Forsyth il Kgb è tra noi
Le spie non saranno mai abolite: il mondo oggi non è più sicuro di cinque anni fa Lo scandalo Usa dimostra che gli 007 non sono morti col Muro Forsyth: il Kgb è tra noi «Hanno solo smantellato la sigla» ■m^ILUS ga change», disse il Il francese, sforzandosi di mr fare il verso al taxista nera wyorchese che gli aveva i—S—I chiesto: «Che c'è di nuovo, fratello?». La notizia che il direttore del dipartimento affari sovietici della Cia, Aldrich Ames, ha lavorato per la Russia per nove anni, arriva improvvisa con uno strascico di stupore e di sospiri. Ma l'unico aspetto davvero sorprendente di tutta la vicenda è che ci sia qualcuno che si stupisce. Cos'altro ci si sarebbe dovuti aspettare? Il mondo non è certo più sicuro oggi di cinque anni fa. Con il Medio Oriente che continua a essere una polveriera, l'Africa nel caos, il Sud Africa sul punto di esplodere, i Balcani in fiamme, il nazismo che sta risorgendo, la droga e il terrorismo a livelli endemici, 40 «piccole guerre» in corso e l'incubo della proliferazione degli armamenti ad alta tecnologia, questo non è certo un momento per farsi prendere dagli scrupoli. La Russia ha bisogno di sapere cosa sta avvenendo intorno a lei. E anche l'America ha bisogno di sapere. Come la Russia, anche lei spia. Negli ultimi tre anni, visto che sono uno scrittore che bazzica in quell'ambiente, mi sono sforzato di ignorare tutti i suggerimenti secondo i quali, con la fine della Guerra Fredda, avrei dovuto dedicarmi ad altro. Con molta pazienza, ho cercato di spiegare che l'idea che i russi, alle prese con alcune momentanee difficoltà come la disintegrazione dell'impero sovietico, la bancarotta, il collasso economico e il caos politico, avrebbero desistito dallo spionaggio fosse soltanto un'illusione. In effetti, del Kgb è stata smantellata solo la sigla. E' stato ribattezzato Sluzhba Vneshney Razvyedki. Ma continua la sua vita di sempre a Yazenevo, un enorme complesso di palazzi a poca distanza dalla tangenziale che attraversa la periferia meridionale di Mosca. Continua a reclutare gli stessi agenti che furono utilizzati ai tempi del Kgb e ha allargato lo spettro dei suoi obiettivi, come i vicini ucraini e georgiani. Il suo nuovo direttore è Eugeny Primakov, uno 007 con un curriculum di tutto rispetto: è la prima vera spia che l'«Svr» abbia mai avuto. Tutti i direttori precedenti, infatti, erano di nomina politica. La scorsa settimana, i politici americani hanno inscenato il consueto rituale di sconcerto e di offesa, nonostante fossero perfettamente consapevoli che gli Usa dispongono di una rete spionistica in Russia e ben sapendo che sarebbero disposti a dare il braccio destro pur di avere un ufficiale russo sul loro libro paga. E può anche darsi che ce l'abbiano davvero. L'idea che lo spionaggio russo sarebbe terminato con la fine dell'ultimo capitolo della Guerra Fredda è sempre stata un nonsenso. Le cose non vanno in quel modo. La realtà è che lo spionaggio è parte della nostra natura, ora e sempre. Amen. Quando la prima tribù di cacciatori scoprì un bosco particolarmente ricco di bacche, la tribù vicina sentì subito il bisogno di sapere cosa stessero facendo i «bastardi». Da allora, non si è più smesso di tentare di sco- prire cosa stessero facendo gli altri. La Bibbia abbonda di riferimenti ad agenti e spie utilizzati per scoprire le intenzioni del nemico. Il generale del Vecchio Testamento Gedeone fu probabilmente il primo ufficiale delle forze speciali. Anche le leggende e i racconti greci e romani sono ricchi di allusioni a spie, agenti, infiltrati e assassini. Cosa fu il Cavallo di Troia se non una brillante operazione di «deception»? Il primo 007 britannico fu Sir Francis Walsingham, lo spietato agente di Elisabetta I che la salvò dai complotti papisti. Era a capo di una rete di spie che intercettavano, leggevano e poi richiudevano attentamente le lettere sigillate che arrivavano da Parigi, Madrid e Roma. Da allora, in Europa, lo spionaggio non ha fatto che crescere, con gli ultimi arrivati - i russi che hanno rapidamente conquistato le posizioni di vertice, anche grazie alle loro caratteristiche congenite di paranoia e xenofobia e alla maestria nel gioco degli scacchi. I comunisti sovietici, comunque, non hanno inventato lo spionaggio, così come non hanno inventato la repressione. Si sono limitati a mantenere in vita con infinito impegno un'antica tradizione. I Romanov disponevano di un servizio segreto tanto capillare e brutale quanto la Ceka di Lenin. Quando gli zar si misero in competizione con la Gran Bretagna per la conquista dell'India, Rudyard Kipling definì le operazioni di spionaggio e controspionaggio sul Khyber Pass il «grande gioco». Nelle democrazie occidentali, l'opinione pubblica viene a conoscenza solo dei fallimenti. Nelle dittature, invece, le sconfitte possono essere tenute nascoste o addirittura negate. Comunque, nei 40 anni della Guerra Fredda, l'Occidente - e in particolare la Gran Bretagna - hanno avuto più successi che fallimenti. Buona parte delle nostre sconfitte sono avvenute molto tempo fa e ave¬ vano motivazioni ideologiche: Philby, Burgess, Maclean e Blake furono tutti comunisti convinti. I traditori americani risalgono a tempi più recenti e - come nel caso di Ames - il motivo è sempre stato il denaro. I giorni in cui lo Zio Sam poteva ironizzare sulle talpe britanniche sono ormai finiti. D'altra parte, due dei tre maggiori agenti che sono passati all'Occidente furono reclutati e utilizzati proprio dagli inglesi: Oleg Penkovsky e Oleg Gordievsky. Il ruolo-chiave dello spionaggio è ben dimostrato dalla storia. Nel '41, Richard Sorge rivelò a Stalin che il Giappone non avrebbe invaso le coste estremorientali dell'Urss. Stalin, così, potè trasferire 40 mila truppe mongole che salvarono Mosca. Elie Cohen passò ai suoi colleghi del Mossad l'intero piano di battaglia arabo della guerra del '67. Il mondo osservò stupito come agli israeliani bastarono appena sei giorni per distruggere quattro eserciti nemici e si chiese: come facevano a sapere così tanti segreti? Durante la crisi di Cuba, Kennedy giocò contro Kruscev la partita più pericolosa mai giocata. Pochi sapevano che il colonnello del Gru, Oleg Penkovsky, aveva rivelato a Washington il bluff del leader sovietico. Stavolta, con l'affare Ames la Russia ha messo in grave imbarazzo lo Zio Sam. La prossima volta avverrà l'opposto. Il «grande gioco» di Kipling non si ferma. Frederick Forsyth Copyright «Daily Mail-Solo» e per l'Italia «La Stampa» Anche gli Stati Uniti hanno in Russia le loro reti e darebbero tutto per un traditore Da sinistra: il presidente Kennedy e Mikhail Gorbaciov. Sotto: Aldrich Ames, spia russa alla Cia Le spie non saranno mai abolite: il mondo oggi non è più sicuro di cinque anni fa
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