IL CASO «Gulliver» storia di una rivista letteraria mai nata

il caso. «Gulliver», storia di una rivista letteraria mai nata il caso. «Gulliver», storia di una rivista letteraria mai nata A sinistra: Vittorini con Calvino e Einaudi. Sopra: Giinter Grass. A destra: Pasolini. Sotto: Roland Barthes questo più vicino ai francesi (a Calvino, ad esempio, anche se poi l'avrebbe «tradotta» a proprio uso, quella suggestione può piacere). Ma i tedeschi, che pure hanno i loro bravi Benjamin e Adorno cultori d'un loro personale «frammentismo», sono tuttavia diffidenti, forse temono una caduta nell'estetismo. Così, tra i francesi tutti protesi a dimostrare che se non c'è una forma ben precisa, anzi distillata all'alambicco, non c'è neppure un contenuto, e i tedeschi ostinati a privilegiare il contenuto innanzi tutto, il dissenso si fa prima netto (Zurigo, 19-20 gennaio 1963; Parigi, aprile dello stesso anno), poi esplosivo: «I tedeschi - scrive Leonetti a Pasolini il 25 aprile - hanno respinto tutti i testi francesi eccetto Barthes e Genet, in quanto caratterizzati troppo strettamente dal gruppo Blanchot...». E il battello «Gulliver», silenzioso, si inabissa. Alla riunione di Parigi c'era un garzone di bottega Einaudi, venticinquenne, ed è chi scrive queste righe. Di qui la malinconia con cui ha letto tutto d'un fiato il «donario». Ma lo stesso sentimento aleggia anche sulla domanda con cui ho aperto l'articolo a cui temo di dover rispondere negativamente. No, una rivista internazionale di letteratura oggi proprio non si potrebbe fare. Chi sarebbero, intanto, gli italiani rappresentativi? Vassalli, Tabucchi, Del Giudice, chi e quanti altri? Chi i francesi, quali i tedeschi, nel gran sonno di queste due letterature? E chi oggi parlerebbe di letteratura come lettura critica e come intervento sul reale?

Luoghi citati: Parigi, Zurigo