La vaporiera Usa fugge da sola
la vaporiera Usa fugge da sola la vaporiera Usa fugge da sola «E' la ripresa»: il grido spaventa le Borse d'Europa aumentando il costo del denaro, per stroncare ogni surriscaldamento inflazionistico. E Lonsky, direttore del servizio investimenti alla Moody's, sapeva fin troppo bene quali sarebbero stati gli effetti: un possibile crollo del mercato delle obbligazioni e, a stretto giro, della Borsa. «Non sarei affatto sorpreso - dirà più tardi Lonsky alla tv - se nei prossimi mesi vedessimo una correzione al ribasso del 10% a Wall Street». Può sembrare paradossale, incomprensibile a chi di finanza e di economia non si occupa, che la stessa cifra faccia balzare di felicità un ministro a Washington e getti nella depressione un finanziere a New York. Ma nel mondo reale, non ideologico, dell'economia di mercato, questa è la legge. Le buone notizie degli uni, sono le preoccupazioni degli altri. Il successo di un'azienda può essere la sconfitta di un'altra. E il magnifico risultato di un'economia americana addirittura ruggente, può diventare un tremendo segnale d'allarme per le economie dissestate di nazioni come la nostra, squassando titoli di Stato e valute. E questo sta precisamente accadendo, alla fine dell'inverno 1994. Il «ruggito» del leone americano, ridestato dal letargo dei primi Anni 90, sta mettendo in mostra tutta la debolezza strutturale, la pesantezza, e, nei casi come il nostro, il dissesto delle economie del vecchio continente. Lo fa per ovvie ragioni psicologiche, e relative: «Quando entra una stella di Hollywood nella sala da ballo - dice l'economista Robert Samuelson - tutte le altre signore si sentono improvvisamente più bruttine». Lo fa per ragioni rigorosamente contabili: quando gli investimenti in America, in dollari, diventano più lucrativi perché i rendimenti del danaro aumentano, la fuga dai risparmi in monete e in economie meno appetibili è inarrestabile, spesso caotica. E lo fa per ragioni politiche e commerciali, perché i segnali che vengono da Washington sono chiarissimi: questa America Anni 90, questa amministrazione democratica del «dopo guerra fredda» non dimostra alcuna intenzione di fare da «locomotiva» a nessuno. Anzi. Proprio ieri la Casa Bianca ha «sparato» l'arma delle possibili sanzioni commerciali contro il Giappone, nella pri- ma salva di quella che potrebbe essere un'imminente guerra commerciale. La fine della «minaccia sovietica» ha tolto ogni senso strategico al forte disavanzo commerciale che gli Americani hanno sopportato a lungo per «tenersi buoni» gli alleati orientali e atlantici. Ora Clinton vuole riequilibrare i conti per mantenere la promessa di una ripresa economica che giovi non solo agli esportatori nipponici o tedeschi, ma a tutti i «Joe and Mary» del Midwest america¬ na. Non soltanto l'America non funzionerà più da locomotiva: al contrario, saremo chiamati anche noi a pagare parte del prezzo del nuovo «boom» Usa, se non ci metteremo presto al passo. Inutile stupirsi o scandalizzarsi. Erano mesi che, spesso inascoltati da europei prigionieri della loro arroganza o delle loro miserie domestiche, dagli Stati Uniti partivano segnali sempre più chiari, sempre più forti che il «motore» americano stava risalendo di Crucci per gli operatori di Wall Street, mentre crescono i valori immobiliari. Sotto: Michael Kantor
Persone citate: Clinton, Michael Kantor, Robert Samuelson
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