«Non sono il boia di San Patrignano»

Cronache Per la prima volta Alfio Russo ricostruisce la morte di Maranzano e difende Muccioli «Non sono il boia di San Patrignano» Delitto in comunità, parla l'accusato CRONACA DI UN OMICIDIO RIMIMI DAL NOSTRO INVIATO Signor giudice. Mi chiamo Alfio Russo, dice ondeggiando sulle spalle. Ha gli occhi piccoli, la faccia larga, le mani rosse e una gran voglia di piangere. «Mi hanno chiamato killer, boss, massacratore, braccio destro. Io voglio essere giudicato come un uomo, non sono né un killer, né un massacratore, signor giudice». Per l'accusa è l'esecutore materiale del delitto di San Patrignano, il capo della porcilaia, reparto punitivo. «Saltò con i piedi sul collo di Roberto Maranzano, con tutto il suo peso. E lo finì così», racconta uno degli imputati. Lui dice: «Io, 5 o 20 pugni e calci glieli ho dati. Ma quando me ne sono andato Roberto era solo un po' bagnato e mi guardava per dirmi ce la faccio. Poi sono venuti a chiamarmi, guarda, ha perso i sensi. Invece, era morto». Parla Russo, per la prima volta, in pubblico. Difende Muccioli e anche se stesso, disperatamente abbracciato a San Patrignano, come si può essere avvinghiati solo a una ragione di vita. E' rotondo, porta i capelli neri tirati indietro e le basette lunghe. «Si può fumare?», chiede al carabiniere. No. «Scusate. Avete ragione», risponde. Ossequioso, gentile, ubbidiente. Veste come un ragioniere, camicia bianca, golfino blu e pantaloni grigi. I calzini corti. Le labbra che tremano. «Non voglio il pietismo, non cerco la pietà di nessuno. Mi sento molto in colpa, ho molte responsabilità, ma giudicatemi come un uomo». Nell'intervallo, sta seduto in un angolo, grande e grosso, e sembra un pugile, ma si liscia le mani come un prete, fissando lo scranno davanti a sé. «E' un debole», ha detto di lui il perito psichiatra Battistini. Un border line, ai confini con le sue nevrosi. «Lo irrita Maranzano perché vede nell'altra persona i suoi difetti peggiori, quelli che combatte con tutte le sue forze». I giornalisti lo avvicinano e lui li chiama ragazzi, «Vi parlo dopo, ragazzi, cercate di capirmi». Anche a San Patrignano li chiama tutti così, «i suoi ragazzi», magari come avrà imparato da Muccioli. «Maranzano era l'ultimo arrivato dei ragazzi, e anche lui si confidava con me». I ragazzi ogni tanto doveva menarli, «perché sembrava un asilo infantile, signor giudice». Doveva vedere, signor giudice. Eppure, Alfio Russo sembra un bravo tipo, solo un po' rozzo, dai modi così impacciati. «Scusate, ragazzi, io non parlo bene, non sono capace». L'altra sera, alla fine del¬ l'udienza, dopo aver sentito tutti, è scoppiato a piangere. E il giudice allora gli ha chiesto perché si ostinava a non parlare. Va bene, ha detto lui, parlo. E adesso eccolo qui, a raccontare. «E' la prima volta che ho pianto, in vita mia, non mi succede mai. Lo giuro signor giudice, ieri sera, la prima volta». Gli occhi, però, trattengono ancora lacrime, pure adesso. Le mani, tozze e pesanti, si agitano sull'asta del microfono. «Questa situazione mi ha distrutto. Ho sentito certe cose, volevo impiccarmi in carcere. Io ascoltavo le loro confidenze, li aiutavo. Ma perché? Non capisco perché mi hanno dato contro, i ragazzi. Fiorini dice che sono saltato con i piedi su Maranzano. Non è vero. Perché nessuno dice che sono andato via?». Parla, Russo, e il suo racconto resta sospeso fra le mille verità di San Patrignano. E fra i dubbi che cominciano a spuntare da quest'inchiesta. Lorandi, ad esempio. E' il grande accusatore. Non è fra gli imputati. Eppure, lui raccontò così la morte di Maranzano: «La mattina dopo si va molto presto in porcilaia dai maiali. Roberto viene picchiato nuovamente. Uno degli scagnozzi lo tiene, Alfio e l'altro lo picchiano. A un certo punto, Alfio mi chiama, devo sostenere Roberto mentre loro continuano a picchiarlo. E mentre cerco di sostenere questo poveretto mi accorgo che ormai è morto». Ma allora c'era anche lui. E perché il suo nome è sparito? «Perché è stato fatto un processo a senso unico», protestano le difese. Chissà. Aspettando la sentenza e la decisione su Muccioli. Il 4 marzo sapremo tutto. Sapremo quando comincerà il processo vero: quello a San Patrignano. Pierangelo Sapegno «Sì, l'ho picchiato, gli ho dato calci e pugni Ma quando l'ho lasciato Roberto era vivo» «Il reparto di cui avevo la responsabilità era un asilo infantile, dovevo alzare le mani» «A Vincenzo non abbiamo mai detto nulla» Delitto in comunità, parla l'accusato 1 IL REPARTO sono ACCUSA L'accusa dice: «Quello della porcilaia era un reparto punitivo. Chi sgarrava veniva picchiato». Fabio Mazzetto, imputato: «Era organizzato gerarchicamente. C'era un capo supremo, Alfio Russo. Poi, i suoi uomini di fiducia, Lupo e Persico. Fra questo vertice e la base, c'era un'altra struttura intermedia, di collegamento, rappresentata da Grizzardi e Lorandi». E Russo: «Dormivamo nello stesso camerone. Si lavorava alla macelleria e alla porcilaia. Quando rientravo alla sera, trovavo i bigliettini dei ragazzi sotto il cuscino. Mi confidavano le loro angosce. A volte era un asilo infantile, dovevo alzare le mani. Dopo nasceva un dialogo». l'ho picchiato, gli ho dato calci e pugni a quando l'ho lasciato Roberto era vivo» A fianco, Alfio Russo, accusato di essere l'esecutore materiale del delitto di Roberto Maranzano. Sotto, Vincenzo Muccioli Mi QUATTRO SCENE PER UN DELITTO Q L'OCCULTAMENTO D DEL CADAVERE «lo mi vergogno, signor giudice. Mi faccio schifo - dice Russo -. Ora, non voglio essere cattivo. Ma la verità è che abbiamo avuto paura tutti. E allora mi hanno convinto a portare via quel cadavere senza dirlo a nessuno». Domanda: E chi ha deciso di portarlo fino nel Napoletano? «Ah, non lo so. E' una cosa schifosa quella che abbiamo fatto, lo voglio pagare la mia parte». Eravate in tre? «No. Ezio e Lupo, c'erano solo loro». E poi? «Poi il cadavere è stato scoperto. E abbiamo pensato come affrontare i carabinieri. I più deboli li abbiamo portati via, in un'altra comunità. Abbiamo smontato i letti di quelli che non c'erano più per non destare sospetti. Sono rimasti in tre o quattro, i più forti, per dire che Roberto Maranzano era scappato». Grizzardi: «Sono rimasto io che avevo studiato e sapevo affrontare un interrogatorio». Russo: «lo avevo paura. E poi, quando sono stato chiamato dal giudice che mi ha puntato il dito e mi ha detto lei è un assassino, mi sono sentito morire. Mi sentivo responsabile di quel gruppo, mi sento responsabile della morte di Maranzano. Le parole non fanno resuscitare i morti. Ho fallito». O LA MATTINA ^ DEL DELITTO Russo: «Quella mattina, il 5 maggio '89, si impastava la farina. Dai Roberto/sbrigati, fallo tu, ho detto io. E gli altri: giusto, sono due giorni che non fa niente. Due sere prima l'avevo picchiato alle docce, perché avevo visto che s'erano azzuffati fra loro e c'era di mezzo lui. Gli avevo dato 3, 4 schiaffoni. Aveva solo un ematoma allo zigomo. Gli avevo detto stai calmo, riposati. Adesso mi aveva chiesto di tornare a lavorare. Bene, impasta tu, gli dico. E lui mi ha risposto male. Gli ho dato schiaffoni, pugni, calci, 5 o 20, non so quello che è stato. Sei uguale a tutti gli altri, ho detto. E mi sono allontanato. Quando l'ho lasciato aveva ripreso a impastare. Ho preso le sigarette, sono andato a fare un giro. Dopo un po' qualcuno mi chiama, Roberto è a terra. Due persone mi hanno portato Roberto nel corridoio, sostenendolo sotto le ascelle. Che cos'ha?, chiedo. E' svenuto, dicono. Gli prendo la testa e vedo i suoi occhi girati all'indietro, ma le sue gambe non sembravano flosce. Mollatelo!, faccio. E lui è caduto a terra. Gli abbiamo toccato il polso. Era morto». Il presidente: Qualcuno le ha detto chi è stato? «Non so chi sia stato, m'hanno detto che sono stati tutti quanti. In quel momento, poi, ci ha preso la paura, l'angoscia. Lupo è rimasto con il cadavere di Roberto, io sono andato su dai ragazzi: guardate che è morto». «Il reparto di cui avevo la responsabilità era un asilo infantile, dovevo alzare le mani» «A Vincenzo non abbiamo mai detto nulla» 4 IL RUOLO DI MUCCIOLI «Ragazzi, bisogna andare da Vincenzo a dirglielo che è morto Maranzano. E tutti mi sono saltati addosso, lo avevo paura di Vincenzo. Come facevamo? Tutti mi hanno trattenuto. Chi aveva la faccia di dirlo a Vincenzo? Alla fine abbiamo preferito far tutto da noi, cercare la macchina, organizzare il trasferimento». Il presidente Vincenzo Andreucci: in comunità, con Muccioli, avete mai parlato del fatto, ricostruito con lui la vicenda? «lo, signor giudice, non ce l'ho fatta subito e non ce l'ho fatta mai. E dopo 3 mesi e mezzo sono scappato. In tre, io, Lupo e Persico. A me dispiace molto 'sta cosa. Mi dispiace per quello che ho provocato a Muccioli e San Patrignano, che posso dire di più?» Mi A fianco, Alfio Russo, accusato di essere l'esecutore materiale del delitto di Roberto Maranzano. Sotto, Vincenzo Muccioli