Il reame dei Rothschild ritorna nel ghetto

Tutti a Francoforte per celebrare il fondatore Tutti a Francoforte per celebrare il fondatore Il reame dei Rothschild ritorna nel ghetto BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Riapriranno idealmente la casa di famiglia e per pochi giorni - da oggi a lunedì - Francoforte sarà di nuovo «la città dei Rothschild», una dinastia multinazionale come la ricchezza che l'ha resa celebre e potente ma cominciata qui, nella «città delle banche» diventata simbolo della nuova forza economica tedesca. Torneranno in ottanta da Parigi, Londra, Vienna - le capitali di quella che cent'anni fa era considerata la «sesta potenza d'Europa», il «regno dei Rothschild» appunto - per celebrare Mayer Amschel, il fondatore nato il 24 febbraio del 1744 nella casa numero 148 del ghetto ebraico. Quella contrassegnata dal «rot Schild», «l'insegna rossa». Quella dove prese l'avvio una straordinaria saga di ricchezza e di prestigio, di filantropia e di lavoro ma soprattutto di riservatezza e aggregazione. Di famiglia, appunto: «Siamo come un orologio, ogni elemento è indispensabile», dicevano di sé i discendenti di Mayer Amschel che, forse per preservare questa complicità rara, si sposavano spesso fra di loro (Jacob con la nipote Betty, i suoi quattro figli con altrettante cugine). Nel palazzo affacciato al Meno e risparmiato dalla guerra dimora dei Rothschild fino al 1901, quando la famiglia lasciò definitivamente la città, oggi sede del Museo ebraico - ci saranno protagonisti e comprimari per la prima volta tutti insieme: uniti dalla doppia magia del nome e della storia confusa con quel nome. Ma ci sarà soprattutto la leggenda cominciata 250 anni fa nel ghetto ebraico. Con Mayer Amschel, il mercante di vino e stoffe trasformatosi in banchiere grazie alla fiducia e all'appoggio di Guglielmo IX d'Assia-Kassel. E con i suoi cinque figli maschi Amschel, Nathan, Salomon, Cari e Jacob: le «frecce della casa», come li definiva il padre destinandoli a «far fermentare» la potenza di famiglia. Quella prima, mitica generazione si sparse per l'Europa alla ricerca di merci e affari negli anni di Napoleone e delle guerre che cambiavano volto al continente: a Vienna approdò Salomon, a Napoli andò Cari, a Parigi Jacob (che in Francia diventò James), a Londra Nathan. Soltanto Amschel - il primogenito che si chiamava come il padre - restò «a casa», ma i cinque fratelli conservarono sempre un legame singolare ed esclusivo che spiega la fortuna immensa di questa dinastia «europea». La prima, forse, ad attraversare le frontiere e a trapiantarsi in società lontane conservando sempre la solidarietà del clan, scambiandosi segreti e informazioni capaci di cementare gli affari «di famiglia». Due episodi documentati ma considerati, spesso, una fantasia didascalica a beneficio della dignità dinastica, riassumono il potere e l'influenza che i Rothschild avevano sviluppato nell'Europa di cent'anni fa. Quando il figlio di James, Alphonse, alla guida di un consorzio bancario internazionale concesse allo Stato francese i due grandi «prestiti di liberazione» dopo la sconfitta con la Prussia, nel 1871 e nel 1872, brindò al successo: «La mia autorità ha salvato il potere del capo del governo Adolphe Tiers», disse senza esserne smentito. Quando tre anni dopo, a Londra, il governo britannico gli chiese aiuto, Lionel - cugino di Al¬ phonse - riuscì a trovare in ventiquattr'ore 4 milioni di sterline: quelli che consentirono all'Inghilterra di diventare il principale azionista della Compagnia di Suez. Anche Lionel potè brindare senza immodestia e senza mai essere smentito - al suo ruolo di «salvatore della patria». Ma non erano già stati loro, i Rothschild, ad aiutare Wellington contro Napoleone? Non era stato Nathan, da Londra, a inviare casse d'oro ai fratelli Salomon e James perché il denaro - attraverso complesse transazioni realizzate con l'appoggio di banchieri parigini e spagnoli compiacenti - arrivasse alle truppe inglesi di stanza in Portogallo? Non era stato James (che i fratelli Goncourt chiamavano «il satrapo dell'oro con la bocca a forma di salvadanaio», e che a Stendhal avrebbe ispirato il padre di Lucien Leuwen) a prestare a Cavour il denaro necessario per pagare gli indennizzi all'Austria? Questa disposizione ad esercitare influenza politica fino a confondersi col destino di un Paese, valse onori insigni a figli nipoti e pronipoti di Mayer Amschel: Amschel e i suoi fratelli divennero baroni dell'Impero d'Austria e trasmisero il titolo agli eredi; un Rothschild è stato il primo ebreo ad entrare nel Parlamento britannico, un altro è stato il primo a diventare Pari d'Inghilter- ra; James ricevette la Legion d'Onore, sedici anni dopo aver fondato la sua banca in rue Laffitte e avere accumulato una fortuna valutata dai biografi in 150 milioni di franchi (quando il sessanta per cento dei francesi poteva contare su cinquecentomila franchi l'anno). Oggi - e nel Palazzo affacciato al Meno qualcuno forse lo dirà - restano soprattutto la ricchezza, ancora immensa, e la leggenda: quella di una famiglia capace come poche altre di sopravvivere anche al proprio mito. Lo sa bene il barone Guy, pronipote di James, al quale nel 1981 Mitterrand nazionalizzò la banca di rue Laffitte, emblema della dinastia «francese» e delle sue fortune straordinarie: «Della maison Rothschild non resterà che qualche briciola, forse nulla», ha scritto con ironica polemica nell'autobiografia uscita qualche anno fa in Italia {Buon viso alla fortuna, editore De Agostini), nella quale racconta che cosa vuol dire «vivere da Rothschild». «Ebreo sotto Pétain, paria sotto Mitterrand. Ricostruire sulle macerie due volte in una vita è troppo. Pensionato per forza, mi dichiaro in sciopero». Emanuele Novazio In 80 da Londra, Vienna e Parigi La saga di ricchezza dura da 250 anni «Siamo un orologio: ognuno di noi è un elemento indispensabile» othschild. In alto a sinistra, uy de Rothschild lie. A destra nealogico del casato Mayer Amichel Rothschild 1744-1812 Edmund Rothschild. In alto a sinistra, il barone Guy de Rothschild con la moglie. A destra l'albero genealogico del casato Nicholas Rothschild. In alto a destra, James Rothschild, fondatore del ramo francese della famiglia