Venti coltellate due gli assassini

Vallette, il panettiere ha tentato di difendere il modesto incasso della giornata Vallette, il panettiere ha tentato di difendere il modesto incasso della giornata Venti coltellerie, due gli assassini Ucciso per vendetta o da drogati che conosceva Venti coltellate per ammazzare un panettiere disarmato e portargli via quattro soldi, l'incasso di un piccolo negozio di periferia alle Vallette. Innocenzo Celiberti l'hanno lasciato nel sangue a faccia in giù, accanto alla porta del suo negozio di via delle Verbene 14/u. «Madonna» diceva, quasi a se stesso, il carabiniere che sabato sera contava le ferite. Una, due, tre, fino a dodici alla schiena. «Madonna. Altre tre. No, sono quattro quelle frontali, al ventre e al torace». E poi una alla nuca, due o tre alla testa. Una mattanza: più di una può esser stata quella mortale. Nell'alloggio di via dei Mughetti 11/a, la sua donna Tina Cesareo ieri mattina stringeva i denti e ripeteva che «neanche un cane, neanche una bestia la si ammazza così». Piangeva, Tina Cesareo. E mentre la gente del quartiere sfilava in silenzio davanti al negozio portando mazzi di fiori, lei ripeteva che se quelli volevano soldi «potevano dargli una botta in testa e tramortirlo, prendere quel che c'era e scappare. Ma non dovevano ammazzarlo così». Dice che sicuramente il suo uomo ha reagito di fronte ai banditi, ha difeso quel misero incasso fino all'ultimo. «Lunedì ci scade una cambiale. Ultimamente contavamo anche sulle mille lire: sono sicura che lui ha combattuto con quanta forza aveva per non farsi portar via Je centomila lire che poteva avere in cassa». Erano in due gli assassini che poco prima delle 20 hanno ammazzato Enzo. Sono arrivati quando la saracinesca che protegge la vetrina era già abbassata. Quella della porta d'ingresso era ancora aperta: stava chiudendo, l'hanno incrociato sulla porta e lui li ha scambiati per gli ultimi clienti del pomeriggio. Sul marciapiede è stata trovata la sbarra di ferro che usava per tirar giù le serrande. «L'avesse avuta con sé dentro al negozio» dice la cognata Luciana Cesareo. «Forse si sarebbe difeso». Gli assassini hanno lasciato il registratore di cassa vuoto e aperto. A terra sangue, cocci di bottiglia e monetine. Prima di scappare hanno sfilato dai pantaloni il portafoglio. «Sciacalli, bastardi» ripeteva ieri la gente del quartiere. Ieri mattina raccontavano che Enzo «era uno che faceva credito a tutti». Diceva che lui vendeva pane, e non vestiti. E che a quanti non potevano pagare neanche il pane, non si poteva sbattere la porta in faccia. Un uomo onesto anche nel ri- tratto che ne fanne le forze dell'ordine. Tanto che nel quartiere sono in molti ad essere convinti che i suoi assassini volessero sì derubarlo, ma anche fargli pagare quella sua onestà. Dicono: «Enzo aveva visto in faccia, il 17 gennaio, il rapinatore che aveva assaltato la farmacia a fianco al suo negozio, e aveva descritto quel volto alle forze dell'ordine». Pochi giorni dopo era stato arrestato un tossicodipendente. La famiglia smentisce: «Non ha testimoniato, non ha detto nulla di decisivo per quelle indagini». Anche le forze dell'ordine scartano quest'ipotesi: «Per noi l'ha aggredito qualcuno che voleva soltanto denaro. Lui ha reagito: gli assassini, in preda all'effetto di stupefacenti, hanno perso la testa. Un tentativo di fuga del panettiere può spiegare i colpi alle spalle». Il ragionamento degli inquirenti parte da quello che, per loro, è un punto fermo: «Chi avesse voluto vendicarsi si sarebbe comportato diversamente: qui ci sono state troppe coltellate, inferte all'impazzata da gente in preda a un raptus. Per una vendetta servono la premeditazione, la freddezza. E poi, in questi casi non si usano i coltelli. Si spara». «Le indagini sono a trecentosessanta gradi» ripetono le forze dell'ordine usando una frase che amano ripetere, e che significa poco o nulla. Si cerca tra i tossicodipendenti che abitano nei dintorni, nei figli più disperati del quartiere Vallette. Sembra che qualcuno abbia visto fuggire gli assassini, li abbia visti abbassare in fretta la serranda e scappare. E che questo testimone sia pronto a vincere la paura di finire come Enzo, per raccontare ogni cosa alla polizia. Tina Cesareo singhiozza forte, e dice: «Mi guardi. Stavamo insieme da cinque anni. Quando mi specchio non riesco proprio a vedermi come una che può far girare la testa agli uomini, ma lui mi amava». «Mi guardi bene. Lui mi faceva sentire bella». Giovanna Favro CoLaUn1 li L« li WmMm Colpito alla schiena, al collo e al torace La convivente: «Non hanno avuto pietà» Una pasta d'uomo, faceva credito a tutti A fianco, il parroco della S. Famiglia di Nazareth don Graziano De Col con Luciana Cesareo. Sopra Tina Cesareo, che viveva con il panettiere ucciso Innocenzo Celiberti (insieme nella foto grande) ■i-:::-,--.:v:;:;::;: