La rabbia di Muccioli è un processo politico

Duro attacco al magistrato che lo ha rinviato a giudizio per la morte di Roberto Maranzano Duro attacco al magistrato che lo ha rinviato a giudizio per la morte di Roberto Maranzano La rabbia di Muccioli: è un processo politico «Non lascerò mai San Patrignano» RIMINI DAL NOSTRO INVIATO Che domenica, Vincenzo. Tutti quei titoli. E tutti questi giornalisti, che vanno in giro per la città che non si ferma. L'ospedale nuovo da inaugurare e 56 ragazzi che sono appena entrati. E un processo alle porte. «Quello di ieri non è che un rinvio a giudizio politico. Bene, faremo un processo così, se è questo che vogliono». Una battaglia di idee, fra arringhe e cavilli. A dirla così, sembra tutto semplice. Omicidio, Vincenzo. Che c'entrano le idee con il dolore? «Il mio dolore me lo porterò dentro fin che campo ed è quello che provo per la morte di Maranzano e per quello che altri hanno sofferto. Ma questo dolore non può distruggere quello che abbiamo costruito qui. I giudici non mi fanno paura. E non li temo. Li rispetto, e loro dovranno rispettare me». E' domenica e Vincenzo Muccioli esce dalla casetta attorniato dai suoi ragazzi. Guardali lì, i giornalisti, davanti al palazzo di vetro. Venite venite, dice il ragazzotto in jeans mentre caracolla dietro Muccioli. «Facciamo in fretta per favore. Io ho da lavorare». Sale su per la stradina e il sole arriva in faccia, su questo spiazzo coperto di ghiaia che sta nel cuore della comunità, alle radici di questa città che adesso va su e giù per i balzi, da un dosso all'altro, come se continuasse oltre l'orizzonte. Tutto questo, dice e allarga le braccia, «tutto questo che vedi, io l'ho regalato ai miei ragazzi». I cattivi ragazzi di San Patrignano. «Dottore, si picchiavano come bambini», ha detto Alfio Russo ai giudici, «sembrava di essere all'asilo. Dovevo menare anch'io per farmi sentire». Adesso Muccioli si siede e stringe gli occhi davanti alle telecamere. Un fiume di parole: «Quello che è successo non mi meraviglia. Perché è la logica conseguenza di un teorema: quello di Andreucci. Tutto è stato fatto per sostenere questo teorema, dagli interrogatori, alle contestazioni, alle libere interpretazioni dei fatti. Ora, aspettiamo il processo, l'ambiente idoneo, senza tesi preconcette. Lì verrà applicata la legge. Per questo desidero questo processo, l'ho detto e lo ribadisco. La mia fiducia nella magistratura non è scalfita. Ma questo giudice è la terza volta che ci prova». Fuori, oltre la vetrata, sembra di trovarsi nella piazza di un paese qualsiasi, fra i bambini e le famiglie, mentre è l'ora della Messa nella casa del Signore. «Il trauma l'abbiamo passato un anno fa, quando in tanti trovarono un motivo per scappare», dice Alex. «Ma adesso ce lo aspettavamo anche noi. Lo sapevamo da un anno che ci sarebbe stato questo processo». Nella città dei cattivi ragazzi si sta seduti al sole sulle panche, guardando niente, gli altri che vanno a passeggio sui cortili di ghiaia, sui sentieri che tagliano i prati, fra le case pitturate di ocra. Non legge quasi nessuno, nella città dei cattivi ragazzi, in questa domenica particolare. Maurizio, uno spilungone con i capelli ricci, soffia appena: «Eh, è una vergogna quello che hanno fatto a Muccioli». Ma a che serve sentire i ragazzi, tuona Muccioli. Guardate questo mondo, invece. Quella palazzina è il vecchio ospedale, e di fronte alla mensa, lì, c'è il dormitorio. Sulla terrazza due chitarre bastano per cantare, «io vagabondo che son io, vagabondo che non sono altro». Un tempo era quasi tutta qui, San Patrignano, e per diventare quella che è diventata adesso, la città dei cattivi ragazzi ha dovuto crescere nelle storie di dolore, nei tradimenti e nei successi che qualche volta regala la vita. «Quindici anni fa, ai tempi del processo per le catene, eravamo poco più di 60 persone», ricorda Muccioli. «Nessuno doveva più venir su. Invece, siamo in 2600, l'assistenza è miglio¬ rata, questo piccolo patrimonio è cresciuto. Ma questi ragazzi non erano boy scout e non facevano i chierichetti. Questi ragazzi, io li ho presi sulla strada, sui marciapiedi, e nessuno li voleva e io ne ho fatto degli uomini». Ora, i giornalisti gli stanno in cerchio attorno. Muccioli, lei ha mai pensato in queste ultime ore di lasciare San Patrignano? «Mai. Neanche un attimo. Ho pensato molto prima di crearla. Mai pensato a lasciarla». Domanda: Ma con chi ce l'hanno i giudici? Con lei o con la comunità? Risposta: «Il rinvio a giudizio che hanno disposto è un atto politico. Da sempre una certa cultura ha contrastato realtà sociali che si svilup- pavano nel volontariato perché potevano dare fastidio ad altri interessi. E' uno schieramento di potere quello che si è creato». Sicuro, Muccioli? «Tutto quello che hanno detto esprime un particolare orientamento politico verso la comunità. E con loro si sono schierati alcuni giornali. Io ho visto questo. Non è forse vero che gli stessi giudizi e le stesse condanne letti ieri in aula erano già stati espressi un anno fa davanti alle telecamere e ai giornalisti? Chi me lo può negare? Il rinvio a giudizio l'avevano già fatto i giornali. Molti che giudicano, molti che scrivono, dovrebbero conoscere meglio questa realtà, non solo quello che si vede qui, ma an¬ che tutto quello che ci sta dietro, in termini di sconquassi, di sofferenze e di fatica. E allora scriverebbero altre cose». Giornalista: ma perché non avete ricusato Andreucci, allora? E lui: «Io non sono per ricusare nessuno. Ho altri impegni da assolvere. Io qui dentro devo educare dei ragazzi. Alla magistratura devo rispetto e considerazione. Non posso a priori ricusare Andreucci. Prima, vedo il suo comportamento. Dopo, quando vedo che cosa accade non ci vado più e aspetto il processo. E' quello che è successo, no? Bene. Quando ci sarà il processo potremo giudicare e dire». E della sentenza che ne pensa? Solo Russo condannato, per omicidio preterintenzionale: «Io non so chi sia il colpevole. Ma fare di Alfio il capro espiatorio mi sembra ingiusto. Anche se ribadisco che Russo non è mai stato autorizzato da nessuno a usare il metodo che usava». Ora, Muccioli si rilassa. Finito? Le televisioni, gli dice uno. Ci sono in fila Mixer e Italia 1, Minoli e Liguori. E' una domenica così, Vincenzo. Sole tiepido sulle colline. Guarda laggiù, alla porcilaia i ragazzi lavorano anche oggi. I cattivi ragazzi. E fuori dai cancelli, ci sono quelli che aspettano, come sempre, per giorni e notti lì fuori, prima di entrare. San Patrignano comincia da qui. Oltre il cancello numero uno. Pierangelo Sa pegno Un coro fra i ragazzi della comunità «Vincenzo è innocente ma dà fastidio» Vincenzo Muccioli, il giorno dopo il suo rinvio a giudizio, tra i ragazzi di San Patrignano

Luoghi citati: Italia, Rimini