Sotto torchio i fedelissimi di Clinton di Franco Pantarelli
Il giudice dello scandalo Whitewater convoca 9 dirigenti, tra cui 2 collaboratrici di Hillary Il giudice dello scandalo Whitewater convoca 9 dirigenti, tra cui 2 collaboratrici di Hillary Sotto torchio i fedelissimi di Clinton Sospettati di aver tentato di insabbiare le indagini NEW YORK NOSTRO SERVIZIO E' stata la giornata più drammatica per Bill Clinton da quando la vicenda Whitewater ha preso a perseguitarlo. Sui suoi uomini si è abbattuta una valanga di mandati di comparizione, di uno di loro ieri erano date per imminenti le dimissioni e insomma questa storia ha cominciato a vivere di luce propria e non più - come finora molti si erano ostinati a pensare - come riflesso di un disperato tentativo repubblicano di tenerla in piedi. Complessivamente i «citati» dall'investigatore speciale Robert Fiske sono nove, tre funzionari del dipartimento del Tesoro e sei che sono un po' il fior fiore della Casa Bianca: il consigliere di Clinton (e suo vecchio amico) Bernard Nussbaum, che ha già dato le dimissioni, il vice capo dello staff Harold Ickes, il responsabile delle comunicazioni Mark Gearan, l'altro consigliere presidenziale Bruce Lidsay, la portavoce di Hillary, Lisa Caputo e la responsabile dello staff della First Lady, Margaret Williams. In teoria si tratta di una conseguenza logica dell'indagine in corso: l'investigatore speciale ha bisogno di raccogliere tutte le informazioni possibili e deve chiederle a chi le possiede, e infatti ieri Clinton ha voluto ostentare sicurezza andandosene a giocare a golf e poi trasferendosi per il week end nella tenuta di Camp David, da lui solitamente trascurata. Ma sta di fatto che il 10 marzo, quando davanti a Mister Fiske ci sarà questa sfilata di testimoni eccellenti, sarà difficile non riandare con la mente ai giorni neri del Watergate. Ciò che l'investigatore speciale vuole appurare, interrogando quelle persone, non riguarda tanto la vicenda finanziaria in sé, vale a dire la possibilità che almeno una parte dei 60 milioni di dollari spesi per il fallimento della Madison Guaranty, una cassa di risparmio dell'Arkansas, siano andati impropriamente all'impresa immobiliare Whitewater, posseduta dai Clinton e dai loro amici James e Susan McDougal, bensì se e in che misura la Casa Bianca abbia cercato di intralciare le indagini. L'interrogativo, insomma, è quello reso celebre dal caso Watergate: «Cosa sapeva il presidente e quando lo ha saputo». Nei giorni scorsi vari giornali avevano riportato notizie frammentarie sui «contatti» che Nussbaum e gli altri avevano avuto con i funzionari del dipartimento del Tesoro incaricati dell'indagine amministrativa. C'era stato anche il riconoscimento ufficiale che quei contatti erano avvenuti, che erano stati «impropri». Ma il problema è vedere se attraverso essi sia stata violata la legge. E questo sarà possibile solo attraverso la deposizione sotto giuramento delle persone indicate e attraverso la consultazione di tutti i documenti relativi. Oltre ai mandati di comparizione, infatti, l'investigatore Fiske ha disposto anche di vedere ciò che resta di tutte le comunicazioni avvenute fra Casa Bianca e dipartimento del Tesoro. La risposta è stata di «pronta collaborazione». Il vice di Nussbaum, Joel Klein (a questo punto le cose le ha prese in mano lui, visto che il suo capo si è dimesso), ha già fatto sapere di avere ordinato «la preservazione di tutto»: i computer della Casa Bianca non dovranno essere «ripuliti», gli archivi non dovranno èssere toccati e perfino i cesti dei rifiuti non dovranno essere svuotati per tutto il weekend, in modo che gli uomini di Fiske, lunedì, possano frugarvi. Il problema, insomma, ormai non è più solo quello di capire che cosa sia accaduto dieci fa in Arkansas, ma se e fino a che punto sia stata messa in opera la «copertura» a Washington. Franco Pantarelli
Luoghi citati: Arkansas, New York, Washington
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