Quando «Togliotti» scalava con Palmiro di Alberto Papuzzi

Comicità. La montagna vista dalla satira Comicità. La montagna vista dalla satira Quando «Togliotti» scalava con Palmiro ETORINO N occhialuto Palmiro Togliatti, attrezzato con scarponcini e piccozza, scala una roccia con Nilde «Togliotti», entrambi legati alla corda con nodi scorsoi al collo: «Badate che per le cordate non ci si lega così», gli dice un villeggiante. «Noi seguiamo la scuola sovietica», risponde il capo dei comunisti. Firmata dall'umorista Carlo Manzoni, inventore del surreale Signor Veneranda, pubblicata nel 1953 sul guareschiano Candido, la vignetta fa parte delle cinquecento immagini di una curiosa mostra: «Le montagne della satira», allestita fino al 15 maggio al Museo nazionale della montagna (con esposizioni anche a Courmayeur e Cervinia). Dai torinesi Fischietto e Pasquino, fondati a metà dell'Ottocento, grandi scuole dei caricaturisti italiani, all'anticlericale Asino, al clericale Mulo, al Guerrin Meschino, al Travaso delle idee, al Becco Giallo, al Marc'Aurelio, al Bertoldo di Mosca e Metz, al Candido di Giovannino Guareschi, arrivando fino al Male di Pino Zac e a Tango di Sergio Staino, i curatori dell'esposizione, Erik Balzaretti ed Emilio Cavalleris, hanno frugato in decine di fogli satirici italiani, alla ricerca di disegni che avessero attinenza con la montagna. Nel filone politico, a un Alcide De Gasperi ir zuava e camiciola che, sul i 'arc'Aurelio, scruta grifagno dall'alto d'un picco «i prezzi che salgono» (di Attalo, 1948), fa pendant sul Male un Enrico Berlinguer che, arrivato sull'orlo aguzzo dell'abisso, torna indietro di gran carriera, sotto il titolo «La grande svolta» (di Angese, nel 1980). Sempre sullo stesso fogliaccio, all'epoca dei terroristi pentiti, si vede uno scalatore sfracellatosi al suolo - sopra penzola la corda rotta - che affiorando dal buco dice: «Sono un alpinista uentito» (il segno è di Vauro). Ma è nella satira di costume che la mostra offre gli spunti Satira politica tedesca: Finalm 15: «Operetta nte soli!» più sorprendenti e divertenti. Documenta la popolarità di cui godevano la montagna e l'alpinismo, nella lunga epoca delle grandi imprese e della competizione per le vette. La montagna allora diventava una metafora semplice e familiare. Per allusioni erotiche vagamente crepuscolari, come il gagà che su una raffinata copertina di Gianduja a l'Esposission chiede a una proprompente dama con ombrellino come mai non si fosse fatta vedere in montagna: «E' perché sono stata maritata», risponde lei finta ingenua (Torino, 1882). O per visioni demenzial-boccaccesche del tipo alpinista pomicione che mette le mani sulle rotondità di una scalatrice con la scusa di aiutarla, per cui il di lei marito grida «La tormenta! La tormenta!», ma i soci di cordata lo rimbeccano: «Che cavolo dite? Con questo sole!» [Vacantravasissimo, 1948). In uno dei disegni più azzeccati, che mantiene intatta la sua cattiveria a oltre mezzo secolo di distanza, si vede un gruppo di eleganti sciatori stesi al sole sulle loro sdraio, occhiali scuri, aria annoiata, i cocktail sul tavolinetto, lei con la camicetta a scacchi aperta sul seno che dice: «Io peccherò forse di ottimismo, eppure la situazione europea non la vedo tanto brutta...». Sul Travaso delle idee del 31 dicembre '39, tre mesi dopo l'inizio dell'ultima guerra. Straordinari gli snob belli e indolenti disegnati dal triestino Marcello Dudovich, famoso soprattutto per i cartelloni pubblicitari, considerati a ragione opere d'arte. Ecco una languida coppia di sciatori, ancora sul Travaso, in piena guerra, lui alto e biondo, sigaretta fra le labbra, lei alta e bionda, blusa attillata: «Esuberanti di mondanità/pieni entrambi di vita inconcludente - recita la didascalia - che bel cartello di pubblicità/per il dolce far niente». Alberto Papuzzi Satira politica 1915: «Operetta tedesca: Finalmente soli!»

Luoghi citati: Cervinia, Courmayeur, Mosca, Torino