JONA DA CANTACRONACHE AL GIOCO DELL'ARINGA di Bruno Quaranta

JONA: DA CANTACRONACHE AL GIOCO DELL'ARINGA JONA: DA CANTACRONACHE AL GIOCO DELL'ARINGA La via del rifugio di Emilio Jona è un profilo d'Ottocento, «vecchi palazzi neoclassici con le facciate rinnovate dai freschi colori smorzati, azzurrini, grigetti, pallidi rosa, con le lesene e i timpani di colori più forti, verdone, ruggine, grigio topo e i videocitofoni agli ingressi e i numeri in luogo del nome». «Le mie pagine sono una sequela di sogni, intesi come luoghi di intelligenza, cultura, ironia. Tante virate dalla realtà. Perché soggiacere a una visione unidimensionale, omologata, statica, del mondo, di qualsiasi mondo?». Per Italo Cremona, altro inquilino del Borgo Nuovo, le parole o sono armi improprie, fuori posto nel tempo e nello spazio, o non graffiano, non servono, sparano a salve. Emilio Jona stupisce con fervore, inonda di sberleffi la via maestra: c'è l'aeroplano «privo di ali, di apparecchiature di bordo, di carrello, eppure vola»; ci sono le «esche che non nascondono ami»; c'è d'aula del tribunale traversata da un binario di ferrovia»; c'è l'avvocato «condannato» a ignorare sia la moti¬ vazione sia il dispositivo della sentenza. Dallo spartito alla letteratura (((Ad ogni sillaba, ad ogni nota, si rischiava di toccare questo o quell'altro tabù nazionale», così ebbe modo di evocare l'età di «Cantacronache») Jona ha sempre seguito 0 sentiero sperimentale: «Ho esordito come traduttore di Rimbaud. Sottoposi la versione, libera, liberissima, a Natalia Ginzburg, che la inondò di segni rossi e blu. Una pedante maestrina. Non mancai di restituirle la bocciatura, memore di come aveva reso la Recherche: "Lei non capisce nulla"». Affonda anche nell'origine ebraica l'«eresia» di Emilio Jona (a proposito: svetta, tra le figure dell'Aringa, J., il presidente della Comunità isrealitica di Venezia che non tradì). Spiega: «Mi affascina un filone ermeneutico plurisecolare. Dal Duecento a Lévinas, dalla Bibbia come libera associazione mistica alla riflessione sugli spazi vuoti, gli iati, l'esilio dell'alfabeto nella Scrittura. Sono escursioni che hanno contribuito non poco a traghettarmi verso i giochi linguistici». L'Aringa è un'arringa essiccata, decapitata di una «erre»; il vocabolo emeth (verità) smarrisce l'aleph e diventa meth (morte); l'assonanza intreccia i destini dell'insania e del sonno. E' facile evocare il tragico adagio: «Il sonno della ragione genera mostri». E insieme è necessario, solo che ci si guardi attorno, che si ispezioni il villaggio planetario. L'ebreo laico Emilio Jona confida di tornare spesso a Se questo è un uomo e a I sommersi e i salvati. «Dell'amico Primo Levi amo pure La chiave a stella, la pausa alacremente serena che è fra tanto morire. Sa, ho scovato, non da oggi, un Faussone dall'impeccabile pedigree, impastato di una lingua stracolma di emozioni, carico di bizzarria. E' im vecchio operaio Lancia, collezionista di Lancia. Non sapendo più dove metterle le ha sotterrate, vicino alla casa di campagna. Certo, se mi riuscisse di afferrarlo con la penna...». Bruno Quaranta

Persone citate: Emilio Jona, Faussone, Italo Cremona, Natalia Ginzburg, Primo Levi, Rimbaud

Luoghi citati: Venezia