utili. Il «Paul Ricard» pubblica due riviste: una di carattere scientifico, «Marin life», e un periodico divulgativo «Oceanorama». L'isola è meta di scolaresche che vanno a visitare l'acquario (27 vasche ospitano cento specie) e molti ragazzi possono provare, sotto la guida di esperti subacquei, l'emozione di un'immersione con le bombole. L'istituto è molto attivo verso i giovani: ogni anno offre borse di studio per studenti europei (inferiori a 25 anni) di qualsiasi disciplina, ma con interessi legati al mare. E ogni anno viene indetto il concorso «Aidons l'eau, aidons la vie» per il miglior progetto a favore della protezione dell'acqua. La Paul Ricard mette il ricercatore in contatto con il miglior ente incaricato di elaborare il progetto, per realizzare il quale vengono investiti cinquantamila franchi. L'osservatorio è aperto al pubblico tutti i giorni (escluso il mercoledì mattina da novembre a marzo). Per informazioni si può telefonare al numero 00 33-94.340.249. Irene Cabiati SFIDA AMBIENTALISTA a una: luvari, triglie, seppie, aiole sono ormai rarissime. Ne sanno qualcosa anche i pescatori liguri, dopo il disastro della Haven. Il difficile, a quanto pare, è stato convincersi che anche gli ambientalisti avevano lo stesso obiettivo: il punto di equilibrio è capire che il mare può continuare a essere sfruttato solo rispettando il suo equilibrio naturale. Questa consapevolezza sta cominciando a dare i primi frutti: già l'anno scorso alcuni pescherecci hanno adottato a bordo una «blue box», un insieme di strumenti che, come le «scatole nere» degli aerei, consente di registrare parametri chiave dell'ambiente circostante. Per la pesca italiana è un momento cruciale: ora questa professione dipende dal neonato ministero delle Risorse agricole, alimentari e forestali (e non più dal ministero dei Trasporti), e il direttore generale del settore, Giuseppe Ambrosio, ha appena presentato il nuovo «Piano triennale della pesca marittima e dell'acquacoltura». I finanziamenti fino al '96 sono aumentati (complessivamente raggiungono ora i 320 miliardi), ma i traguardi da raggiungere sono impegnativi. Il primo, richiesto dalla Comunità europea, è la riduzione dello «sforzo di pesca» (si pesca troppo e male), e quindi il numero degli addetti. Occorre inoltre ammodernare la flotta dei pescherecci, incentivare l'acquacoltura in mare (una tecnica produttiva già sviluppata in altri Paesi concorrenti) e naturalmente difendere di più le coste e i fondali. Sfide non facili, visto che le pene per i reati di pesca sono molto blande (al massimo due milioni) e i controlli in mare molto costosi e quindi rari. Alcune taglie minime del pescato, dicono poi gli ambientalisti, sono da rivedere: nove centimetri per una triglia sono troppo pochi e poiché il mercato richiede pesci sottotaglia (le stesse triglie, ma anche moscardini e pesce spada), spesso i divieti non sono rispettati. Non sarà facile nemmeno la vita di «Alleanza per il Mare»: il giorno della presentazione ufficiale, a bordo della «Moby Dick» di Greenpeace ormeggiata a Capo d'Orlando, le banchine erano presidiate dalla nolizia: i pescatori «nemici» erano lì in forze e da giorni i telefoni dei promotori erano occupati da chiamate minatorie. «La mafia non è solo a terra», hanno commentato gli organizzatori. Carlo Grande collina alle spalle di Trieste meccanica e alla biomedica (la cristallografia di macromolecole e virus, ad esempio, avrà potenziali ricadute farmaceutiche). Purtroppo la macchina nasce in un momento di recessione del nostro Paese: ma la luce di sincrotone sta diventando uno dei metodi dell'indagine più promettenti. Oltre ai smcrotroni di Trieste e di Berkeley, è da poco operativa la macchina europea di Grenoble, cui l'Italia partecipa al 15 per cento: lavorerà a 6 GeV producendo raggi X duri, ottimi per analizzare strutture atomiche (i raggi X molli della macchina di Trieste, invece, hanno una lunghezza d'onda dell'ordine di grandezza delle molecole). Fabio Pagan

Persone citate: Carlo Grande, Fabio Pagan, Giuseppe Ambrosio, Irene Cabiati, Patricia Giron Ricard, Paul Ricard, Prince William, Valdez

Luoghi citati: Alaska, Berkeley, Italia, Tolone, Trieste