Banca Commerciale la partita si gioca a giugno

Intanto le Generali confermano di puntare al 3 per cento delle azioni dell'istituto di credito milanese Intanto le Generali confermano di puntare al 3 per cento delle azioni dell'istituto di credito milanese Banca Commerciale/ la partita si gioca a giugno In programma un'assemblea per rinnovaregli amministratori Intanto il 10% circa del capitale Comit è già andato ai grandi investitori istituzionali esteri Telefonini, gaffe della fiom Nefri (Unitel): la gara sia trasparente MILANO. Passano i giorni, ma la febbre da Comit non viene meno. Ieri, il presidente delle Assicurazioni Generali, Eugenio Coppola di Canzano, ha spiegato che «la compagnia intende approfittare dell'occasione offerta dalla privatizzazione della Comit», aggiungendo: «Aumenteremo la nostra quota con grande piacere. Del resto i rapporti tra Generali e Comit sono sempre stati ottimi, e risalgono a moltissimi anni fa». Coppola ha poi chiarito che la partecipazione del 2,6% è stata acquistata dalle Generali, precisando che non gli risulta che possano convergere su questa quota gli interessi di altri investitori istituzionali. Precisazione dovuta, onde evitare che si possano immaginare cordate che costringerebbero i partecipanti all'Opa. Dopo Coppola, anche Antoine Bernheim, vicepresidente di Lazard Frères e di Generali, ha aggiunto che «né Lazard né lui personalmente hanno acquistato le azioni Comit offerte dall'Iri». Un'implicita smentita alla partecipazione di Lazard nell'ipotetico nocciolo che ruoterebbe intorno a via Filodrammatici. A Roma, intanto, all'Iri, si occupano di «servire» le richieste degli investitori esteri, che hanno superato di dieci volte, qualcuno dice addirittura di 13 volte, le disponibilità. E poiché anche gli investitori istituzionali italiani viaggiano su queste proporzioni, forte è la pressione perché si guardi a questi secondi con un occhio di favore. Ma poiché già oggi oltre il 10% del capitale Comit è in portafogli stranieri, alla fine dell'operazione è possibile che l'estero rappresenti una fetta del capitale vicina al 20%. Concentrata in grandi fondi. A differenza del capitale Italia, frazionato, forse, tra un milione di azionisti. Intanto, mentre si aspetta con ansia lunedì prossimo, giorno nel quale gli azionisti possessori (da soli o come gruppo) di oltre il 2,5% del capitale Comit dovranno uscire allo scoperto, in base ai nuovi tetti fissati da Tesoro e Consob, gli occhi sono puntati sull'assemblea di bilancio del 12 marzo. A questa assemblea, che dovrà approvare conti e bilancio consolidato 1993, l'Iri sarà ancora presente come azionista di controllo, dal momento che i titoli del collocamento passeranno fisicamente di mano il giorno 17 marzo. Per questo motivo, a questa assemblea il consiglio Comit non si presenterà dimissionario. «Rischierebbe», infatti, di essere nuovamente riconfermato in toto ma da un vecchio azionista in realtà non più in sella. Ma, anche se mancano conferme ufficiali, sembra probabile (qualcuno dice «certo») che, dopo il 17 marzo, sarà lo stesso consiglio Comit a riunirsi e a convocare un'assemblea straordinaria per la nomina degli amministratori alla quale, ovviamente, arrivare dimissionario. Tra l'altro, due dei suoi consiglieri, ossia Pietro Ciucci e Tommaso Vincenzo Milanese, sono nel consiglio in rappresentanza dell'Iri che, con il 17 marzo, scompare. In teoria, il consigliere che decidesse di non dimettersi potrebbe sempre farlo singolarmente (la scadenza naturale del consiglio Comit dovrebbe essere la primavera 1995), ma forse non farebbe una bella figura. A spanne, la nuova assemblea si dovrebbe tenere entro giugno. Prima, infatti, ci sarà da compilare l'elenco dei nuovi soci, una fatica non indifferente se è vero che si passerà dagli attuali 30.000 azionisti al milione. E' dunque necessario un po' di tempo, senza contare i cosiddetti tempi tecnici. Sarà dunque giugno il mese dello show-down. Quello nel quale si capirà se è vero oppure no che esistono un nocciolo o più noccioli duri. E poiché questi noccioli, per via della norma che prevede l'obbligo di Opa in caso di patti, non potranno uscire facilmente allo scoperto, la battaglia si giocherà in stanze segretissime. Sarà, insomma, una lotta di fioretti. Ne è da escludere che il management dell'istituto (nel caso si sentisse seriamente minacciato) non possa decidere di chiamare in aiuto i fondi esteri. I quali, come ben si sa, sono abbastanza indifferenti al potere, ma attentissimi ai risultati. E potrebbero non gradire «mani forti», o interessi forti, sulla gestione della banca. Insomma, sarà un giugno davvero interessante. Valeria Sacchi A sinistra Eugenio Coppola di Canzano presidente delle Generali In alto Sergio Siglienti presidente Comit MILANO. Grandi e piccole manovre sulla concessione per i telefonini. Dopo la consegna delle offerte in busta chiusa al governo da parte dei due consorzi concorrenti - Unitel (principali azionisti Fiat e Fininvest) e Omnitel (principale azionista la Olivetti, con a fianco il consorzio Pronto Italia) - si scatenano le polemiche. Ieri a innescare la miccia è stata la Fiom lombarda, durante le trattative per l'Alcatel Italia. Un comunicato della Fiom sosteneva infatti che uno dei punti fondamentali per la trattativa è proprio la decisione sul secondo gestore dei cellulari. Perché? Semplice, sostengono i metalmeccanici della Cgil lombarda: «Uno dei due consorzi in gara è Unitel, che attraverso la Fiat ha un intreccio azionario con Alcatel. Con l'attuale piano industriale, nel caso Unitel si aggiudicasse la gara e scegliesse come fornitore Alcatel, si approprierebbe di un mercato di oltre 5 mila miliardi senza che ciò frutti un briciolo di tecnologia e di occupazione al nostro Paese». E la conclusione è che «a questo punto non ci resta che auspicare che sia l'Olivetti a vincere la gara a secondo gestore». Non ci vuole molto perché le dichiarazioni della Fiom scatenino le smentite di chi è chiamato in causa. L'Unitel ribadisce che «il 100% degli investimenti in infrastrutture per telecomunicazioni sarà conferito ad aziende italiane, che genereranno migliaia di posti di lavoro nel nostro Paese» e precisa che «Alcatel non ha alcun rapporto né di tipo finanziario, né tecnico né commerciale, con il consorzio Unitel ma detiene semplicemente una partecipazione in Fiat del 2%». Anche dall'Alcatel Italia arriva una replica, la società controllata dal gruppo francese Alcatel precisa di non avere «legami di alcun tipo con i consorzi candidati a secondo gestore del Gsm in Italia e che nei mesi scorsi ha presentato proposte di fornitura a tutti i consorzi in gara». Sbigottito dalle dichiarazioni del sindacato il presidente di Unitel Nicolò Nefri: «Le ricadute occupazionali sono uno dei requisiti del regolamento disciplinare della gara. Li abbiamo già garantiti quando abbiamo consegnato la domanda, quindi a questo punto lascia proprio perplessi che il sindacato si esprima su questa materia e per farlo scelga poi la vertenza Alcatel». «Insomma - conclude Nefri - o la Fiom lombarda non è informata, oppure è informata e allora non riesco proprio a capire le ragioni di questa uscita. Comunque questo episodio è la conferma che nella scelta del secondo gestore ci vuole il massimo della trasparenza». In serata, comunque, la Fiom lombarda ha fatto retromarcia, smentendo di «aver espresso preferenze aprioristiche sui concorrenti in gara per il secondo gestore del radiomobile» e contraddicendo così la sua precedente nota. [r. e. s.]

Luoghi citati: Canzano, Italia, Milano, Roma