«Si specula sul prosciutto»

Allevatori di suini, è crisi: troppi surplus da oltre frontiera Allevatori di suini, è crisi: troppi surplus da oltre frontiera «Si specula sul prosciutto» E in Piemonte nasce un macello-robot TORINO. Contraddizioni della zootecnia: una gravissima crisi attanaglia i produttori di suini, mentre il consumo di questa carne continua ad aumentare, dopo aver superato, qualche anno fa, quella bovina. Ogni italiano consuma infatti mediamente 32 chili l'anno in carne suina fresca, cui si debbono aggiungere 15 chili di insaccati; mentre il consumo di carne bovina è fermo a 25 chili. Forse proprio in questo boom dei consumi sta la vera causa della grave crisi che attraversa il settore e che fa temere all'Associazione nazionale allevatori suini (Anas) di essere vicini ad «un punto di non ritorno, poiché la produzione interna non è in grado di soddisfare la domanda». In un anno - spiega il direttore dell'associazione, Cintoli - il prezzo dei suini ha perso in media il 18 per cento, di fronte ad un rincaro dei mangimi di oltre il 6 per cento. Ma veniamo all'incremento dei consumi, che è il nocciolo della crisi. Come ha detto ieri Giorgio Marinone, presidente dell'Agripiemonte suini, al convegno «Carni suine: il percorso della qualità» organizzato a Candiolo (Torino): «Il mercato delle carni è lontano da una fase di maturità: l'Italia importa ogni anno il 40 per cento del suo fabbisogno, vale a dire 6 milioni di quintali tra animali vivi e carni. Ciò significa un esborso monetario superiore a 2000 miliardi di lire, rispetto ad esportazioni per soli 440 miliardi». Al problema di fondo, che è strutturale, se ne aggiunge uno congiunturale: i nostri partners comunitari hanno dei forti surplus con i quali stanno «invadendo» il nostro Paese, a prezzi concorrenziali. Ma c'è ancora una causa negativa: la crisi economica che riduce i redditi delle famiglie indirizzandoli verso il consumo di prosciutti non marchiati, di basso prezzo. Di conseguenza c'è un forte invenduto di prosciutti doc, sui quali Cintoli ipotizza anche manovre speculative, poiché il prezzo del prosciutto di marca passa dalle 15 mila lire il chilo all'ingrosso fino a 45-50 mila nei negozi: una differenza non giustificata, dice l'Anas, pur tenendo conto dell'Iva, degli scarti e del guadagno dei dettaglianti. Nelle relazioni è stato ricordato che la nostra suinicoltura punta soprattutto verso il suino pesante, destinato alla produzione di prosciutti. Questo anche se la richiesta di carne suina da macelleria, ottenuta da animali di peso inferiore ai 110 chili, è in costante espansione. Tutto ciò ci riporta agli attuali gravissimi problemi economici anche se molta strada è stata fatta per migliorare la qualità. L'Associazione nazionale allevatori suini crede che soltanto la solidarietà interprofessionale possa salvare il settore. E in questo senso «vuole giungere al più presto a un incontro con tutte le categorie e il ministro delle Risorse agricole». Il convegno di Candiolo si è tenuto in concomitanza con l'apertura a None (Torino) del nuovo macello, una struttura modernissima, con soluzioni tecniche d'avanguardia, ampio uso di robotizzazione e un management avanzato che consente, sui 14 mila metri quadrati coperti dell'impianto, la macellazione potenziale di oltre 300 suini l'ora, per un totale che supera i 200 mila capi l'anno, al 99 per cento piemontesi. Gianni Storneilo

Persone citate: Cintoli, Giorgio Marinone

Luoghi citati: Candiolo, Italia, None, Piemonte, Torino