A pezzi l'Italia delle tribù di Pierluigi Battista

ih A pezzi l'Italia delle tribù Dal pri ai cattolici si spezzano le famiglie COME I CLAN SI SGRETOLANO F ROMA UORI i coltelli, ora che la tribù s'è sfasciata. Nel pianeta degli ex amici volano gli insulti, fischiano le contumelie, esplodono i risentimenti. I clan si sfarinano, le conventicole si sgretolano, le cordate si disarticolano. E' arrivato il terremoto, nell'Italia di fine regime. E cosa volete che valgano amicizie consolidate, o sodalizi che sembravano infrangibili, quando la valanga distrugge in un battibaleno appartenenze, affinità, lobbies e persino grandi amori? L'ultimo a sfiorire è proprio l'amore tra Bossi e Berlusconi (che aveva fatto nascere la grande tribù della destra), con il leader leghista che accusa il Cavaliere di muoversi come una volpe infida pronta a far razzia nel suo pollaio. Ma basta guardarsi attorno per vedere l'odio, le vendette o almeno le piccole malignità tipiche di ogni tribù che si separa. Si frantumano i repubblicani, per esempio. E subito sono lacrime, come quelle del fido Oscar Giannino che si allontana dall'ingrato La Malfa. Oppure bordate di dubbio gusto, come quelle che il segretario pri spara contro Libero Gualtieri, accusato di andar coi progressisti per racimolare una poltroncina all'«Arci-gay». E arriva perfino il deferimento ai probiviri in un (quasi ex) partito in cui i due mostri sacri, Spadolini e Visentini, riuscivano a camuffare l'ostilità nelle forme compresse àeìYunderstatement. Liti roventi pure tra gli ex dell'ex psi craxiano, con Margherita Boniver che evoca le immagini corrusche del «tradimento», Ferrara che dà dello «sguattero» a Minoli, Intuii costretto a uscire tra gli insulti da una riunione di socialisti delturchiani, accuse reciproche di «camaleontismo», ex come Ripa di Meana che al tavolo dei progressisti pone il veto all'ex Del Turco. Coltellate sanguinose della tribù più terremotata della Prima Repubblica: amori che si trasformano in odio, abbracci che si mutano in calci agli stinchi. E certo non è irrilevante che proprio Claudio Martelli, quando annunciò il suo divorzio da Craxi, ebbe a sfoderare la metafora della «coniugalità» spezzata: marito e moglie che quando si separano se le danno di santa ragione. Boba da far impallidire La guerra dei Roses. E che ne è della tribù degli ex de? Uno di qua, uno dalla parte opposta. Martinazzoli accusa i transfughi del ecd di essersi venduti l'anima. I secessionisti rispondono che Martinazzoli s'è venduto (sottobanco) ai progressi- sti. De Mita dà del «cretino» a Mario Segni e della «nullità politica» al segretario dell'ex de. Deve stare attento, però, perché in quel di Nusco la tribù demitiana rischia di liquefarsi dopo che il nipote Giuseppe, già ex ribelle costretto a prosternarsi pentito di fronte al potente zio, si è di nuovo messo a far la guerra in famiglia. Il suo fido Mastella se ne era già andato. Grande amarezza. Imparagonabile a quella sofferta da Giulio Andreotti, ex capotribù della più potente ex tribù, «tradito» nei momenti peggiori da Franco Evangelisti, che poco prima di morire ha inferto al suo capo un colpo micidiale, e da Vittorio Sbardella. Una spinta alla disarticolazione, un vento di secessione che non risparma nemmeno le tribù di più recente formazione. Rocco Buttigliene, il filosofo amico del Papa che è diventato sommo consigliere di Mino Martinazzoli? Anche lui colpito alle spalle dagli ex amici della tribù di Comunione e Liberazione, che sulle colonne del mensile Tracce feriscono al cuore il loro (ex) pupillo mettendolo nel mucchio degli «intellettuali cattolici» inconcludenti. Senza parlare della traballante neo-tribù di Mario Segni, letteralmente dissanguata dall'esodo degli (ex) amici, approdati in gran parte a sinistra (Scoppola e Corrieri, Ciccardini e San Mauro), oppure a destra (Adriano Teso). Tribù che si sfasciano, gruppi blasonati che si decompongono. Come quello che faceva capo al grande capo Indro Montanelli. I fedelissimi come Federico Orlando lo hanno seguito con entusiasmo e devozione nella nuova avventura della Voce. Altri, pur «montanelliani» della primissima ora, restano al Giornale. Diretto da Vittorio Feltri, però. Non condividono la rivolta antiberiusconiaha dell'(ex) grande capo Biazzi Vergani, Granzotto e Caputo e nemmeno collaboratori «eccellenti» come Antonio Martino o Nicola Matteucci hanno risposto al richiamo di una tribù orgogliosa di sé, profondamente devota al leader, innamorata di ogni gesto, di ogni parola, di ogni battuta pronunciata dal capo indiscusso e carismatico. Data per travolta dalle macerie del muro di Berlino, mostra invece un singolare vigore e una invidiabile coesione la tribù dell'ex pei. Col cambio di nome sembrava che un terremoto stesse scuotendo dalle fondamenta il fortificatissimo accampamento ex comunista: lacrime, separazioni drammatiche, esplosione di rancori, accuse reciproche di «tradimento» (parola chiave nella disarticolazione delle tribù). E invece i due tronconi dell'ex pei oggi convivono nella stessa coalizione elettorale. Matrimonio coatto, forse. Ma molto lontano dal dramma che si consuma nelle dimore altrui. Sgretolata, semmai, appare la tribù del Tg3 detto TeleKabul. In esilio il grande capo nelle terre di Telemontecarlo, comincia l'esodo dei curziani doc che soffrono la mancanza del direttore d'orchestra d'una volta e si spingono ver¬ so altri lidi, come Mariolina Sattanino e Bianca Berlinguer. Segnali di tempesta in una rete-tribù che sembrava fortissima, ma che pure ha conosciuto la separazione di Corrado Augias, in disaccordo con la volontà del grande capo Guglielmi. Ma la sindrome da terremoto non sembra risparmiare nessuno. La micro-tribù di Sgarbi subisce l'onta di un portavoce che se ne va sbattendo la porta. Qualcuno nella Lega si ribella ai decreti di Bossi: come l'ex deputata Cristina Rossi, che accusa i vertici della Lega di volerla mettere da parte soltanto perché sta per diventare madre. Nel clan missino Giulio Caradonna si ribella a Fini e lo vuole portare in tribunale. E fuori della politica? Nessuno sente più parlare del «clan Arbore» e anzi Mario Marenco, il più bizzarro della tribù, confessa le sue crisi d'abbandono. Nella tribù dei massoni si litiga a sangue. In campo editoriale mi sodalizio che sembrava indistruttibile, quello che legava Leonardo Mondadori e Giordano Bruno Guerri, finisce in una solenne diatriba. Finisce anche la leggendaria «lobby di Lotta Contmua» con Soffi e Liguori che battibeccano pubblicamente. Va a pezzi l'Italia delle vecchie tribù. Quelle nuove stanno ancora mettendo a punto i loro riti di iniziazione. Pierluigi Battista Mario Segni, leader dei Popolari per la riforma Solo l'arcipelago ex comunista sceglie di convivere Persino i ciellini bocciano l'ex idolo Rocco Buttiglione «Intellettuale inconcludente» Giulio Andreotti (foto sopra) Qui accanto il segretario repubblicano Giorgio La Malfa

Luoghi citati: Berlino, Ferrara, Fini, Italia, Nusco, Roma, San Mauro