«Bomba destinata al Papa»

«Bomba destinata al Papa» «Bomba destinata al Papa» BEIRUT. Non vi sono ancora risultati apprezzabili nelle indagini per identificare i responsabili dell'attentato che domenica scorsa ha provocato nove morti e 58 feriti in una chiesa cristiano-maronita alla periferia di Beirut, ma la stampa libanese ieri ha sollevato nuovi inquietanti interrogativi. Come riferisce il solitamente bene informato «As Safir», secondo fonti della sicurezza libanese, «non si può escludere la possibilità che le bombe collocate a Jounieh dovessero esplodere alla vigilia della visita del Papa in Libano» prevista alla fine di maggio. A far prendere in considerazione questa ipotesi sarebbe il particolare che soltanto uno dei due potenti ordigni collocati nella chiesa è esploso. Forse dovevano scoppiare insieme in un altro momento e l'esplosione è avvenuta anzitempo per un difetto di funzionamento. Finora non sono stati effettuati arresti e non si placano le roventi polemiche sull'incapacità degli investigatori. [Ansa] glio del fondatore del «Kach» e leader del «Kahane-Hay». In una conferenza stampa negli uffici del «Kach» di Gerusalemme, gli attivisti del gruppo (armati di fucili «Uzy») indossavano una maglietta con l'effige di Rabin e la dicitura: «Non ci sia pace per i malvagi». «Se questi attivisti hanno compiuto malefatte, che vadano in carcere - ha commentato Israel Harel, presidente del Consiglio dei coloni - ma per chi vive nei Territori, spostarsi senza armi può significare talvolta una condanna a morte. Fra i due mali, meglio allora che Rabin decreti nei loro confronti arresti amministrativi». Mercoledì, nella foga di un dibattito alla Knesset, il ministro degli Esteri Shimon Peres era giunto a minacciare «il taglio delle mani» per «altri maledetti Goldstein che cercassero di ostacolare la politica del governo impugnando fucili». «E l'Olp di Arafat non ha usato il fucile contro israeliani inermi?», hanno subito replicato deputati di destra. «Diciamo pure che Arafat ha compiuto errori e crimini - ha convenuto Peres - ma poi ha detto basta alla guerra, ha riconosciuto Israele e il suo diritto alla sicurezza. Del resto ci sono stati anche ebrei che hanno praticato il terrorismo, e poi si sono ravveduti. Oggi Arafat si trova in pericolo di vita, proprio perché ha rinunciato alla violenza». A una settimana dalla strage di Hebron, la tensione è rimasta ieri alta nonostante il rilascio di altri 400 detenuti palestinesi (che si aggiungono ai circa 500 liberati due giorni prima). Il punto più caldo è stato la spianata delle Moschee di Gerusalemme, dove in serata centinaia di fedeli musulmani hanno cercato di irrompere, fermati a stento da reparti della «Guardia di frontiera». A scatenare la collera dei palestinesi è stata le decisione della polizia israeliana di limitare il numero delle persone autorizza- condo il gruppo - l'apertura del fuoco non era giustificata». Rabin intanto è sempre impegnato nei tentativi di allargare la base parlamentare del suo governo, anche se nella sua coalizione il partito di sinistra «Meretz» ha già espresso «netta opposizione» all'inclusione del partito di centrodestra «Zomet». Anche il partito ortodosso «Shas» sembra adesso incline a rientrare nelle fila del governo, da cui era uscito nel settembre scorso per solidarietà con un ministro incriminato per corruzione. te a partecipare oggi alle preghiere e di vietare l'accesso ai più giovani. I dimostranti hanno cercato di forzare i portoni di ferro e di aprirsi la strada verso le moschee di Al Aqsa e di Omar con nutriti lanci di sassi. Gli agenti hanno risposto con lacrimogeni. II comportamento delle forze dell'ordine nei Territori è stato ieri criticato dagli attivisti di «Betzelem», un gruppo per la difesa dei diritti civili. Secondo i calcoli di «Betzelem», nei giorni successivi alla strage di Hebron 12 palestinesi sono stati uccisi dal fuoco dei soldati «in circostanze in cui - se-

Luoghi citati: Beirut, Gerusalemme, Israele, Libano