Sono azzurre le donne delle nevi
Compagnoni in gigante, Di Centa nella 30 km Dominio femminile nella «nostra» Olimpiade: altri due ori, in tutto diciassette medaglie Sono azzurre le donne delle nevi Compagnoni in gigante, Di Centa nella 30 km LILLEHAMMER DAL NOSTRO INVIATO E' stata un'altra giornata storica, per le donne d'Italia. Deborah Compagnoni e Manu Di Centa hanno sbancato Lillehammer. Una giornata lunga e sofferta, esaltante, indimenticabile per lo sport azzurro, non solo per quello della neve. Due gare che si sono svolte quasi nello stesso tempo, a pochi chilometri di distanza, con le belle notizie che si incrociavano sulle piste fra bandiere tricolori e lacrime di gioia. Ha cominciato Deborah sulle nevi di Hafjell. Alle dieci del mattino era al cancelletto di partenza della prima manche del gigante. Era scritto da qualche parte nel cielo, sotto una stella amica, che Deborah dovesse finire una gara maledetta: due anni fa ai Giochi di Albertville, Deborah urlò di dolore per il ginocchio in frantumi, alla settima curva della prima manche, e il grido raccolto da un microfono rimbalzò per il mondo come un'eco di sofferenza e sfortuna. Deborah aveva il pettorale numero 14, quel giorno, lo stesso che ha scelto ieri per chiudere il conto con la sorte e legare con un solo filo le amarezze del passato con le glorie del futuro. Deborah ha vinto la sua lunga gara, una gara durata due anni. Ha trionfato nella specialità a lei più cara, bella e brava, un angelo azzurro. Sulla pista di Hafjell, con il sole tornato a baciare la neve dopo le nuvole del mattino, Deborah Compagnoni si è scavata per sempre un posto caldo nel cuore di tutti coloro che amano lo sci e i suoi eroi. Deborah era tranquillissima. E' scesa nella prima manche aggredendo le porte e la neve. Nessun errore, nessuna incertezza. Alla fine era saldamente al comando davanti alla tedesca Gerg, all'austriaca Wachter e alla svizzera Schneider. Non si ve¬ deva, data la prova offerta, come le rivali potessero batterla, anche se fra i pali dello slalom non esistono sicurezze. Intanto Manu Di Centa si preparava a vincere nella 30 km a tecnica classica la sua quinta medaglia ai Giochi, ogni gara un colpo. A mezzogiorno e mezzo è partita la prima concorrente, l'americana King. Lei, Manu, ha cominciato la sua raggiante fatica alle 12,52, con il numero 45. Si è lanciata in pista come una furia, raggiungendo quasi subito Gabriella Paruzzi. Al rilevamento del km 1,7 era già in testa. Dietro, con il vantaggio di partire dopo, inseguivano senza successo le norvegesi Wold e Dybendahl e la russa Egorova. Davanti cedevano Vialbe e Kirvesniemi. Manu divorava la neve fra due ali di folla. Alle 13 in punto, mentre nello stadio del fondo una ragazza az- zurra volava verso la sua seconda medaglia d'oro, in cima alla pista di gigante un'altra italiana aspettava con fiducia crescente l'appuntamento con la gloria. La seconda manche, tracciata dall'allenatore tedesco, assomigliava molto a un superG. Veloce, difficile, pieno di tranelli. Martina Erti scendeva rischiando l'impossibile e otteneva un tempo che bastava per cacciare indietro Wachter e Schneider. Hilde Gerg, vinta dall'emozione, cadeva nel muro finale. Toccava solo a lei, Deborah Compagnoni. Mentre scendeva come un siluro, volando fra le porte, Deborah sapeva già dì aver vinto. Lo sentiva dentro, come una musica che le uscisse dall'anima. Il cronometro scorreva lento. Alla qumt'ultima porta, una blu, Deborah ha avuto un'incertezza, no, un vago sbandamento e il cuore del suo popolo ha avuto un sobbalzo. Un attimo, poi l'azzurra ha tagliato il traguardo lasciandosi alle spalle, staccatissime, le nemiche battute. Manu Di Centa, sull'anello ghiacciato nel bosco, aveva aumentato il suo vantaggio. Trenta secondi. Anche lei pensava che nessuno l'avrebbe raggiunta più. La Wold recuperava qualcosa, ma i tecnici seguivano la situazione e la tenevano informata. Alle 2,17, proprio mentre all'arrivo del gigante si spegnaveno gli ultimi fuochi per il trionfo di Deborah, Manu tagliava il traguardo e affondava il viso nelle neve. Poi si rialzava e si guardava attorno ridendo e piangendo, piangendo e ridendo. L'abbraccio con il padre Gaetano, suo primo allenatore, è stato infinito come l'allegria che le riempiva il cuore. Carlo Coscia Due grandi imprese in pochi minuti: emozioni e lacrime Lillehammer'94 j E La finlandese Kirvesniemi (a lato) si felicita con Manu Di Centa caduta j dopo il traguardo; in alto, Tomba E Deborah Compagnoni ha bissato il successo di Albertville: allora s'impose in superG, ieri in gigante
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