Governo, colpo di coda ai veterinari; la Grecia vuole buoni vicini di Mario Ciriello

Governo, colpo di coda ai veterinari; la Grecia vuole buoni vicini lettere AL GIORNALE Governo, colpo di coda ai veterinari; la Grecia vuole buoni vicini Una cassa di troppo e contributi arretrati Tra gli ultimi colpi di coda di questo sciagurato governo, è degno di nota l'art. 11 della «Finanziaria 1994». Con questo articolo viene fornita «l'interpretazione autentica» (sic!) del precedente art. 32 della Legge n. 136/91 di «Riforma dell'Enpav» (Ente Nazionale Previdenza Assistenza Veterinari). Con questa «interpretazione» vengono annullate più di 5000 cancellazioni dall'Enpav effettuate dal 1991 da parte di veterinari dipendenti Usi. Questi veterinari adesso non solo si trovano costretti ad iscriversi obbligatoriamente e con effetto retroattivo ad una seconda cassa pensionistica, ma anche a versare entro il 1° marzo i contributi arretrati, che superano largamente nella stragrande maggioranza dei casi i quattro milioni di lire. Il Sindacato Veterinari di Medicina Pubblica ha già inoltrato ricorso alla Corte Costituzionale. Ma intanto: paga, Bertoldo. dr. Alessandro Paronuzzi Presidente Ordine Veterinari della Provincia di Trieste Viva il matrimonio di condominio La stragrande maggioranza degli italiani si ò sentita sollevata dalla recente direttiva Cee sui matrimoni gay. La sfrenata fantasia italica si è lanciata in ipotesi sempre più progressiste. Abbandonate le rumorose risse elettori li (che perù, riconosciamolo, sono «all'americana») ogni cittadino, di sesso vario, ha accarezzato ipotesi ricche di sviluppi entusia smanti (che solo spirili retrivi e ciechi non vogliono accettare). Perché non riconoscere, se le parole hanno un senso, anche i matrimoni fra più persone (tre, quattro ecc..) con varie combinazioni sessuali? E, una volta introdotto questo concetto, chi ci tratterrà dal riconoscere, dopo le opportune lotte civili, il cosiddetto matrimonio condominiale? Non è chi non veda i piacevoli effetti che tale conquista avrebbe sulla convivenza abitativa. Ma c'è di più. Tutti sanno, è inutile nasconderlo, che è alle porte la clonazione delle proprie cellule Idi cui si dovrà occupare il servizio sanitario nazionale, come è giusto). Potremo riprodurre una copia di noi stessi e, per naturale affezione, potremo sposarcela, con parecchi vantaggi legali. Già oggi essere sposali con se stessi è una prerogativa dei singles. In futuro, è questa la mòta cui dovremo mirare pena l'accusa di provincialismo, chiunque sposato con se stesso tenterà approcci sentimentali con persone dell'altro sesso dovrà essere condannato per il reato di adulterio. Franco Gallo Modena, Torino Le «provocazioni» della Macedonia Con grande disappunto ho notato che per la stampa italiana le posizioni greche su certe questioni continuano ad essere oscure e malintese. La Grecia non si è mai opposta alla creazione della ex Repubblica jugoslava di Macedonia (adesso riconosciuta per lo più come Fjrom e fino dopo la fine della seconda guerra mondiale chiamata Vardarja) e tanto meno al diritto dei suoi abitanti di avere un loro Stato indipendente. Anzi, guarda a ciò con favore, e si è dichiarata disposta ad aiutare il nuovo Stato come meglio possa (fino adesso per lo più coprivano i loro bisogni di petrolio dalla raffineria statale greca Eko). Uno Stato però pacifista, un «buon vicino», che rispetti i diritti dell'uomo. Al di là del modo in cui vengono trattate le minoranze in Fjrom, questo Stato intraprende una serie di provocazioni contro la Grecia: la stella di Verghina, simbolo degli antichi macedoni, sulla bandiera nazionale; il nome scelto, appunto Macedonia, nome del territorio greco confinante; il fine dichiarato di liberare i macedoni irredenti (quali sarebbero?); la stampa di carte topografiche che comprendono nel Fjrom il Nord della Grecia (fino a Larissa), ecc. La Grecia non chiede né più né meno di smettere questa serie di provocazioni e stabilire rapporti di buon vicinato, da Stato civile. Non si può certo incriminare la Grecia per queste sue pretese. I nostri colleghi nell'Unione Europea dicono: «Ma come può la Grecia avere paura di un povero e piccolo Stato?». Qui sta un'assurdità: dicendo ciò, non si negano i propositi maligni di Fjrom, ma si dubita che Fjrom ab¬ bia realmente la forza di conseguirli. Oggi. Domani? E soprattutto che uso ne possono fare Albania, Serbia, Bulgaria o Turchia per il conseguimento del sogno della grande Albania, la grande Serbia, la grande Bulgaria o la Turchia «dall'Adriatico fino agli Urali». Ricordiamoci bene come cose che nella scena internazionale oggi sono realtà, solo sei anni fa sembravano fantascienza. Chiediamoci perché mai la Bulgaria ha riconosciuto subito Fjrom come Macedonia, ma ha negato l'esistenza di un popolo macedone (ndr: il riconoscimento per il diritto internazionale non incide comunque sulla oggettività giuridica avendo valore strettamente politico). Quindi non si tratta di naziona¬ lismo greco semplicemente perché la Grecia non chiede niente che non le appartiene se non il mantenimento della pace nei Balcani. Non me la sento di spiegare agli italiani, che conoscono bene perché in qualche modo è anche storia loro, chi fossero i macedoni, Filippo, Alessandro, Aristoteles, Giustiniano, ecc. e quando sono venuti gli slavi e i bulgari in Europa. Oggi i nostri colleghi in Europa si comportano come se fossero loro gli unici interessati alla pace nei Balcani. Non è forse la Grecia il Paese che maggiormente si danneggia economicamente dalla guerra? Non è la Grecia da coinvolgersi per prima in una avventura bellica, in caso di allargamento della guerra? Spesso si dice che la Grecia non rispetta la solidarietà europea. Si dimentica però che non c'è colpo più brutale per l'Unione Europea del comportamento dei Paesi che si disinteressano ai problemi vitali di uno Stato membro, e cercano di conseguire egoisticamente i loro interessi. Se l'Unione Europea tradisse il diritto della Grecia alla sua sicurezza e consistenza territoriale, nessuno Stato razionale potrebbe fare più affidamento sull'Unione Europea. All'inizio Fjrom non teneva una linea così dura nei confronti della Grecia ma proprio la mancanza di solidarietà europea li ha spinti a scaglionare le loro provocazioni per poter dopo in caso di un negoziato concederne una parte. Evangelos Tsalcalos Le privatizzazioni della signora Thatcher Leggo su La Stampa di ieri) un articolo da Londra, di Mario Ciriello, a proposito della signora Thatcher e della eredità del suo lungo governo liberista. Bilancio economico totalmente deludente, un disastro, uno «spettro che tutti gli inglesi vogliono dimenticare e seppellire»: questo ò il verdetto del vostro corrispondente dalla Gran Bretagna. All'aeroporto, l'altro ieri, ho comprato una copia del New York Times, giornale liberal e attendibile come La Stampa. In prima pagina un articolo di Richard W. Stevenson. Titolo: «Le privatizzazioni inglesi hanno avuto un costo, ma ci lasciano una catena di successi» («The Pain of British Privatisations has Yielded a String of Successes»). Il giornale newyorchese ci racconta che la Rover era uno straccio, ma da quando è stata privatizzata è diventata un boccone appetibile: la Bmw sta facendo carte false per papparsela. Lo stesso per British Airways (linee aeree), per il colosso delle telecomunicazioni, per quello dell'acciaio (British Steel, unico complesso siderurgico che fa profitti in Europa), per la società di gestione degli aeroporti, per i consorzi dei trasporti e del cablo: tutti gruppi moribondi, e ora risorti. Il giornale non nasconde, fin dal titolo, che tutto questo ha avuto costi sociali e non ha prodotto grandi risultati sul mercato del lavoro. Il liberismo duro della Thatcher non ha risolto i problemi creati dagli eccessi dell'assistenzialismo, ma sul piano economico non sembra uno spettro da dimenticare e seppellire. Perché non proviamo a dimenticare e seppellire una visione ideologica delle cose, sforzandoci di dare giudizi equilibrati e non retorici sulle cose che ci succedono intorno? Giuliano Ferrara Certo, le privatizzazioni sono state un successo, e Ferrara correttamente le menziona, così come le ho menzionate io nel mio articolo. Purtroppo, le privatizzazioni non sono state sufficienti a impedire il declino complessivo dell'economia britannica. I fatti sono quelli che sono, non hanno nulla a che fare con le ideologie o le teorie. Nonostante l'immensa libertà data da Margaret Thatcher all'iniziativa privata, l'economia britannica, nei 14 anni tra il '79 e il '93, è cresciuta soltanto del 25%, un miserrimo 1,7% l'anno, un record negativo tra le nazioni industriali. Queste realtà, e altre assai più drammatiche, sono documentate quotidianamente dalla stampa tory, dalla Bbc e da mille studi internazionali. [m. ci