Polìtica in Tv quasi indigestione

Polìtica in Tv, quasi indigestione Il rapporto dell'Osservatorio perugino: il Biscione s'è mosso per primo Polìtica in Tv, quasi indigestione La Fininvest in testa, ma è soltanto l'antipasto MA BORGIA» FA AUDIENCE aROMA UATTORDICI mila e cinquantadue minuti di D'Alema contro Bossi, Fini contro Orlando, Antonio Martino contro Vincenzo Visco, Occhietto dappertutto. Più di 254 ore di Berlusconi da Funari, Rosy Bindi da Lilli Gruber, Segni da Santoro, Maroni da Deaglio, Martinazzoli ancora da Funari ma anche da Pialuisa Bianco. Un'orgia di politica da far girar la testa, che pure ha fatto sempre guadagnare ascolto. Una scorpacciata mai vista, prima che cominciasse la campagna elettorale. Un record che straccia i 7066 minuti (pari a 117 ore) dell'ultima campagna televisiva, che pure aveva già stabilito un primato rispetto alle precedenti. E a farla da padrone, stranamente, non è stata la Rai, sempre nell'occhio del ciclone, ma le reti Fininvest, che si sono aggiudicate il 74,9% del tempo te- levisivo elettorale. Spot esclusi, ma comprese le repliche di Funari News, la trasmissione fiume che fa balzare Rete 4 al primo posto nell'impegno elettorale, seguita da Rai3. E' il primo risultato di una ricerca condotta dall'Osservatorio Archivio sulla comunicazione politica dell'Università di Perugia, per la Verifica Qualitativa Programmi trasmessi dalla Rai, anticipato in questi giorni. Un'indagine che ha preso in esame tutte le dieci trasmissioni «informative» in onda sulle sette reti nazionali. In tutto tre programmi Fininvest e sei Rai, compresi Speciale Tgl e La zattera su Rai3 quando si sono occupati di elezioni mettendo in campo forze politiche e candidati, più Domino speciale elezioni su Telemontecarlo. E i partiti? La palma delle presenze è andata al pds (22), seguito a ruota dalla Lega (20), da Forza Italia (18) e, a distanza, dal partito popolare, che ha avuto in video soltanto 12 candidati, quanti ne ha ottenuti Alleanza nazionale. Sempre senza conteggiare il pubblico in sala. Alla fine a tirare le fila è Paolo Mancini, sociologo a Perugia. «La pre-campagna televisiva si è imposta, pur in assenza di regole, perché era necessaria. Fatta tabula rasa dei vecchi partiti, c'era bisogno di imporre gli schieramenti in campo, costituendo le nuove identità ideologiche e simboliche. Ed è quel che è accaduto, e che Berlusconi ha forse capito prima e meglio degli altri, buttando in campo subito tutta la sua forza. Cominciata la campagna, grandi dibattiti ce ne saranno ancora, ma il peso della tv nazionale tende a diminuire a favore delle emittenti locali e delle campagne porta a porta. Perché è venuta l'ora dei candidati da votare», [m. g. b.]

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