GOFFREDO PARISE LE ULTIME SILLABE di Goffredo Parise

Amic Maestri Amic Maestri COME sto? Dovresti chiedermelo al mattino, verso le undici, quando mi tocca star sdraiato su un tettuccio dell'ospedale Fatebenefratelli, qui all'Isola Tiberina, a farmi depurare il sangue attraverso due cannule incistate nelle vene, con un lenzuolo tirato sulla faccia a proteggermi dall'orrore della malattia altrui... e a proteggere gli altri dall'orrore della mia...». Non era un grande inizio per l'intervista. Ma Goffredo Parise era perfettamente giustificato, la dialisi era un tormento per lui e gli aveva imposto più d'un cambiamento di vita. In quel marzo del 1982 abitava nello studio di Giosetta Fioroni sul Lungotevere perché così era più vicino al Fatebenefratelli. Un colloquio difficile, ma avevo una motivazione, il suo ultimo libro, pubblicatogli da Mondadori. Ne avevo letto le bozze, erano così piene di poesia, di tutto. «Il tuo libro più bello proprio perché così ricco di immagini. Il tuo libro più fedele al tuo primo libro così ricco di immagini. Il ragazzo morto e le comete, Neri Pozza Editore, Vicenza 1951. C'è un'immagine proprio all'inizio di quel libro di trent'anni fa. Quei ragazzi d'inverno. "Bisognerebbe potersi trovare in una sera di primavera quando il sole è ancora alto a quest'ora e i ragazzi gridano". Ecco, si tratta di visioni recuperate e rivissute. Nostalgia di una stagione...». «Ho sempre avuto nostalgia. Sempre...», disse Goffredo Parise, le labbra strette gli si aprirono in un brivido, un accenno di pianto. «Sempre, sempre, tutta la vita...». Le sue labbra fremevano, si arricciavano. Non sapevo cosa fare. Protesi una goffa mano. Gli strinsi pateticamente un braccio avrei voluto comunicargli un minino di vicinanza fisica di concreta solidarietà. «Già nostalgia nel primo libro?...», dissi, e lui ormai si era ricomposto, capivo che non era il caso di usare il punto interrogativo, ricominciai da capo, affermativamente. «Già nostalgia nel primo libro. Avevi ventidue anni...». «L'avevo cominciato a scrivere due anni prima», disse Goffredo Parise. «A vent'anni». «Sei nato nel 1929, vero?...», insistei, e scioccamente cedetti alla voglia di mostrarmi preparato. «L'anno del crollo della Borsa di New York, dei Patti Lateranensi, dell'esilio di Trotzkij, dell'ultimatum di Gandhi all'Inghilterra, del premio Nobel a Thomas Mann, dell'annuncio di Einstein della teoria unificata del campo elettronico, del primo quaderno dal carcere di Gramsci. L'anno della pubblicazione di Addio alle armi di Hemingway, de L'Urlo e II Furore di Faulkner, di Monsieur Teste di Valéry, di Berlin Alexanderplatz, de Gli Indifferenti di Moravia...». Se non altro la mia pedanteria era servita a rasserenarlo un poco. Quasi sorrideva. O almeno riuscivo a immaginare un sospetto ai sorriso sulla sua bocca un poco storta. «Ho avuto due rapporti fondamentali. Magistrali. Sì magistrali...», disse Goffredo Parise. «Quello con Alberto Moravia e quello con Giovanni Comisso. Comisso mi ha insegnato l'arte. Moravia la vita. In un diario di Comisso c'è una frase che suona presso a poco così: "Mi sono svegliato con il terrore di non essere ancora pazzo". O ancora o più, al momento non ricordo bene. Ma, insomma, in questa frase c'è tutto l'insegnamento di Comisso sull'arte. L'arte, non lo stile, c'è una profonda differenza. Moravia mi ha fornito l'esempio del comportamento pratico. La necessità dell'uso della ragione, il bisogno della razionalità. L'esatto contrario di Comisso. Io ho cercato anche con la ragione, la congiunzione tra la sensualità di Comisso e la mia...». Sulla superficie di vetro del basso tavolino davanti a noi era una copia di quelle che vengono dette staffetta di Sillabario n. 2 nella verde Medusa. La nuova serie della Medusa ripresentata dalla Mondadori. Tanto per fare qualcosa sollevai la copia staffetta, la sfogliai, tomai a esprimere la mia convinzione: «Bello, bellissimo...». «Ho chiesto a Leonardo Mondadori di apparire nella Medusa. Il primo degli italiani», mi spiegò Goffredo Parise. «Ho dei vecchi rapporti

Luoghi citati: Inghilterra, Mondadori, New York, Vicenza