L'Italia perde il treno andata e ritorno
Le ferrovie sostituiscono il vecchio biglietto con un carnet di quattro tagliandi Le ferrovie sostituiscono il vecchio biglietto con un carnet di quattro tagliandi L'Italia perde il treno andata e ritorno VIAGGIATORI con biglietto di «andata e ritorno» affrettatevi: dal 10 marzo non esisterà più. Il ministero dei Trasporti ha deciso di abolirlo, sostituendolo con un carnet di quattro biglietti valido «per qualsiasi destinazione». Sarà un segno di modernità, di emancipazione: se si sa che parti è anche discreto non sapere che torni. Vero, verissimo. Eppure quel biglietto di «andata e ritorno» costituiva una sicurezza per sé e gli altri. Dava, perché sarà banale ma vero che «partire è un po' morire», fiducia poter dichiarare allo sportello della stazione quell'ondata e ritorno». Metteva al riparo da sguardi e malelingue. Uno si metteva in viaggio e non in fuga. E qualora fosse stata una fuga, sarebbe stata comunque con ritorno. Niente allarmismi, nessun Mattia Pascal allo sportello. Si può anche pensarla in modo diametralmente opposto: basta con i ficcanasi. Se torno non torno, sono fatti miei. Siamo cittadini del mondo. Si prende e si parte. Giusto. Ma la melanconia è forse sull'espressione che se ne va, si perde. Un addio a quell'«andata e ritorno», che andrà a finire nel magazzino dei modi di dire non più in uso, delle parole-oggetto, come corriera o torpedone, che datano fortemente un periodo e diventano poi buone per canzoni alla Paolo Conte. Con la sparizione di quel biglietto e di quel modo di dire non ci perde solo un'Italia pendolare tra luogo di lavoro e affetti ma anche tutta una letteratura e una cinematografia che giocava sull'«andata e ritorno», dal neorealismo alle fughe di Salvatores, dalle «ferrovie locali» di Cassola, ai treni di Vittorini e di Pavese, di Volponi e Ottieri. Ci perderà ii teorico del «delitto perfetto», quello che in tasca poteva avere la prova della sua innocenza. <(Andata e ritorno», addio. Cade la sicurezza di un modo di dire e di essere. Ci sentiremo tutti più emigranti, come è accaduto a tante generazioni passate. Ci sentiremo più emigranti in casa. E questo forse ci indurrà a riflettere su tanta altra gente che un biglietto di ritorno in tasca non l'ha. Forse potrebbe essere l'occasione per capirli di più. E' un piccolo sradicamento psicologico quello a cui il ministero dei Trasporti costringe. Un passo verso la mobilità, il nomadismo? E' possibile, così come è impossibile stabilire la causa prima del distacco e nascita dei continenti. Certo è invece che dalle Ferrovie risponderanno che è solo un modo per favorire il viaggiatore e farlo risparmiare. Ci diranno che il carnet, che potrà essere «personalizzato», sarà una comodità, valido per un raggio fra i 70 e i 350 chilometri (gli sconti va da sé saran diversi) e costituirà un utile rinno¬ vamento nell'ambito della riorganizzazione dell'intero sistema ferroviario regionale e interregionale italiano. Sarà. Ma noi rimarremo con la memoria sulle pagine di Cassola e delle sue «ferrovie locali», fatte di abbonamenti e biglietti di «andata e ritorno», di viaggiatori che hanno avuto la fortuna di non conoscere, di non immaginare, neppure lontanamente i «carnet di biglietti», le combinazioni del tipo «paghi uno, prendi tre», l'intersecazione delle reti, gli scambi moltiplicati. L'andata e ritorno era un modo di vivere quotidiano, un sistema famigliare, quieto. Una cantilena. Lo spicchio giornaliero di un modo di intendere il mondo. D'ora in poi, e chissà per quanto, ci sarà la vertigine del confine, l'impressione che «indietro non si torna». Che esiste solo un «avanti». Non sarà mica anche questo un «effetto Berlusconi?» NicoOrengo SERVIZIO A PAGINA 11
Persone citate: Berlusconi, Mattia Pascal, Ottieri, Paolo Conte, Pavese, Salvatores, Vittorini, Volponi
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