Brindano i compari ceceni aspettando la liberazione di Cesare Martinetti

Brindano i compari ceceni aspettando ia liberazione Brindano i compari ceceni aspettando ia liberazione AL CARCERE CMOSCA OGNAC e vodka per il compagno Ruslan che torna tra noi. Fa un freddo cane davanti al carcere di Lefortovo, l'aria è buia, la neve cade piccola piccola, nelle tre Mercedes piene di ragazzi con la faccia scura i bicchierini di cristallo passano allegri di mano in mano. E' il brindisi dei ceceni che salutano la liberazione di Ruslan Imranovich Khasbulatov, ex presidente del Soviet Supremo di tutte le Russie, ex antagonista di Boris Eltsin, ex detenuto di riguardo di Lefortovo. In realtà, ieri alle 8 di sera, Ruslan Imranovich non era ancora uscito dal carcere. E nessuno sapeva quando sarebbe uscito. Ma al fondo della strada buia, davanti al cancello della prigione più famosa di Mosca, erano in tanti ad aspettarlo. C'erano la moglie e la figlia, sprofondate al fondo di una vecchia Zhigulì bianca, inavvicinabili. C'erano una pattuglia di cameramen e di fotografi, un po' di pensionati, qualche bambino che giocava tra i mucchi di neve. Ma soprattutto c'erano loro, una ventina di ragazzi della Cece- nia ad aspettare il ceceno Khasbulatov, distribuiti su grosse auto scure a ricordare che da queste parti - comunismo o non comunismo - i clan nazionali sono una cosa seria. Khasbulatov e Aleksander Rutzkoi, fino a cinque mesi fa vice di Boris Eltsin al vertice della Russia, sono i due imputati eccellenti dell'inchiesta sui «fatti di ottobre». Sono stati i capi politici della resistenza al decreto di Eltsin che scioglieva il Soviet Supremo. Ma con loro sono in carcere una ventina di uomini. Ilja Konstantinov, leader del Fronte di Salvezza nazionale, da qualche settimana in sciopero della fame. Makashov e Achalov, generali, comandanti militari della «difesa» della Casa Bianca. Barannikov e Dunaev, ex capo del Kgb ed ex viceministro dell'Interno, vecchi amici di Eltsin. L'unico scarcerato - proprio ieri - è stato Aleksander Barkashov, leader del movimento neonazista Unità nazionale russa, alleato dei «rossi» nella difesa del Soviet Supremo. Ma Barkashov è uscito di prigione perfinire in ospedale dove sarà operato, non per amnistia. Contro tutti costoro l'accusa era stata fin dall'inizio blanda ed incerta: «Organizzazione di disordini di massa». Non alto tradimento o cose del genere. La giustizia russa fa male i conti con la politica. Anche per il primo golpe, quello dell'agosto 1991, il procedere del processo era stato incerto e perfino grottesco. Si era aperto quasi un anno fa, ad aprile, quando già da tempo tutti gli imputati erano stati scarcerati. Si era chiuso quasi subito con un rinvio di mesi per decidere se si potesse davvero fare un processo contro chi aveva tramato contro l'Unione Sovietica dal momento che l'Unione Sovietica non c'è più. Nel frattempo, molti dei dodici «golpisti di agosto» si sono ampiamente riciclati ributtandosi in politica, hanno partecipato alla campagna elettorale e due di loro, Anatoli Lukianov e Vassili Starodubzev, sono persino stati eletti nel nuovo Parlamento. E proprio Lukianov, commentando l'amnistia, ha rassicurato il Paese: «Torniamo verso la stabilizzazione: il fascismo non passerà». Amen. Cesare Martinetti Il video di Gorbaciov diffuso nei giorni del golpe

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