Il nuovo corso del compagno Eltsin

E all'alba, la libertà Dopo l'amnistia ai golpisti, illustra ai deputati un programma che pare scritto dall'opposizione Il nuovo corso del compagno Eltsin Controllo statale dell'economia, linea dura all'estero L'ex premier Gaidar: la guerra civile sempre più vicina MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Boris Eltsin si sposta al centro e lancia ramoscelli d'ulivo agli oppositori. Niente più riferimenti alla terapia-choc, niente più «caccia al nemico». Dice che, se tornasse indietro, rifarebbe le stesse scelte dal gennaio 1992. Ma è solo una battuta. Il resto è correzione - e sostanziale - della politica estera e interna che egli stesso ha impersonato in questi due anni. 50 minuti di discorso, accolti da un gelido silenzio e da un applauso formale e striminzito delle due camere dell'Assemblea federale riunite al Cremlino nella Sala dei Marmi. Gli oppositori l'hanno sfidato amnistiando tutti i golpisti e i suoi avversari. E lui glissa. Nei corridoi un deputato commenta sarcastico: «Sembra il discorso del capo dell'opposizione». Eltsin, che appare ristabilito, ripete che difenderà la linea riformatrice, ma riconosce che il peso delle riforme ha colpito troppo duramente la popolazione. «E' inammissibile dice - mettere in atto programmi governativi che comportino altri abbassamenti del tenore di vita». «Il peggior errore - esclama, dimenticando le sue stesse parole del 1992 - sarebbe di offrire una falsa alternativa: o il ritorno all'economia di comando amministrativo, oppure un'economia di mercato assolutamente pura, svincolata dal controllo statale. Entrambe le alternative sarebbero disastrose». L'inflazione dev'essere contenuta, ma lo Stato deve avere «un ruolo regolatore compatibile con le riforme verso il mercato». Modelli stranieri applicati alla realtà russa sono impraticabili. Un altro Eltsin, che abbraccia in molti passaggi le tesi «patriottiche» dei suoi oppositori, che si scaglia contro la corruzione e la criminalità dilaganti, che riconosce che la Russia è ancora molto lontana dallo Stato di diritto, che si trova in mezzo a un guado difficile dove coesistono alcuni elementi di mercato insieme ai resti del sistema amministrativo, dove il monopolio è ancora dominante. E ne trae le conseguenze. Una programmazione dell'intervento statale è «inevitabile». Lo Stato non può sparire dall'economia in questa situazione. Bisogna scegliere dove intervenire, non dare sussidi a tutti. Una gran parte delle imprese decotte dev'essere abbandonata. Ma bisogna decidere cosa produrre, cosa conservare, cosa sviluppare. «Il 1994 dev'essere l'anno dell'aiuto ai produttori». Sembra di rileggere il programma dei centristi di «Unione Civica» dell'estate 1992, quelli che allora furono accusati da Eltsin e da Gaidar di voler ritornare al comunismo. E in politica estera Eltsin è ancora più drastico. Se la Nato intende espandersi senza coinvolgere la Russia, «noi saremo contro». E' finita la fase delle «concessioni unilaterali» della Russia. E i Paesi dell'ex Unione Sovietica che discriminano le minoranze russe sappiano che Mosca non è disposta a considerare questo un loro problema interno. Al contrario è determinata a difendere i propri interessi e quelli dei russi all'estero. Tanto più - esclama il Presidente - che «una Russia forte è la più sicura e reale garanzia di stabilità su tutto il territorio dell'ex Urss». Il ministro degli Esteri Kozyrev ascolta preoccupato. Qualcuno ci fa sapere che diversi passaggi della relazione - una sintesi del documento più ampio distribuito poi ai deputati - sono stati induriti all'ultimo momento rispetto alla versione suggerita dal ministro degli Esteri. Eltsin non fa cenno alle polemiche con l'America delle ultime ore e lascia nel silenzio le spie «scoperte» dagli americani. Ma lancia uno strale sorprendente proprio contro il suo più fido alleato nel governo: la politica estera della Russia «manca d'iniziativa e di approcci creativi». La recente iniziativa sulla Bosnia, che pure Eltsin considera un successo, viene descritta come «un'eccezione». Sembra una campana a morto per Kozyrev, che alla fine se ne andrà con il muso lungo. Ma Eltsin è deciso ad accreditarsi ora come un difensore a oltranza degli interessi nazionali di Russia. «La politica estera è un modo per rafforzare il Paese e la Russia ha il diritto di agire fermamente». Pensiamo - aggiunge che ciò possa e debba avvenire nell'ambito della partnership con l'Occidente, ma «la Russia non è un invitato in Europa». Non s'erano sentiti questi toni in un discorso al Cremlino da molti anni a questa parte. Il commento del leader comunista Ghennadij Ziuganov è lapidario: «Se questo discorso fosse stato fatto prima dell'agosto 1991 non avremmo avuto il golpe e non avremmo perso due anni in battaglie feroci». Ma non è la pacificazione. Gl'intenti attuali di Eltsin sono stati accolti da molti esponenti delle opposizioni parlamentari con diffiden¬ za. L'amnistia farà uscire dal carcere Rutzkoi e Khasbulatov. E il loro ritorno in politica quello di Rutzkoi è fuori discussione - sarà nel segno della rivincita. La conversione al centro di Boris Eltsin sarà difficile. Potrebbe avvenire solo se Cernomyrdin e il suo governo riuscissero a raddrizzare la barca dell'economia prima che la tempesta sociale si abbatta sulla Russia. E l'ala radicale - fino a dicembre colonna portante del sostegno al Presidente - mostrava ieri vistosi segni di aperto malumore. Egor Gaidar insiste sui rischi di guerra civile. Parla dell'amnistia, ma descrive un quadro drammatico del disordine in cui il governo si sta muovendo e mette in guardia gl'investitori esteri dal «gettare denaro in una situazione di alta instabilità». Giuliette Chiesa