Il paese dei balocchi

M UNIONE INDUSTRIALE TORINO g Il paese dei balocchi E'negativo il parere del Ministero dell'Ambiente sulla realizzazione dell'elettrodotto in Val di Susa: sette anni per dire no Questa è una «lunga storia», che nasce nell'86, quando Enel ed Electricité de France stipulano un accordo per la realizzazione della linea di interconnessione ad alta tensione (380 kV) Grand'Ile-Moncenisio-Piossasco. L'accordo fa parte di trattati internazionali e di precise direttive europee, volte ad ampliare l'interconnessione elettrica fra Paesi europei. Il potenziamento del collegamento con la Francia avrebbe due conseguenze di carattere specifico e una di ordine generale. Quella di ordine generale riguarda il noto, e grave, deficit di energia elettrica del Piemonte. Nel 1992, l'energia elettrica richiesta per il consumo nella regione è stata pari a 21,8 miliardi di kWh. Tale fabbisogno è stato soddisfatto per il 41,6% da produzione interna e per il 59,4% con importazioni dall'estero e da altre regioni. La dipendenza dall'esterno del Piemonte per i fabbisogni di energia elettrica è tra le più elevate in Italia e nettamente superiore alla media nazionale (14,4% nel 1992); ed è, inoltre, aumentata nel tempo: dal 28,6% nel 1975, al 47,8% nel 1980, al 58,2% nel 1991. In Piemonte, gli usi industriali pesano sui consumi elettrici totali per una percentuale più rilevante che nel resto d'Italia: nel 1992, rappresentavano, infatti, circa il 62% dei consumi regionali complessivi, contro il 53% della media nazionale. Ciò è, ovviamente, dovuto alla spiccata vocazione industriale dell'area. Secondo le stime dell'Enel, nel 2000 il fabbisogno di energia elettrica del Piemonte sarà di circa 24-25 miliardi di kWh. Rispetto al 1992, il fabbisogno crescerà di 3-4 miliardi, il 60% dei quali sarà generato da maggiori consumi industriali. Questa situazione, unita alle difficoltà in fatto di costruzioni di nuove centrali, è causa di incertezza nella qualità del servizio elettrico con conseguenze particolarmente penalizzanti sulle attività produttive. E' evidente che si tratta di una questione cruciale per lo sviluppo del sistema produttivo piemontese: il potenziamento delle infrastrutture - di cui il trasporto di energia è un aspetto non secondario - è indispensabile per il rilancio industriale di una area riconosciuta «in crisi» dalla stessa Cee. Si tratta, inoltre, di iniziative che avrebbero un impatto immediato sull'occupazione. Veniamo ai risvolti specifici. Uno riguarda la nota vicenda delle Acciaierie Ferrerò, che si vedono costrette a non attivare a pieno regime, anche sotto l'aspetto occupazionale, il nuovo stabilimento di S. Didero, a causa dell'insufficienza energetica; il potenziamento della fornitura rimane essenziale per questa azienda, una delle poche imprese siderurgiche attive in Piemonte e, comunque, tra le più avanzate e competitive, nel proprio settore, in Europa. L'altro aspetto riguarda la realizzazione della centrale idroelettrica di Pont Ventoux, la cui costruzione, oltre ad implicare occupazione, significherebbe per il sistema regionale una maggior produzione da fonte rinnovabile di circa 200 milioni di kWh/anno. Questi, dunque, i dati che danno il quadro della rilevanza strategica dell'elettrodotto. Oggi, dopo ben 7 anni da quando (19/1/1987) l'Enel chiese il primo parere di massima per l'elettrodotto alla Regione Piemonte, il Ministero dell'Ambiente ha espresso parere negativo sulla compatibilità ambientale del progetto presenta¬ to dall'Enel, pur riconoscendo sia la necessità dell'opera sia la validità dell'attestamento dell'elettrodotto a Moncenisio e Piossasco. Le motivazioni stanno, da un lato, in un eccessivo impatto paesaggistico su alcune zone della Valle, dall'altro, nella presenza, in altre zone, di numerose strutture viarie e di servizio, nonché di un intenso sviluppo urbano. I suggerimenti avanzati dal Ministero per superare i problemi di impatto vanno dall'adozione di «sostegni a tripla terna», all'interramento della linea aerea, alla scelta di tracciati o corridoi sfruttati da linee elettriche già esistenti e/o all'affiancamento alle linee ferroviaria ed autostradale che attraversano la Val di Susa. Tali soluzioni sono state, in parte, già adottate dall'Enel; in parte, escluse (come l'interramento) per impossibilità tecnica. Il progetto che viene respinto è stato, infatti, già oggetto, nell'arco di questi anni, di modifiche di varianti da parte dell'Enel, per superare le obiezioni opposte dai Comuni interessati al tracciato: alcune seriamente argomentate, altre di vario genere e natura (terremoti, neoplasie, impotenza). Sull'intera vicenda - e sui suoi tempi - ha pesato anche il salomonico atteggiamento della Regione. Il governo regionale, pur condividendo l'indispensabilità dell'elettrodotto per l'economia piemontese e pur ribadendone la necessità in molte riunioni di lavoro, chiamato ad esprimere, con delibera, un proprio parere consultivo, ha sostanzialmente rimandato le valutazioni di merito al Ministero. Sette anni per non concludere nulla sembrano - obiettivamente - troppi, per affrontare un problema cruciale per lo sviluppo economico ed occupazionale di un'intera Regione, il cui peso è, a sua volta, determinante nel sistema produttivo del Paese. Sette anni sono troppi, anche per prendere in esame, comprendere e soddisfare, nel modo più attento e realisticamente possibile, le istanze ambientaliste, che non possono essere sottovalutate e tanto meno ignorate. Sette anni sono troppi, a meno di illudersi di vivere nel «Paese dei balocchi», dove è sempre festa e dove non esiste traccia di doveri e di responsabilità: salvo, poi, dolorosi risvegli.

Persone citate: Didero