Un 8 marzo d'Ambra e discordia

Da Mussolini a Pivetti, la destra femminile è stanca di celebrare la ricorrenza Da Mussolini a Pivetti, la destra femminile è stanca di celebrare la ricorrenza Un 8 marzo d'Ambra e discordia Studentesse di sinictra in corteo anti-Boncompagni Progressiste perplesse. Salamon, «altri i problemi» ROMA. «Forse lei non conosce la regola: Ambra rilascia solo interviste scritte. Bisogna farle avere prima le domande e poi noi le rimandiamo indietro con le risposte. E comunque dobbiamo sentire Gianni (Boncompagni) e Irene (Ghergo) per vedere che cosa ne pensano. Ma credo che abbiano deciso di non dare peso alla cosa». L'ufficio stampa di «Non è la Rai» è graziosamente inflessibile. L'Ambra in questione, ovviamente, è la star del programma, l'Angiolini. Invisa alle studentesse romane - di sinistra - che hanno addirittura deciso di festeggiare l'otto marzo manifestando sotto gli studi Fininvest contro la fanciulla in odor di berlusconismo. Ambra offende le studentesse progressiste. Ma l'otto marzo offende le donne dell'altro fronte. Che sono stanche di celebrare questa ricorrenza. «Mimose al rogo», titola «Italia settimanale», la rivista di destra che interpella sull'argomento un campione piuttosto variegato: la scrittrice Barbara Alberti, il direttore dell'«Indipendente», Pialuisa Bianco, e Angela Cavagna, rigogliosa soubrette della Fininvest. Mentre la leghista Irene Pivetti e la missina Alessandra Mussolini non nascondono la loro insofferenza verso questa data, scatenando le ire delle colleghe di sinistra. E tra le signore della politica volano gli insulti. Ci stringiamo ad Enrico nel dolore per la scomparsa della mamma Franca Re Mattio tuoi amici: Alessandra, Andrea, Anna, Antonella, Dada, Elena, Francesca, Giovanni, Laura, Luca, Marrlco, Marco, Max, Niccolò, Nicoletta, Ornella, Stefania, Virgilio. Ambra Angiolini conduttrice di «Non è la Rai» e (a destra) Livia Turco «Abolire l'8 marzo? Una puttanata» Dunque, sulla via che porta alla seconda Repubblica inciampa anche la festa della donna. Ma guai a dirlo a Livia Turco, responsabile femminile del pds. Che sta dalla parte della povera Ambra: «L'otto marzo dice - è una cosa seria. Non hanno niente di meglio da fare queste studentesse? Io protesto contro la manifestazione e sono pronta anche a scrivere una lettera di solidarietà». Non la pensa come lei un'altra pidiessina, la senatrice Giglia Tedesco Tato: «Non ci vedo niente di male. Se si sentono offese da Non è la Rai perchè non dovrebbero scendere in piazza?». «Stupidaggini», replica secca Mussolini. La nipote del Duce sbuffa: «Che vergogna andare contro una ragazzina pur di colpire Berlusconi». Distaccata, l'imprenditrice di Ad, Marina Salamon. Lei vuole occuparsi di «problemi economico-sociali» e non di queste «iniziative all'americana». Trasognata, Ombretta Fumagalli Carulli, che cade dalle nuvole: «Non so che cosa sia Non è la Rai». Qualcuno del suo staff le spiega di che cosa si tratta. L'esponente dei Ccd ci pensa un po' su e azzarda: «Forse è un modo strumentale per attaccare Berlusconi». Probabilmente la cattolicissima Carulli non sa che contro le ragazzine di Boncompagni tempo fa si era scagliato anche VAvvenire. Mentre le signore della politica discutono con fervore l'argomento, Ambra è a casa che studia. Chissà che cosa direbbe se sapesse che è diventata oggetto di questo appassionato dibattito. Che alla fine, inevitabilmente, sfocia in una querelle sull'otto marzo. Ha fatto il suo tempo, come sostiene la Pivetti? Che spiega: «E' un inutile rito, un contentino dato alle donne. Gli unici a guadagnarci sono i fiorai. In quel giorno nessuno di quelli che mi conoscono bene si è mai permesso di regalarmi le mimose perché sanno come la penso». «E' una festa che non mi è mai piaciuta: non serve a nulla», le dà ragione la Mussolini. Le destrorse arricciano il naso quando sentono parlare di 8 marzo. E la Turco si spazientisce: «Puttanate», dice. «Vergognose puttanate», ripete. «Mi auguro che queste donne della destra sbattano la faccia al muro. Quella Pivetti, poi, pensa solo a sè e alla propria carriera». Ma con buona pace della Turco non è solo nel polo della libertà che la festa ha stancato. «E' un po' fuori moda», osserva la socialista Rossella Artioli. «Spesso assume il sapore di quelle retoriche celebrazioni della resistenza», ammette la Salamon. E Ambra che ne pensa? Boncompagni non le ha dato il permesso di dire la sua. più profonda della realtà». E' dunque sessista «broda», «parola spregiativa rispetto al maschile "brodo"» dato che rappresenta il superfluo della minestra. Ma anche «cagna», «parola carica di misoginia, per donna smodata, cioè non dotata di sussiego virile, spesso dominata da forti appetiti sessuali». Oppure «vecchia», «molto più penalizzante del corrispettivo maschile, la vecchiaia tradizionalmente è considerata imperdonabile per una donna». «Virtuosa», «dote che coincide con il ruolo di oggetto di proprietà maschile, proprio perché attraverso il rifiuto si rende simile al "vir"». E «vamp»: «E' sempre la donna ad esercitare un fascino possente e fatale, vero cannibalismo sessuale, poiché nell'immaginario patriarcale il male è in lei». Ma, soprattutto, attenzione ai neologismi a fin di bene. Guai a «giudice donna» o «giudice in gonnella». Esiste già «la giudice», benché le tocchi applicare «un diritto maschile, pensato solo formalmente per tutti». Il tema, direbbe la linguista Deborah Tannen, è tutt'altro che futile. All'origine della crisi della coppia moderna è proprio la diversa lingua usata da uomini e donne, sostiene nel suo libro Ma perché non mi capisci? Dunque, prima di divorziare, non rivolgetevi a un'avvocata. Compratevi un bel dizionario.

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