«Philadelphia» e «Germinal» torna il film-realtà

«Philadelphia» e «Germinai», torna SI film-realtà «Philadelphia» e «Germinai», torna SI film-realtà // lavoro di Berri, con Depardieu, è un polpettone pomposo e costoso PHILADELPHIA» di Jonathan Demme, «Germinai» di Claude Berri: il cinema della realtà, l'impegno appassionato e battagliero, la tendenza attuale a un verismo che sembra dare una sorta di valore aggiunto d'autenticità, uniscono in due film a tesi l'estremo Novecento e l'Ottocento, un caso personale simboleggiante un problema generale e una vicenda corale, le armi della legge e le armi della lotta operaia dura, due malattie sociali come l'Aids e lo sfruttamento del lavoro, il giovane divo americano Tom Hanks e il maturo divo francese Gerard Depardieu. E due film dal successo grande, significativo: «Philadelphia», cinque candidature all'Oscar, premiato anche al FilmFest di Berlino, ha incassato in due mesi negli Stati Uniti 60 milioni di dollari; «Germinai», premiato ai Césars, candidato all'Oscar, ha incassalo in Francia più di «Jurassic Park». Tutt'e due nascono dalla cronaca, da fatti veri. «Philadelphia», storia d'un giovane brillante avvocato omosessuale morente di Aids che, difeso dal collega nero Denzel Washington, si batte in tribunale contro la discriminazione commessa dallo studio legale che l'ha licenziato con un pretesto e vince, si rifa a un processo celebrato appunto a Philadelphia nel 1990. Clarence Cain, 37 anni, nero, avvocato di successo, malato di Aids (alto 1,93, pesava ormai 45 chili e la magrezza lo costringeva in tribunale a sedere su un cuscino), difeso dal collega bianco Richard Silverberg, fece causa a Hyatt Legai Services, il grande studio legale che lo aveva licenziato, con l'accusa di discriminazione: e vinse, ottenendo oltre 150.000 dollari come risarcimento. «Germinai» è tratto da quel romanzo sociale sulla vita dei minatori, sui conflitti padroni-operai e socialismo-anarchia, scritto dal grande narratore francese Emile Zola nel 1855, che rappresentò a suo tempo per migliaia di lettori quasi una rivelazione, la scoperta terrorizzante della miniera e di un mondo del lavoro che la miniera sintetizzava: paghe da fame, fatica da bestie, nessun diritto, scioperi distruttivi spezzati con la violenza armata, esercito e polizia al servizio degli interessi padronali. Per scriverlo Zola, da sempre interessato alla storia del movimento operaio, si mescolò tra febbraio e marzo del 1884 allo sciopero dei minatori d'Anzin nel Nord della Francia, uno dei più lunghi e accaniti del secolo, annotando ogni dettaglio in un diario simile a un grande reportage. «Philadelphia» introduce una variante romanzesca rispetto alla vicenda reale: nel film Jason Robards, capo dello studio legale, è ostile, irriducibile nel pregiudizio contro gli omosessuali; nella realtà Joel Hyatt, capo del vero studio legale, forse anche perché candidato democratico dell'Ohio alle elezioni per il Senato, ha dichiarato il proprio pentimento e rimorso per quanto accaduto, il proprio impegno a favore dei malati di Aids. «Germinai» rievoca una condizione operaia che si spera di non vedere mai più: può venir considerato quasi come la celebrazione della scomparsa nelle società industriali avanzate d'un certo proletariato e d'un certo socialismo, anche se nella crisi economica potrebbero tornare contemporanee le battaglie sindacali disperate o l'azione anarchica, e se alcune logiche capitalistiche non sono poi così radicalmente cambiate. Ma i due film, alla fine, sono belli? Capita di rado che i film a tesi siano anche bei film. «Philadelphia», benissimo recitato da Denzel Washington più che da Tom Hanks pure molto bravo, è volutamente popolare, classico nel genere cine-processuale. Efficace, commovente, magnificamente diretto, con qualche riserva: a volte la solitudine desolata e la paura della morte di Tom Hanks sono raccontate con eccessi melodrammatici (luco rossa, la voce purissima e straziante di Maria Callas nella arie d'Opera più ricattatorie); per non urtare nessuno, il protagonista e il suo compagno Antonio Banderas non scambiano mai un gesto d'affetto o di tenerezza, e se li si vede abbracciati è a una festa in maschera mentre ballano travestiti da ufficiali di Marina; la conversione dell'avvocato Denzel Washington, dall'omofobia sprezzante alla solidarietà compassionevole, è poco argomentata; per evitare effetti troppo dolorosi o sgradevoli, i segni della malattia sulla faccia e sul corpo di Tom Hanks sono ridotti, limitatamente realistici. «Germinai» invece è un polpettone alla francese pomposo, costoso e superficiale, falsamente realistico, veramente retorico. Il possente minatore Depardieu, Miou-Miou che recita il personaggio di sua moglie e d'improbabile madre di sette figli anche

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