Piero, l'acchiappafantasmi di Alessandra Comazzi

Piero, l'acchiappafantasmi Tivù & Radio: Chiambretti lavora in parallelo e smonta l'ufficialità Piero, l'acchiappafantasmi CHE sensazione di leggera follia, guardare alla televisione il Festival di Sanremo, e ascoltare alla radio il controcanto di Piero Chiambretti, finalmente tornato ai microfoni di qualcosa. Lo avevamo perso dopo alcune puntate di «Servizi segreti» su Raitre, adesso lui gira con una gran barba posticcia «perché la tv è finita, mi fa crescere la barba, è tutta uguale, piena di politici, io passo alla radio». Infatti dopo il Festival continuerà nel genere, riproponendo a modo suo la vecchia hit parade di Lelio Luttazzi. Il programma parallelo di Chiambretti ha un titolo altamente simbolico, «Il fantasma del palcoscenico», dove i fantasmi si possono annidare dovunque, li cerca anche la voce del doppiatore di Alfred Hitchcock nei telefilm italiani, quelli preceduti dalla «Marcia funebre di una marionetta» di Gounod. Primo fantasma, dice Chiambretti, Pippo Baudo; secondo, il Festival medesimo, poi via via Berlusconi, anche Occhetto. Mentre Baudo bello impettito nel suo smoking di velluto, accompagnato da Anna Oxa tutta bianca in bianco e Cannelle tutta nera in nero, seni facenti capolino un po' qua un po' là, mentre Baudo and his Girls, dunque, recitano compitamente la loro ingessata parte, Chiambretti ne dice di cose, per radio. La radio ti lascia parlare, tanto ti sentono in pochi, e allora puoi definire Canale 5 «il regno del water closed» o la canzone della Berte, ((Amici non ne ho», come quella «dedicata a Craxi»; cose che non si potrebbero esprimere dall'altra parte della barricata, in quella sede lì. Pippo introduce il balletto sui tamburi di «Forty Second Street», classico musical di Broadway, e dall'altra Piero cerca disperatamente qualcuno che canti le lodi di Aragozzini, l'Uomo del Festival per tanti anni; poi sottolinea l'effettiva insensatezza di un tiptap ficcato in mezzo ai tulipani di vetro che, in vago stile liberty, infiorano il teatro Liberty. Chiambretti sa anche fermarsi per farci ascoltare cantanti e presentatori. Zitto zitto se ne resta, a esempio, quando Faletti dice la sua strana poesia-canzone, «Minghia signor tenente», davvero strana, sui ragazzi delle scorte, un po' stridente in mezzo ai fiori di Sanremo. Sa stare zitto, Chiambretti, consentendoci dunque di seguire il Festival comunque, anche se da una diversa angolazione. E intanto Pippo Baudo, nei secoli uguale a se stesso, introduce tranquillo e serio, baluardo di una serena continuità. Che cos'è meglio, allora, nei giorni che restano, guardare la tele o sentire la radio? Forse fare l'una e l'altra cosa può portare un poco di schizofrenia, ma è schizofrenia simpatica, potremmo sentirci qui di consigliarla. Ascoltare solo la radio è esagerato, davvero troppo snob. Guardare solo la televisione è ugualmente alienante, alla fine assai noioso. D'altra parte, da quando l'Auditel ce lo dice, sappiamo che il Festival di Sanremo è sempre in testa alle classifiche dei programmi più visti in assoluto, insieme con le partite della Nazionale. Canzone e pallone, rassicurante noia. Alessandra Comazzi

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