Gore difende il Presidente ma ammette troppi errori di Franco Pantarelli

6. Il vice di Clinton cerca di frenare il caso Whitewater ma a Washington c'è aria di Watergate Gore difende il Presidente ma ammette: troppi errori NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Sì, qualche errore «può anche esserci stato» nella faccenda Whitewater. L'ammissione è stata di Albert Gore, il vice di Bill Clinton, durante «Meet the Press» una delle varie trasmissioni televisive che alla domenica mattina deliziano gli americani sugli avvenimenti politici della settimana. Immediatamente quelle parole hanno fatto il giro della Washington scatenata di questi giorni: Gore sta prendendo le distanze dal suo capo, arguiva qualcuno; sta preparando il suo ingresso alla Casa Bianca dopo l'ormai probabile «impeachment», sognava qualcun altro. Nell'atmosfera seguita al mandato di comparizione ricevuto da nove alti funzionari (sei della Casa Bianca e tre del dipartimento del Tesoro) tutto è consentito, ma almeno formalmente l'ammissione di Gore era decisamente diretta a negare che la Casa Bianca in questo momento stia vivendo «tempi pericolosi», secondo l'espressione di un anonimo uomo di Clinton che il Washington Post citava ieri mattina e con la quale molti avevano già avuto modo di trastullarsi. Non vedo «tempi pericolosi», ha detto Gore. In tutta questa storia vedo semmai «un'enorme quantità di partigianeria» da parte dei repubblicani e una certa leggerezza della stampa nel trarre affrettate conclusioni. «Vorrei ricordare che finora non c'è stata nessuna credibile accusa di qualsiasi infrazione da parte di nessuno: né del Presidente né della First Lady», e che «da parte della Casa Bianca è stata già espressa la piena disponibi¬ lità a collaborare con l'indagine in corso». E allora quali sono gli «errori» che secondo lui forse sono stati commessi? Quelli, ha detto candidamente Gore, che lo stesso Clinton ha già indicato, e cioè i tre «incontri» che il consigliere legale del Presidente, Bernard Nussbaum, ha avuto la settimana scorsa con altrettanti funzionari del dipartimento del Tesoro per essere «informato» sull'andamento delle indagini. Per quell'iniziativa Nussbaum, un avvocato newyorke- se di grande nome e un vecchio amico di Clinton, ha già pagato con le dimissione presentate sabato, che il Presidente ha accolto con il «rammarico» che in questi casi non manca mai; ma per il resto secondo Gore la Casa Bianca sta osservando «il più alto standard etico». Una difesa a oltranza di Clinton, insomma, quella fornita dal suo vice, che però a causa di quella parolina, «errori», ha finito per assumere il significato opposto. E questa è un'indicazione abbastanza chiara del grado di «respirabi¬ lità» della Washington di questi giorni. Phil Gramm, uno che da mesi studia da prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca, intervenuto in un'altra trasmissione tv, ha parlato come se si sentisse già in pieno Watergate: «Non mi aspetto certo che lui segua il mio consiglio, ma io credo che se il Presidente vuole arrivare alla fine del suo mandato deve cominciare ad essere sincero con il popolo americano». Franco Pantarelli Clinton con il suo vice Gore Sotto: Hillary è sotto accusa

Luoghi citati: New York, Washington