Elvis Costello cuore e cervello L'allegria firmata Chico Buarque

r I DISCHI Elvis Costello: cuore e cervello L'allegria firmata Chico Buarque RIMAVERA vien cantando, Sanremo va in letargo e finalmente sbocciano i dischi ricchi di buona musica. Pagato il dazio di un festival ormai più inutile di quanto lo sia la Coppa Italia per il calcio o una raccomandazione di Martinazzoli, godiamoci i primi quattro assi calati dai discografici nel 1994. Con un look che lo fa sempre più assomigliare a Buddy Holly, ecco Elvis Costello e il suo «Brutal youth» (Warner Bros., 1 Cd). Per anni massimo teorico del kitsch in forma rock, questa volta Costello ha confezionato un disco più solido e omogeneo: non un geniale mosaico fatto di scorie di stili diversi, ma un catalogo delle proprie radici musicali e di ricordi. A provocare questo progetto sarà stata l'età o l'incontro con gli archi del classico Brodsky Quartet (che ha fornito l'affascinante disco «The Juliet Lettere»)? 11 risultato è un'opera sincera, non artefatta, dove il cuore è in sintonia con il cervello. Quindici canzoni in gran parte di buona composizione, eseguite con la personale voce nasale ma più ricca d'intensità ed espressività. Ma è il suono la novità: Costello ha ripreso la strada con i suoi famosi Attractions capitanati dall'asso Nick Lowe. Un suono ruvido, duro, secco, nervoso (è da tradurre così il termine brutale del titolo) per rivisitare con modernità e poco sentimentalismo il pop, il country, il beat, il rock primitivo, le ballate campagnole che hanno accompagnato le emozioni formative del giovane Declan McManus (vero nome di Costello). Un suono ottenuto con poche sedute di registrazione per un disco vivo e sempre «contro» nei temi. Ma non provocatorio come in passato. C'è addirittura il dolce finale da commedia musicale. Una stonatura, sa I rittu I dia i prdk di debolezza. E' presto per il sentimentalismo, signor Costello. Forse non è mai ora. La copertina con la foto segnaletica di quando era giovane e pericoloso sovversivo, fa pensare che anche Chico Buarque de Holanda abbia tracciato un altro autobiografico riassunto. Invece «Paratodos» (Rea, 1 Cd) è un'ennesima deliziosa raccolta di poesia brasiliana, nei testi come nelle musiche. Dodici brani in cui si ammira il Chico più ispirato, delicato. Un poeta-cronista della vita e della mentalità brasiliana, sempre più vicina al carattere dell'artista, venato di allegria un po' triste un po' disincantata. Canta il peso della vita e nel contempo ne fornisce dolci antidoti. Ricca, moderna, elegante la veste strumentale di composizioni affascinanti. Particolare quella con una blueseggiante chitarra elettrica di «Sobre todas as coisas». Se i cinesi dedicano ogni anno ad un animale, in Brasile lo fanno con i musicisti: il 1994 vive nel segno di Carmen Miranda, ma per questo disco lo meriterebbe Chico Buarque de Holanda. Cambiamo ritmi e stile, ma si resta su livelli di eccellenza. Andiamo incontro ad Aretha Franklin e al suo «Greatest hits. 1980-1994» (Arista, 1 Cd). La partenza è elettrizzante con «Freeway of love», poi potenza, grinta e allegria si confrontano con George Michael in «I knew you were waiting». Altri duetti di classe tra Aretha e Luther Vandross, Michael Me Donald. Con Bonnie Raitt e Gloria Estefan si cesella l'emozionate soul di «You make ine feel». Il finale è travolgente con la rollingstoniana «Jumpin' Jack Flash». Fin qui è tutto già ascoltato. «Honey» e «Willing to forgive» invece sono due inediti soul, cesellati dalla stupenda voce di Aretha. Sarà un'antologia ma il pregio della Franklin è che non te ne fa accorgere. La carica musicale ed emotiva delle sue interpretazioni non danno mai il senso del ripetitivo. Abbandoniamo l'autostrada della notorietà e imbocchiamo il sentiero della musica celtica. Ci offre l'occasione Loreena McKennitt con «The mask and mirror» (Quinlan Road, 1 Cd). Canadese, dell'Ontario, McKennitt sa fondere in una personalissima e ricca miscela l'antica musica celtica ed elementi contemporanei. La sua esile, ma energica voce sa modulare le nenie di origine nordeuropea ma anche tradurle al gusto moderno. McKennitt percorre contemporaneamente pure una strada teatrale, ricca di spunti culturali. Tra gli otto brani dell'album, due portano testi firmati da personaggi come San Giovanni della Croce e Shakespeare (da «La tempesta»). Gli arrangiamenti sono tessuti continuamente con stili lontani ma omogenei come quello islamico e giudaico. D'altronde i temi della religione e dell'amore si fondono in un idealismo e in un'armonia con un forte senso della pace. Non è una musica facile, ma ricca di fascino. Alessandro Rosa >sa^J

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