«Dietro questo massacro la stessa regia di Hebron» di Gabriele Beccaria

«Dietro questo massacro la stessa regia di Hebron» «Dietro questo massacro la stessa regia di Hebron» 1 LEADER MARONITI CI sono mani esterne che cercano di far scoppiare dei conflitti. Sono le stesse mani che hanno mosso Baruch Goldstein e che hanno provocato la strage alla moschea di Hebron. Tutti i libanesi hanno capito il gioco e non sono caduti nella trappola». Da Byblos, l'arcivescovo maronita Rai Bechara lancia accuse pesanti come macigni e chiede aiuto: «Noi libanesi paghiamo per tutte le sciagure del mondo. Mi appello alla comunità internazionale perché siano rispettati i diritti fondamentali di questo Paese. I libanesi sono finalmente tornati al dialogo e alla democrazia. Chi vuole sabotare tutto questo? La libertà è forse proibita?». Sono passate poche ore dal massacro alla chiesa della Madonna del Parto a Jounieh e ritornano gli spettri di una guerra civile appena conclusa. Monsignor Bechara non ha dubbi e chiede lo sgombero immediato «degli eserciti stranieri»: dei siriani che occupano i due terzi del Paese, degli israeliani che presidiano la fascia Sud, dei guerri- glieri islamici filoiraniani che hanno dichiarato lotta senza quartiere allo Stato ebraico. Dice, duro: «Il mondo non vuole risolvere i nostri problemi, che sono i drammi dell'intero Medio Oriente». Da Beirut i toni sono non meno brutali. «Qui, circolano due versioni. La prima è che l'attentato sia opera dei fondamentalisti, la seconda che nell'esplosione siano coinvolti gli israeliani, che, così, cercano di deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dalla strage di Hebron». Chi parla è un sacerdote dell'arcivescovado maronita che vuole che la sua voce al telefono rimanga senza nome. Spiega: «Non si può non mettere in relazione questa bomba con il prossimo viaggio del Papa in Libano: è un'evidente forma di pressione sui noi maroniti e sul processo di pace. La nostra comunità - un milione di persone, con un esponente di primissimo piano, il presidente Elias Hrawi - si sente sempre più minacciata». E annuncia: «Domani sarà un giorno di lutto nazionale». «Ciò che è avvenuto è un brutto segno, è un attacco contro la pace, anche se non è una pace ancora completamente ritrovata», osserva da Roma il padre maronita marianita Jean El-Hachem, direttore della sezione araba della Radio Vaticana. «Io, però, voglio essere ottimista: il Libano non può volare se non con due ali: quella cristiana e quella musulmana». El-Hachem cita il Papa: «Ripeterò le sue parole: questo attentato è un crimine contro Dio, contro l'uomo e contro la vocazione storica del Libano, che è vocazione al dialogo. E' un crimine che va oltre il pensiero dell'uomo». Oggi - dice - al Collegio maronita sarà celebrata una messa di suffragio, alla presenza del procuratore generale del Patriarcato Emilio Eid. Si pregherà, pensando all'invocazione incisa in francese e in arabo sul frontone della chiesa della Madonna del Parto: «Proteggici». Gabriele Beccaria L'arcivescovo di Byblos «Tutti gii eserciti stranieri devono subito andarsene» Il presidente libanese Elias Hrawi

Persone citate: Baruch Goldstein, Bechara, Elias Hrawi, Emilio Eid, Jean El-hachem, Rai Bechara

Luoghi citati: Beirut, Libano, Medio Oriente, Roma