Lettere e interventi di Gianni Vattimo

Lettere Lettere e interventi Intellettuali non fate i pigri Lo scritto di Gianni Vattimo («L'intellettuale non è pigro», su Tuttolibri del 12 febbraio) si riferisce ad un intervento di Ferdinando Adornato (La Stampa, 16/2) dove si sollecitano gli intellettuali a farsi avanti, pur con le difficoltà che lo stesso Adornato riportava. Sul tema è intervenuto anche Arbasino con una focalizzazione più che precisa (La Repubblica del 22/2). Ma il fatto è che sono trascorsi almeno tre anni da quel libro piuttosto interessante e ricco di spunti di Adornato (Oltre la sinistra, 1991 ) e verrebbe voglia di chiedere all'autore che cosa di quel testo è ancora accettabile e vivo. Adornato, ha sì delineato un quadro di riflessione critica di tutto rispetto e di tutta simpatia, ma nel rivolgersi agli intellettuali non ha potuto tener conto dei «nuovi difetti della sinistra» e che il «complesso della sconfitta» si sta trasformando sotto i nostri occhi in qualche cosa. L'alto e il basso del pensiero di Gramsci forse si sono realizzati, certamente tradendo l'impostazione originaria, ma le nuove sintesi - se vogliamo chiamarle così - attendono di essere nominate e compiute. L'eterogeneità degli accostamenti, di cui parla Vattimo, fanno addirittura pensare che l'impresa non sarà facile. E così il discorso di una critica sensata e ragionevole all'interno del «complesso della sinistra» almeno per questa tornata elettorale sembra che dovrà essere rimandato. Ma se a tutto questo aggiungiamo la lettera di risposta di Arbasino a Vattimo il quadro diventa meno accademico, anche perché Arbasino parla con le «avvertenze» di una politica già vissuta. E allora, poi, il vero motivo del silenzio e della pigrizia degli intellettuali vien fuori nelle sue linee più pratiche e nella traduzione di un vocabolario la cui lingua tende inesorabilmente al basso. L'impegno diventa disponibilità ad essere strumentalizzato, e di tutto il volume corporeo dell'intellettuale resta soltanto «il dito» che preme il pulsante delle votazioni. E in questa vischiosità capi e capetti si presentano la sera presso gli odiati salotti trasmessi dai canali della telecrazia. Saranno sicuramente una buona cosa gli auguri di buon lavoro serio e personale che Arbasino fa a Vattimo (e naturalmente ci si ,';socia) ma il vero augurio sarebbe che gli intellettuali smettessero di neutralizzarsi a vicenda e iniziassero una sorta di «Culturkriege», in termini razionali e civili, diretti verso i comuni e dannosi obiettivi della bétise trionfante. Elisabetta Rasy Francoise Dolto Il desiderio femminile Mondadori pp. 380, L. 30.000 te. In secondo luogo, i bambini, anche quelli piccolissimi, sono persone, con gusti e individualità che vanno rispettati, assecondati e certamente educati, ma non determinati a priori. Terzo, la famiglia non avrà più un capo, ma sarà organizzata come una squadra cui tutti daranno la propria adesione e il proprio apporto perché possa superare senza troppi danni tutti gli inevitabili scossoni. Da ultimo, tenendo conto del fatto che denaro e tempo sono elementi essenziali all'armonia familiare, non si dovrebbe (da qui in poi il condizionale è d'obbligo) mai rimproverare agli altri il cambiamento, così come non si dovrebbe dimenticare che la famiglia in sé non è tutto, e che «non ci si rifà una vita, la si continua». Difficile? Sembra però che ne valga la pena. Chiara Simonetti Gregorio Scalise Io insegno Makarenko Dopo avere appreso del «marciume», delle «baggianate» riconducibili ad Anton Semènovic Makarenko e alla sua esperienza di «esaltatore del collettivismo pedagogico sovietico» (su Tuttolibri del 12 febbraio), potrò di nuovo presentarmi dai miei studenti e proseguire imperterrito il mio corso monografico, per l'appunto su Makarenko1. Potremo, i miei studenti ed io, continuare ad apprezzare come prima, il Poema pedagogico di quel predicatore antiinvidualista, comunista, una volta saputo che questa sua opera è «orribile»? Che farne, del sessantennio di fortuna critica che Fausto Gianfranceschi da un lato, Gianni Vattimo da un altro lato hanno messo così seriamente in discussione, rispettivamente su L'Italia settimanale e su Tuttolibri? E delle nostre riflessioni sull'anticonformismo pedagogico di Maranenko, e sulla sua intelligenza, sull'umorismo, sulla libertà, sulla lungimiranza prospettica, sul controllato ottimismo, sull'umanità trasparente e ricca dello scrittore, come sbarazzarcene in fretta? Forse, però, non sarà male finire di leggere, prima, tutto il romanzo (almeno) nella più recente traduzione integrale in lingua italiana (Mosca, Raduga, 1985). Prima di parlare a vanvera, intendo. Dopo, chissà, finiremo con l'accettare anche noi, studenti e professore, la lezione deH'«attualità».

Luoghi citati: Italia, Mosca