Nel nome dei Padri puritani di Vittorio Zucconi

Nel nome dei Padri puritani Nel nome dei Padri puritani La giustizia Usa, ghigliottina dei Presidenti Bili mmìm ■ ; m : m Siili ■ ■ ■ IÈ LEGGE E POTERE Cm WASHINGTON ™ E' sempre di mezzo l'acqua, curiosa persecuzione di una parola che inguaia i Presidenti americani, vent'anni or sono il Watergate, il cancello sull'acqua che imprigionò Nixon, oggi il Whitewater, il fiume dell'acqua bianca nel quale Clinton sta annaspando. Proprio mentre la ripresa economica sembrerebbe garantire il successo e la popolarità del Presidente, l'acqua di un nuovo scandalo comincia a lambire la sua sedia, ad allagare le cantine della Casa Bianca, a insidiare, se non la reputazione, certamente l'immagine sua e della First Lady Hillary. Non siamo ancora a un Mani Pulite made in Usa, ma le acque nelle quali Bill e Hillary si dibattono sono ogni giorno di più Acque Torbide. E' sempre molto difficile capire come una nazione di questa forza possa periodicamente incanaglirsi in vicissitudini legali che sembrano veniali alla sensibilità europea. Nixon fu costretto a dimettersi per avere cercato di nascondere il suo ruolo nello spionaggio elettorale ai danni del partito democratico ospitato nel palazzo Watergate, a Washington. Oggi, Bill Clinton e la moglie Hillary sono sotto lo stesso microscopio, gli stessi attacchi, le stesse insinuazioni che noi testimoni oculari del Watergate ricordiamo con un brivido di deja vù, per una storia di pochi milioni di lire da loro investiti 10 anni or sono in una modesta speculazione immobiliare nell'Arkansas, sulle rive del fiume Whitewater. A noi italiani dei Poggiolini e dei Sama, dei conti Gabbietta e della danza delle mazzette, questi sembrano «peccadillos» di provincia. Ma quello che sfugge alla nostra sensibilità cattolica, storicizzante e quindi un po' scettica è il fatto che proprio l'esasperato formalismo, il puritanesimo da caccia alle streghe di queste persecuzioni, è precisamente la ragione per la quale negli Stati Uniti non si arriva ai Poggiolini e ai Sama. Questi linciaggi giudiziario-giornalistici da villaggi di frontiera sono la garanzia che la corruzione politica - inevitabile ovunque - resti fatto occasionale e non diventi sistemica come nell'Italia del Caf, o nella Russia di Breznev. Neppure gli americani, sia chiaro, sono angeli. Nel torbido dei grande «affaires» nuotano molti squali. Vent'anni or sono, l'assedio contro Nixon trovò nell'opposizione democratica le gole profonde e i sostegni politici necessari a mantenere la Casa Bianca nella morsa. Oggi, il partito di opposizione a Clinton, il repubblicano, gioca la stessa partita a tavolo rovesciato, per consumare se possibile - una dolce vendetta elettorale a freddo. Spesso gli scoop dei giornali partono dagli uffici dell'opposizione e ci sono formidabili interessi economici minacciati dai progetti di riforma della presidenza Clinton, dalle compagnie di assicurazione medica ai fabbricanti di armi che vogliono neutralizzare la Casa Bianca. Ma se le tesi del complotto di destra rispondono al nostro bisogno cronico di dietrologia, non spiegano come mai, 20 or sono, un presidente di destra come Nixon cadde vittima dello stesso complotto, ma di segno opposto. Il punto chiave non è l'origine degli scandali americani, sono il loro svolgimento e l'effetto finale. Anche se le intenzioni di partenza sono sovente poco nobili, il risultato pratico storicamente lo è stato. Quel che viene gelosamente preservato da questi periodici drammi è il principio di responsabilità di chi è al potere, insieme con il suo corollario indispensabile: il rispetto delle regole e della forma. Non è infatti quasi mai il crimine imputato ai politici, ma il modo con il quale essi reagiscono, che costruisce la ghigliottina sotto la quale cadranno. I cospiratori, i giudici, i giornali si limitano a disporre i pezzi. La vittima si costruisce da sola il patibolo. La ruspante speculazione immobiliare di Bill e della signora Hillary è roba da strapaese. E' storia vecchia, visitata e rivisitata durante la campagna elettorale del 1992. La novità che ha portato ai nove mandati di comparizione contro alti funzionari della Casa Bianca e del ministero del Tesoro emessi ieri l'altro è il comportamento dei Clinton dopo la riesumazione deH'«affaire». La loro iniziale arroganza nixoniana, sorprendente per questi figli del '68 e dei fiori, nell'avere sbattuto la porta in faccia agli investigatori. Lo sforzo di soffocare il sucidio dell'avvocato Forster, legale della Casa Bianca e amico assai intimo di Hillary. La certezza di potere insabbiare tutto adoperando il potere di intimidazione dell'esecutivo sui ministeri e giudici. L'unica novità, segno dei tempi, è il ruolo centrale, da protagonista, della moglie, Hillary. Se ci sarà una decapitazione politica, questa volta la ghigliottina cadrà tanto sul Re Bill, come sulla sua Maria Antonietta. Questo, della tentazione monarchica esposta, non creata, nei leaders dalla macchina degli scandali, è il peccato che alla fine l'America non può perdonare alla sinistra clintoniana oggi, se lo commetterà, come non la perdonò alla destra nixoniana ieri, quando lo commise. A nessun Presidente può essere consentito di pronunciarsi più forte della legge. Perché per questo, e non per la Statua della Libertà, le corazzate o la Coca Cola, l'America è l'America. E gli altri sono gli altri. Vittorio Zucconi Per una storia da strapaese la first lady rischia di finire come Maria Antonietta Il presidente Bill Clinton con la moglie Hillary

Luoghi citati: America, Arkansas, Italia, Russia, Stati Uniti, Usa, Washington