«Devo tutto a mamma»

«Devo tutto a mamma» «Devo tutto a mamma» E la Bevilacqua punta in alto bronzo. In pratica, non sono «militari» soltanto i due ori di Fagone e Camino nello shorttrack, i due bronzi della Kostner nello sci alpino, il bronzo della Vanzetta nella staffetta. I soldi sono spesi benissimo, se si guarda alle risultanze morali dell'operazione: ad esempio il maresciallo degli alpini Albarello (il più alto graduato di tutta la squadra azzurra) ha ceduto il posto della 50 chilometri a Polvara: «E' un mio commilitone». Pensando a che cosa costa di tempo, fatica, salute arrivare all'azzurro, si capisce la forza morale del gesto. Il servizio nei Carabinieri sta facendo molto per l'italianità acclarata degli altoatesini, e solo gli spiritosoni ad ogni costo ironizzano ancora sulle loro difficoltà nel parlare italiano (salvo poi entusiasmarsi, ad esempio nell'atletica, per i britannici della Giamaica). I soldi devono essere spesi, visto che non ci sono alternative offerte dalla nostra società privata e dalla nostra organizzazione sportiva extramilitare. L'importante è che queste persone mettano la divisa nei giorni comandati, siano davvero persone per bene, una volta smesso con lo sport attivo e però impegnate ancora nella venuto il momento di smettere e di passare all'atletica leggera e fu lei, ex velocista e saltatrice in alto con un record personale di 1,60, a darmi la carica. Che gran madre che ho - continua Antonella - pensi che ancora oggi allena la squadra dei vigili urbani di Foggia e, oltre a me, anche mia sorella Marcella, specialista del salto triplo». E adesso l'aspettano i grandi traguardi: «Non mi sembra vero di aver superato il record indoor della Simeoni. Per me lei rimane un mito, quello che seguivo da bambina alla tv. Ma per favore, non paragonatemi a lei». Antonella ha le idee chiare su molte cose e una volta che ha preso una decisione non transige. «Sì, ho un certo caratterino - prosegue - che mi ha portato spesso ad affrontare situazioni imbarazzanti. Un esempio? L'anno scorso ai Mondiali indoor di Toronto me la presi con tutta la Federazione per alcune scelte che non condividevo. Ero disposta a smettere. Poi, per fortuna, ci siamo capiti». Insomma, un peperino, questa Bevilacqua. Che ama vestire bene, si atteggia a piccola diva, cerca la platea e si riempie di collane, anelli e orecchini. Fuma qualche sigaretta e ama essere al centro dell'attenzione. Si defini¬ A vederla non la si direbbe una saltatrice in alto. La statura appena sopra la norma, sull'I,70 («prego, 1,69», precisa l'interessata), un corpo ben modellato e un volto dai lineamenti delicati possono trarre in inganno. No, decisamente Antonella Bevilacqua, foggiana, 22 anni, atleta della Snam di San Donato Milanese, non sembra una saltatrice in alto. «E invece sì - dice -, ho iniziato a saltare a 12 anni quando ho superato 1' 1,45 per la prima volta. E da allora, era il 1983, è stato sempre un progredire, fino a questo 1,98 di lunedì sera ad Atene che mi ha permesso non solo di vincere una gara importante ma di battere di un centimetro il primato della Simeoni». Ad Atene Antonella ha tentato anche i 2,01 che rappresentano il primato italiano all'aperto e che nel '78 furono anche record del mondo. Ha fallito di poco, ma è chiaro che ormai comincia a «sentire» la misura. «Se sono arrivata a questi traguardi devo tutto a mia madre, Maria Sogellino. E' sempre stata lei ad indirizzarmi nella vita: a 12 anni, dopo averne dedicati sei alla danza, avrei dovuto lasciare Foggia e la famiglia per proseguire gli studi in una città che avesse un grande teatro. Con mia madre decidemmo che era sce buona cuoca (e guarda caso «gli spaghetti al peperoncino sono il mio forte»), e studia volentieri (è iscritta all'Accademia delle Belle Arti di Foggia), cuce, dipinge e scrive poesie. E' molto superstiziosa e quando va in pedana si porta amuleti e portafortuna vari: si mette al dito la fede della nonna ormai deceduta, usa sempre lo stesso smalto per le unghie, ha sei orsacchiotti, due santini e scrive alcune frasi in cirillico con il gesso sulla pedana. Con il suo atteggiamento ha finito per contagiare anche il suo ragazzo, il ventiquattrenne carabiniere padovano Andrea Pegoraro, astista da 5,65. Un ragazzone che si porta appresso quasi fosse una guardia del corpo e spesso, dolcemente, anche in pubblico si lascia scivolare fra le sue braccia. «Il mio traguardo? Al momento rimangono i 2 metri e penso di poterci arrivare presto. Magari già fra due giorni a Berlino oppure tra dieci a Parigi agli Europei indoor, dove penso di poter salire sul podio. Ora sono tra le prime al mondo, e il sesto posto ai Mondiali di Stoccarda lo conferma». La Simeoni è avvisata: il suo record ha i giorni contati? carriera insegnino ai giovani. E', ripetiamo, una via ormai soprattutto italiana, di uno sport nostro che combina il liberismo con il semistatalismo nella maniera più efficace. E ci pare che siano superate le rivalità fra i vari corpi, che pure una volta eran tremende. La Forestale è arrivata dopo, ha arruolato quasi tutte le atlete dalla Belmondo che vuol fare carriera in essa alla Di Centa che pensa forse più a sfilare vestita dai maestri della moda, sia pure moda sportiva, che in divisa -, ha vinto moltissimo, ma non ci risulta che abbia messo in crisi Finanza, Polizia, Carabinieri eccetera. La situazione è accettata da tutto lo sport e da tutto l'extrasport, a parte alcune piccole critiche: c'erano già per il finanziere Thoeni, ci sono per il carabiniere Tomba, potrebbero arrivare presto per il pompiere De Zolt, che nel suo paesino in Cadore non può neppure fare finta di andare ogni tanto a spegnere incendi. Ma se uno ce la fa a lamentarsi perché De Zolt prende due milioni al mese anche senza tuffarsi nel fuoco, allora siamo veramente al sadomasochismo nazionale. Gian Paolo Ormezzano Attilio Monetti

Luoghi citati: Atene, Berlino, Cadore, Foggia, Parigi, Stoccarda