Sette militari alleati dei boss di Fabio Albanese

12 A Catania: sono stati incastrati dalle confessioni di tre mafiosi pentiti Sette militari alleati dei boss Avvertivano Santapaola ePulvirenti dei blitz antimafia Sono accusati di corruzione e favoreggiamento personale CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Avvertivano i boss dei blitz imminenti, li invitavano a non telefonare da certi apparecchi, messi sotto controllo, raccontavano loro lo stato delle inchieste di mafia. Sette persone, tra poliziotti, carabinieri e guardie di finanza, sono state arrestate ieri con un'accusa infamante: quella di aver aiutato Cosa nostra ad agire, per anni, indisturbata. Dopo la cattura di Nitto Santapaola, Giuseppe Pulvirenti e degli altri capi storici della mafia catanese, alla fine vengono allo scoperto anche le protezioni che hanno garantito, per anni, le loro «mitiche» latitanze. Non dev'essere stato facile, per i poliziotti e i carabinieri che ieri hanno eseguito le ordinanze di custodia in carcere, serrare le manette ai polsi di sette loro colleghi: cinque poliziotti, un carabiniere e un finanziere che la procura antimafia di Catania accusa di corruzione e favoreggiamento, sulla base delle testimonianze di importanti pentiti di mafia e di precisi riscontri alle loro dichiarazioni. Si tratta di un vicesovrintendente della polizia di Stato, Antonino Fogliani, 43 anni, di tre assistenti capo, Giuseppe Rinaldo, 46 anni, Giuseppe Giuffrida, 38, Massimo Balzano, 40 anni, quest'ultimo già nella scorta di un alto magistrato della procura, di un assistente di polizia, Corrado Caruso, 30 anni, del carabiniere Vincenzo Mazzucco, 38 anni, e della guardia di finanza Salvatore Lavenia, di 37. Già da qualche settimana erano stati trasferiti o avevano cambiato mansioni. Ma tutto era avvenuto in gran segreto, per non farli insospettire che si stava indagando sul loro conto. I pentiti raccontano fatti precisi. D'altronde, da tempo in questura si sospettava l'esistenza di una talpa, di qualcuno che segnalava l'immi¬ nenza delle operazioni di polizia. Anche la cattura di Nitto Santapaola, avvenuta in un casolare nelle campagne di Caltagirone, nel maggio dello scorso anno, è emblematica: dopo dieci anni di latitanza, il capo catanese di Cosa nostra fu sorpreso nel sonno da un gruppo scelto di poliziotti. Ma nessuno, tranne i vertici, alla questura di Catania sapeva di quel blitz. Il questore Antonio Manganelli, del servizio centrale operativo, aveva radunato gli uomini a Reggio Calabria, portandoli sul luogo in elicottero senza farli passare da Catania. Uno dei pentiti che ha aiutato i giudici catanesi a far luce anche su questi inquietanti fatti, Claudio Severino Samperi, ha raccontato che Rinaldo e Fogliani andavano spesso a Mascalucia nella macelleria di Carmelo Grancagnolo, un altro pentito, «per riferire notizie riguardanti prossime operazioni di polizia in modo che i componenti della nostra organizzazione potessero tempestivamente allontanarsi». Di un altro poliziotto, il pentito dice che «forniva notizie sul tipo e sulle targhe delle auto civetta della polizia in circolazione». Poi, Samperi aggiunge: «Anche lui, come gli altri agenti, veniva retribuito». Secondo l'inchiesta, 0 carabiniere Vincenzo Mazzucco andava spesso nel negozio di fiori di Samperi, che si trovava a pochi metri dalla caserma principale dell'Arma, in piazza Verga, «per segnalare al nostro gruppo i catturandi». Mazzucco segnalava anche i telefoni messi sotto controllo dai carabinieri: «Per esempio, nel '91 e nel '92, mi avvisò, recandosi nel mio negozio di fiori, di non usare 0 telefono installato presso il salone del barbiere, sito di fronte, e di cui facevo uso». Samperi racconta anche di essere sfuggito alla cattura grazie ad una di queste soffiate. Non è solo lui a raccontare episodi del genere: nell'inchiesta ci sarebbero anche le dichiarazioni dello stesso Grancagnolo, «melu sucasangu», e Pippo Licciardello, «u pasticceri», assieme ad altri cinque o sei pentiti. Samperi e Grancagnolo hanno già chiamato in causa, oltre che decine di mafiosi, numerosi magistrati e politici, alcuni di primo piano, provocando i 158 arresti dell'operazione Orsa Maggiore nel dicembre scorso. A garantire una serena sopravvivenza a Cosa nostra, però, non ci sarebbero stati solo i sette arrestati ieri. Nell'elenco ci sarebbero molti altri uomini delle istituzioni: comandanti di stazioni dell'Arma, guardie carcerarie, ancora altri poliziotti. Fabio Albanese Il boss Nitto Santapaola scortato dai carabinieri in tribunale

Luoghi citati: Caltagirone, Catania, Mascalucia, Reggio Calabria