Delitto a San Patrignano Il giudice riapre il caso

Processo sospeso dopo la lettera di un ragazzo della comunità che scagiona il principale imputato Processo sospeso dopo la lettera di un ragazzo della comunità che scagiona il principale imputato Delitto a San Patrignano Il giudice riapre il caso «Adesso posso alzarmi?» Prego, s'accomodi. «Cavolo». Lupo esce ciondolando in mezzo ai carabinieri. Com'è andata?, chiede. «Bene», lo rincuora l'avvocato Maitines, «per te non è cambiato niente». Per gli altri, invece, che pasticcio. Processo sospeso. Nuove indagini. Poi si riprende per arrivare, stanotte magari, alle sentenze. Il delitto di San Patrignano è un guazzabuglio che nelle more delle udienze processuali si complica ancora di più. Sul proscenio adesso appare Giuseppe Lupo, capelli ricci, barba nera, jeans trasandati, che è venuto fin quassù dalla Sicilia per confermare quanto aveva buttato giù in una letterina: l'assassino di Roberto Maranzano non è Alfio Russo, ma Francesco Lorandi, cioè proprio l'uomo che aveva rivelato agli inquirenti quell'omicidio. «Vede, signor giudice, io ho aspettato a parlare perché ho sempre sperato che, oltre alla persona interessata, altri si assumessero le proprie responsabilità. C'eravamo tutti quel giorno, e tutti sapevamo bene quello che era successo. Poi, visto che nessuno lo faceva e visto che Grizzardi non è stato creduto, allora ho deciso di farlo io». Così, Giuseppe Lupo si presenta in aula a rimestar le carte. Il risultato è che il giudice delle udienze preliminari è costretto a ricorrere a un espediente tecnico. Perché il rito abbreviato non ammette prove suppletive. E allora non resta che interromperlo, sviluppare un'appendice di indagini, e poi riprenderlo. Così, per accertare se la confessione di Lupo risponda o no alla verità, Vincenzo Andreucci chiama a deporre altri tre testi: Franco Arlenghi, Laura Ghivarello e Luciano Lorandi, il grande accusatore finito nelle vesti del grande accusato. Tutti e tre saranno ascoltati stamane assieme ad altri tre testimoni (Franco Diella, Michele Bortoluzzi e il maresciallo Inverso di Terziglio) che invece dovranno aiutare gli inquirenti a chiarire se Vincenzo Muccioli, il padre santone della comunità di San Patrignano, era a conoscenza o meno di quel delitto. Nel gioco delle parti, in questo coacervo che raccoglie i vari filoni delle indagini sulla morte di Roberto Maranzano, le sorprese però non sono finite e può ancora succedere di tutto. Può accadere che i testi siano messi a confronto, o che Luciano Lorandi, per ora estraneo al processo, venga a sua volta rinviato a giudizio per omicidio preterintenzionale. Questa, d'altronde, è solo un'introduzione. Perché il vero processo è quello che partirà, magari già stanotte, con il rinvio a giudizio di Muccioli, quando sul banco degli imputati finirà per sedere la comunità di San Patrignano. Eppure, questa non è una introduzione da poco. E non solo perché è in ballo la condanna di omicidio per alcuni dei 7 imputati. Ma soprattutto perché la guerra delle parti si concentra su Luciano Lorandi, l'uomo che ha denunciato RIMINB DAL NOSTRO INVIATO UNA TOMBA SENZA CADAVERE i Kl IMAONA Stavolta il risparmio ha un gusto davvero speciale: quello del vino Calassi D.O.C. Perché se fai acquisti | SANGIOVESE alla Upim per un valore di almeno 10.000 lire, potrai ottenere 6 bottiglie di vino Calassi, Sangiovese a Trebbiano a scelta, a un prezzo incredibile: soltanto L. 10.000. Vale a dire 1.666 lire a bottiglia! Un'occasione così m e puntato il dito contro il fondatore di San Patrignano: «A un anno dalla mia uscita racconto questa tragica storia, ma ho ancora tanta paura perché io sono solo un tossico, lui è sempre Vincenzo Muccioli». Cominciò Franco Grizzardi ad accusarlo («E' un bugiardo, è stato lui a uccidere Maranzano»), ora è il turno di Lupo. In alcuni punti risponde con precisione, anche nei dettagli. Ma qualche volta cade in contraddizione. Arriva ad accusare Lorandi, solo «per deduzione», come spiega alla fine dell'interrogatorio, e non identifica mai il momento preciso della morte. Prima nega che Alfio Russo avesse colpito anche con pugni e calci Maranzano, poi poco per volta cambia versione. ■manifesti listati a lutto apparvero all'improvviso sui muri di Nettuno, sonnolenta cittadina a Sud di Roma, quando ormai al boss emigrato in Sud America non pensava quasi più nessuno. In poche righe la famiglia Bonomi clava «il triste annuncio» della scomparsa del «caro» Antonio. Era giusto un anno fa, la fine di febbraio 1993. Cominciava un 'giallo' che non s'è ancora risolto, quello di un boss dato per morto ma che potrebbe essere ancora vivo; una storia che si snoda attraverso due continenti, ha le sue radici negli approdi mafiosi sul litorale laziale e fa da contorno ad un gigantesco traffico di droga. Antonio Bonomi, classe 1944, pregiudicato in Italia volatilizzatosi in Brasile, arrestato anche lì per traffico di droga e poi ritornato latitante, era il 'figlioccio' di Frank Coppola. «Frank tre dita» così veniva chiamato il mafioso partito dalla Sicilia per gli Stati Uniti negli anni Venti, salito ai vertici della Cosa Nostra americana al fianco di Lucky Luciano, rientrato dopo la guerra in Italia dove impiantò uno dei principali merita un brindisi. di? E perché, chiedono adesso i giornalisti a Andreucci, prima Grizzardi non venne creduto e Lupo oggi sì? «La versione di Grizzardi non è stata creduta perché contrastava con tutta una serie di elementi oggettivi dell'inchiesta. Le dichiarazioni di Lupo creano sviluppi diversi. Nel momento in cui emerge un altro che adombra il dubbio, è nostro compito accertare la verità». E perché non è stato fatto prima un confronto fra Lorandi e Grizzardi? Bacchettata per Battaglino, il pm: «Doveva farlo chi conduceva l'inchiesta». Questo è un Lupo buono o cattivo? Andreucci sfugge via: «Questo è un Lupo di cognome e basta». «Beh, non aveva la mano leggera, Alfio. I suoi schiaffi erano come pugni. E magari qualche calcio l'avrà dato». E smentisce pure Grizzardi in più punti. Non è vero che un camionista assistette al pestaggio. Non è vero che lui picchiò Maranzano. «Mai quella mattina, signor giudice. Grizzardi si confonde con un altro giorno». Ma anche altri l'accusano, insiste Andreucci. «Vede, qui ognuno tira le versioni come crede», i-isponde. E poi, quasi conferma: «lo non nego le maniere forti, però non ho mai commesso nessun omicidio». Nell'insieme, però, è una testimonianza tesa e drammatica che rischia di ferire al cuore l'inchiesta. Il dilemma è sempre lo stesso: perché non fu rinviato a giudizio anche Loran- Il magistrato convoca altri sei testimoni In tribunale ci sarà anche il giovane che accusa Muccioli Una veduta delle cascine che fanno parte della Comunità di San Patrignano Pierangelo Sapegno Secondo la polizia B quelle condizioni? «Diceva, farfugliava qualcosa e Lorandi lo bloccava. Lui cercava di andare in avanti, di divincolarsi, ma forse stava per cadere, come faccio a dire. L'impressione mia è che voleva divincolarsi». Lei vide che Lorandi strinse il collo di Maranzano? «No, io ero dietro. Lui l'ha preso così per sollevarlo, ma quella è una presa che stringe anche se non si vuole perché l'altro non era leggero e lui riusciva a tirarlo su». Poi lui cadde? «Cadde a ginocchioni. Io e Persico lo tirammo su tenendolo sotto le ascelle. Ci siamo accorti che respirava a fatica». Grizzardi c'era? «Sì. Tutti c'erano. Pure la Ghivarello». Il pm Franco Battaglino: «Lei racconta che Lorandi lo tirò su per il collo e dopo un po' lui cadde di nuovo per terra. Lo sollevaste lei e Persico. Era ancora vivo?». «Sì». Lei lo sa che la morte per soffocamento è istantanea? «Mah, forse è morto per un colpo ricevuto con quella mossa». Come fa a dire che l'ha ucciso Lorandi? «Per deduzione. Siccome è morto per soffocamento, l'unico che fece un gesto che può aver provocato quella morte fu Lorandi».

Luoghi citati: Brasile, Italia, Roma, Sicilia, Stati Uniti, Sud America