«Orgogliosa di mio figlio» MAMMA GOLDSTEIN

«Orgogliosa di mio figlio» «Orgogliosa di mio figlio» GERUSALEMME. E' «orgogliosa» del figlio la madre di Baruch Goldstein, il colono ebreo autore della strage di Hebron. «Mi sono sempre detta: ma quand'è che qualcuno avrà il coraggio di fare una cosa del genere? E alla fine è stato mio figlio a farla», ha dichiarato Miriam Goldstein, età imprecisata, in un'intervista al settimanale Shishi di Gerusalemme. Secondo la donna, l'irruzione di quella mattina nella moschea «ha impedito una strage di ebrei che i palestinesi pianificavano da tempo». «Che cosa ha fatto mio figlio? - si è chiesta -. Ha salvato ebrei». Da tempo negli insediamenti si parlava di una strage imminente. Le voci, secondo la signora Goldstein, erano collegate a presunti avvertimenti di leader religiosi islamici che nei sermoni moschee invitavano i fedeli a procurarsi «massicce scorte di cibo» in vista di «un lungo coprifuoco». «Mio figlio - ha detto la donna - era un uomo che amava il popolo israeliano più di sé stesso. Pensate alla responsabilità che si è addossata, pensateci... per generazioni a venire». [Agi] eh?». Nel vuoto muto delle strade, alle 6 compare dal fondo di un palazzo un bimbo che pare uno sciuscià di De Sica, col berrettino di baseball e la faccia furba quanto il Vomero. «Vuoi il giornale?», chiede, e mostra il pacco di «An Nahar», che ha sotto il braccio. Si chiama Ahmen Muhammad Falwity, ha 15 anni anche se ne mostra 10, e si alza alle 4,30 del mattino per venire a vendere i giornali. «Abito a un'ora di strada da Hebron, ma i soldati ormai mi conoscono e mi fanno passare». Il giornale costa 80 centesimi, lui ne guadagna 30; quando gli regaliamo un paio di dollari, resta stupito e con la mano fa: «Perché?». Poi sorride felice e nel silenzio senza eco grida «Shukran», grazie. Da una porta vicina, spuntano due fratellini in pigiama e vestaglia; comprano il giornale e poi scappano via sulle loro pantofoline colorate. Il mondo pare un quadro di Dalì. In cima alla strada vuota, parcheggiato dentro una vecchia auto, c'è Jamal Scweiky. Lui è il corrispondente da Hebron di «An Nahar», e poi al mattino fa anche il distributore dei giornali nella città vuota. L'idea parrà certamente interessante agli editori italiani. Scwieky vende mazzi di «An Nahar» a nugoli di ragazzini che spuntano dal nulla, nel primo sole che sgela l'aria, e nel nulla spariscono. Andiamo a chiacchierare nella panetteria di Ahmed Ali, che ha la saracinesca mezza aperta; è tempo di Ramadam, e il pane lo preparerà più tardi, per il pomeriggio; ma ha la cortesia di cuocerci intanto una pagnotta col timo. Straordinaria. E lui è contento di avere da chiacchierare. Tiriamo ancora un paio d'ore. Ma la città resta immobile. Il cerchio di ferro dei militari impedisce ogni movimento, ogni ribellione. Il sole si fa alto, e però le strade mostrano solo l'ombra vuota, passa qualche ambulanza,

Persone citate: Ahmed Ali, Baruch Goldstein, Dalì, De Sica, Goldstein, Jamal Scweiky, Miriam Goldstein, Ramadam

Luoghi citati: Gerusalemme