Al tavolo della scuola senza carte truccate di Lorenzo Mondo

r PANEAL PANE Al tavolo della scuola senza carte truccate ON poche eccezioni, il dibattito su scuola pubblica e scuola privata innescato dal presidente Scalfaro non ha preso toni veementi e astiosi. Ha prevalso la pacatezza e non di rado gli uni - sui giornali e alla tv - si sono sforzati di capire le ragioni degli altri. Peccato che si sia svolto in piena campagna elettorale, alimentando vecchi sospetti e frettolose appropriazioni. Ma per il resto, vivaddio, niente farmacisti flaubertiani contro curati balzacchiani. Solo il momento era inopportuno, anche perché ci troviamo con una finanza pubblica stremata, che non ha davvero bisogno di nuovi salassi. Credo che sarebbe utile tuttavia sgomberare il campo dagli equivoci, in attesa di tempi più propizi per un riesame globale del tema scolastico. E pazienza se, sforzandomi di ragionare, rischio di incappare in qualche malumore, di risultare «spiacente a Dio ed a' nimici sui». Il punto di partenza resta il dettato costituzionale, l'articolo 33 secondo cui la libertà d'insegnamento alternativo deve essere «senza oneri per lo Stato». Mi pare che il suo significato sia univoco. Non mancano argomenti per denunciare la definizione come tranciarne e semplificatoria: quello di maggior peso batte sui vantaggi economici conseguiti dallo Stato grazie alla supplenza delle scuole private e al doppio onere cui sono sottoposti invece i cittadini che intendono avvalersene. Ma tant'è, quell'ostacolo esiste e semmai, anziché aggirato, andrebbe rimosso. Certo risulta singolare che delle scuole parificate in tutto a quelle statali - per coerenza di programmi, idoneità di insegnanti, legittimità del titolo - debbano essere necessariamente più costose. Sento che mi si dice: peggio per chi vuole concedersi quel lusso. Ma l'insofferenza non tiene conto del diritto di ciascuno a scegliere, anche dal punto di vista educativo, quello che ritiene il meglio per sé e per i propri figli in età minore. Nasce prigioniera di una concezione dello Stato come sola, libera arena capace di moderare le spinte antiunitarie e corporative. Con tanta acqua che è passata sotto i ponti, rischia di apparire ancora una concezione post-risorgimentale e deamicisiana, che elegge la scuola come luogo, più che del confronto pluralistico, del di un agnosticismo tenuto insieme dal collante esclusivo dell'unità nazionale. Dimenticando il valore della famiglia e dei corpi intermedi, delle molteplici spinte dal basso che danno senso e sostanza alla dinamica della democrazia. Si oppongono nei confronti della scuola confessionale - che di questa specialmente si tratta - i pericoli della ghettizzazione, di una monocultura che soffoca il libero concerto delle idee. E' una obiezione da quattro soldi. La complessità e la pervasivita del mondo in cui viviamo non risparmia - attraverso la stampa, la televisione, le varie forme di intrattenimento - le cittadelle più munite, figuriamoci le scuole dei Barnabiti o delle Orsoline. E non bisogna dimenticare che gli istituti religiosi vengono scelti spesso -■ più che per un incerto indirizzo formativo per comodità logistica, per una maggiore efficienza, per un miglior profitto garantito agli studenti. A scapitarci, semmai, potrebbero essere non i valori dello Stato, ma quelli di ispirazione religiosa, sia attraverso una troppo disinvolta omologazione, sia attraverso la rinuncia a un ruolo competitivo nella scuola pubblica. E' un luogo comune del resto che siano proprio i preti a educare gli spiriti più volterriani; così come sono numerosi gli agnostici e i laici che mandano i figli alle scuole religiose: sbarrate magari ai cattolici convinti ma non abbienti. Anche a questo proposito si pone il problema della parità, che va coniugato con quello della libertà e della capacità. La posta è così complessa che rende dubbie e insidiose perfino le provvisorie vittorie dell'uno o dell'altro campo. E' ragionevole muoversi allora sul problema scuola senza sterili e antiquati arroccamenti, promuovendo una mobilitazione delle migliori intelligenze e coscienze, sull'esempio delle nazioni che ci sono più vicine. Nell'attesa, cominciamo a ragionarci su, rinunciando almeno all'uso delle carte truccate. Lorenzo Mondo 1

Persone citate: Scalfaro