Bartolo il dc doc folgorato dai progressisti

I candidati alle prese con le restrizioni della legge. Si punta al «porta a porta» IL PALAZZO Bartolo, il de doc folgorato dai progressisti ^OL CHERZETTI di fine regime: Bartolo Ciccardini, il progressista. E sì, il mondo è cambiato, è finita Yalta, sono crollati i muri, morte le ideologie, saltati gli schemi, nulla è più come prima e nel caos si salva chi può, grazie anche al nuovo sistema elettorale che favorisce i più vertiginosi camuffamenti. Però a tutto c'è un limite. Nel caso di Ciccardini, ecco, vecchio di de, fresco di Patto Segni, e adesso novissimo candidato della sinistra nel primo collegio senatoriale di Roma, il sospetto è che questo limite sia stato decisamente varcato. Con tutto il rispetto per il personaggio, che resta degno e persino gioviale nella sua inestinguibile, archeologica democristianità, la parola «progressista» sfuma tuttavia verso una risonanza così lontana, labile e fugace da risultare truffaldina. Credi di votare a sinistra, appunto, e rispedisci in Parlamento Ciccardini, che da responsabile Spes, nel 1963, propugnò lo slogan «la de ha vent'anni» («è tempo di fotterla» scrivevano, incauti e volgari, i comunisti) e nel 1975 provvide al restyling dello scudo crociato oltre che all'inno La certezza affidato a «I Nuovi Angeli». Compri Paese Sera e leggi un preventivo «Pro memoria per chi mi attacca» in cui Ciccardini rivendica assoluta coerenza stille riforme elettorali. Ma quella davvero nessuno gliela mette in dubbio. Mirabile nella sua esemplarità, piuttosto, è stata la silente naturalezza con cui Bartolo ha pilotato l'auto-metamorfosi, e addirittura elegante la maestria con cui ha lavorato sul registro istituzionale, senza scivolare nel patetico o nel grottesco, per dare nobiltà al proprio salto della quaglia. Eppure, in fondo, è ancora più straordinaria la pensata di chi l'ha messo lì a rappresentare la sinistra. E magari, adesso, crede pure che in nome del progresso si possa dare il voto a quello stesso Ciccardini che nel 1990, mica vent'anni 1 fa, s'era inventato il «ver1 mout d'onore» per i vetera¬ ni del 18 aprile e, sempre nel quadro di una cerimonia da lui battezzata «Festa della Riconoscenza», raccomandava la raccolta di vetuste bandiere de «da restaurare e mettere in un dignitoso contenitore. Bacheca con vetro - consigliava - 0 cofanetto». Troppo per chi fino a ieri era così personalmente, istintivamente, umanamente ed entusiasticamente democristiano che fa un effetto del tutto straniante anche solo immaginarlo candidato della sinistra. Democristianissinio perfino nell'estetica delle presidenze onorarie: l'Associazione Nazionale Autoservizi in concessione, il Sodalitium Picenum, il club Ciao Italia per la ristorazione italiana nel mondo. E si prova lo stesso stupore che a veder Tomba, per dire, impegnato sui duecento mètri stile libero. Oppure ci s'involtola, con qualche ragionevole dubbio, in una logica allegramente dietrologica: se fosse tutto un machiavello da illusionisti politici, un gioco di prestigio elettorale, una quinta colonna bianca pronta ad agire? E se appena si chiudono gli occhi, si rivede Bartolo, il suo ciuffone e la sua parlantina, all'hotel Eden, mentre loda le virtù umane e politiche del figliolo di Forlani («la forza giovane della solidarietà»). Oppure ritornano in mente 1 suoi jingles promozionali 1990 - «Democrazia/ cristiana (zùm)/ è dalla parte/ giustafzùm zùm) - lo spot con Miss Italia, la balena bianca in argento che questo irresistibile Panseca proto-dc s'appuntava al bavero della giacca. E nessuno poteva pensare che sul serio, in politica, «mai dire mai». Filippo Ceccarelli Bili |

Persone citate: Bartolo Ciccardini, Ciccardini, Filippo Ceccarelli Bili, Forlani, Panseca, Tomba

Luoghi citati: Italia, Roma, Yalta