Teorema di Fermat è la volta buona?

MATEMATICA MATEMATICA Teorema di Fermat è la volta buona? Verificata la dimostrazione data alcuni mesi fa dall'americano Andrew Wiles: un solo punto rimane incerto LA storia della scienza insegna che spesso le affermazioni più semplici sono le più difficili da provare. Una conferma recente, che ha provocato molto scalpore nel mondo scientifico, viene dalla dimostrazione dell'ultimo Teorema di Fermat da parte del matematico Andrew J. Wiles della Princeton University. Potrebbe essere il punto d'arrivo di tre secoli di sforzi prodotti dalle più brillanti menti matematiche della storia. Un'autentica sfida intellettuale tramandata di generazione in generazione, risoltasi finalmente con un successo quasi certo, grazie a sette anni di lavoro a tempo pieno di Wiles e duecento pagine di dimostrazione! Ma andiamo con ordine e ricostruiamo, almeno a grandi linee, la storia di questo interessantissimo e intrigante problema matematico. Nel 1637 il grande matematico francese Pierre de Fermat riportava, in una nota sul margine di un libro, la seguente affermazione: «Scrivere un cubo come somma di due cubi, una quarta potenza come somma di due quarte potenze, o in generale qualsiasi potenza maggiore della seconda come somma di potenze dello stesso tipo, è impossibile; circostanza della quale ho trovato una dimostrazione veramente notevole. Questo margine è troppo piccolo per contenerla». Inutile dire che non si è mai trovata traccia di tale dimostrazione e che il mistero della sua esistenza si è perpetuato fino ai giorni nostri, tanto che resta il dubbio che Fermat potesse davvero averla ricavata, magari seguendo una via più diretta di quella di Wiles. Eventualità improbabile questa, ma da non escludere. L'affermazione, espressa in simboli, è molto semplice. Dice che non è possibile trovare tre numeri interia,becper i quali valga l'equazione a" + b" = c", sene più grande di due. Quando n vale 2 la relazione a2 + b2 — c2 è facilmente riconoscibile come il ben noto teorema di Pitagora che tutti abbiamo appreso nella scuola dell'obbligo e che presenta infinite soluzioni algebriche, ognuna corrispondente ad un particolare triangolo rettangolo (per esempio, come noto fin dai tempi degli antichi egizi, se a = 3, b = 4, c = 5, la relazione a2 + b2 = c! è banalmente verificata: 3* + 42 = 9 + 16 = 25 = 5!, ovvero 32 + 42 = 52). Chiunque può divertirsi a provare, come fece lo stesso Fermat, che quando n è maggiore di 2 i tre numeri «magici» non si riesce a trovarli. Vi sono senza dubbio ragioni storiche che hanno accresciuto nei secoli il fascino dell'ultimo teorema di Fermat (così definito, prima d'ora, perché l'unico fra i molti enunciati dall'autore francese rimasto senza dimostrazione) e che lo hanno portato ad essere il più famoso della storia della matematica: la forma inconsueta e giocosa dell'esposizione originale; il contributo di grandi matematici quali Eulero, Dirichlet, Lebesgue, per citarne solo alcuni, che riuscirono a dimostrare l'affermazione per n = 3, 4, 5, 7, ma fallirono nel tentativo di fornire una dimostrazione valida per ogni n; il premio di centomila marchi che la Società delle Scienze di Gottinga mise a disposizione di chi fosse in grado di costruire la dimostrazione generale. Ma esistono, d'altra parte, ragioni più profonde, che vanno ricercate nel contrasto fra l'apparente semplicità dell'affermazione e l'insormontabile difficoltà della dimostrazione; come dire che chiunque di noi è in grado di apprezzare la bontà dell'intuizione di Fermat, ma nessuno è in grado di provarla. A rendere ancora più attraente la questione è il fatto che Wiles non abbia usato il computer per portare a termine il suo sforzo mastodontico, ma si sia limitato agli strumenti classici del pensatore: carta e penna. Già nel 1988 ci fu una grande eccitazione fra gli esperti di teoria dei numeri, quando Yoichi Miyaoka della Tokyo Metropolitan University annunciò una prova del teorema, che poco tempo dopo si rivelò errata. Perciò vale la pena di porsi la domanda: siamo certi che la dimostrazione di Wiles sia corretta anche nei minimi dettagli? Se pensiamo alla sua incredibile lunghezza e al fatto che nemmeno un matematico su mille, probabilmente, è tanto competente da poterne stabilire la validità, comprendiamo che solo fra qualche tempo potrà essere consacrata come definitiva. Molte circostanze, però, inducono a pensare che lo sia davvero e che Wiles abbia messo la parola fine ad una vicenda eccezionale, cominciata più di tre secoli fa. La comunità scientifica ha reagito positivamente, non solo per l'ottima reputazione di cui gode il matematico di Princeton; i massimi esperti mondiali del settore presenti al suo storico intervento durante la conferenza tenutasi l'estate scorsa presso l'Isaac Newton Institute di Cambridge, pur non avendo ancora esaminato nei particolari la dimostrazione, dichiararono che «è veramente meravigliosa» e «concettualmente molto credibile» (Barry Mazur, Harvard University), perché l'autore «ha sfruttato praticamente tutti gli strumenti matematici sviluppati negli ultimi 15 anni» (Ken Ribet, University of California). Ormai sono trascorsi alcuni mesi da quel giorno e nell'ambiente l'euforia si è tramutata in fiducia ragionata: solo uno dei problemi emersi in fase di revisione non è stato ancora risolto ma Wiles pensa di poterne venire a capo in breve tempo. Insomma, anche se l'esperienza insegna che conviene pazientare un poco prima di calare il sipario sulla scena, rammentando che il pubblico ha tutto il diritto di sperare in un bis, pare proprio che sia la volta buona. Diego Bisero Università di Modena

Luoghi citati: California, Cambridge, Modena, Tokyo