Sulle tv l'incubo della Consulta di Roberto Martinelli

IL PRESIDENTE DELL'ALTA CORTE Sulle tv l'incubo della Consulta Casavola: in estate la sentenza sulla Mammì IME IL PRESIDENTE DELL'ALTA CORTE LROMA A Corte Costituzionale si pronuncerà prima dell'estate su alcune delle norme che regolano il sistema radiotelevisivo, anticipando probabilmente le richieste del nuovo Parlamento. In particolare la Corte dovrà stabilire se la legge Mammì viola il principio che garantisce il pluralismo dell'informazione. Già il 30 gennaio 1990 la Corte si era orientata per l'illegittimità delle norme che, in assenza di un efficace sistema di garanzie per l'effettivo pluralismo dell'informazione, consentivano ai privati di trasmettere con qualsiasi mezzo e modalità. Ma la sentenza non venne mai pubblicata. Dieci mesi dopo, il 10 ottobre, la Gazzetta Ufficiale rese noto che la Corte aveva restituito il fascicolo al pretore di Varazze perché nel frattempo era stata approvata la legge. Francesco Paolo Casavola, presidente della Consulta, faceva parte di quel collegio come giudice. Ricorda che la Corte attese quasi un anno per una «forma di legittima collaborazione con il Parlamento che aveva ormai deciso di mettere mano ad una disciplina non più procrastinabile». La stessa forma di collaborazione tra Corte e governo scattata nei giorni scorsi dopo la sentenza che ha annullato la norma della legge Martelli che aveva introdotto il reato di sospetto possesso di capitali? «Da alcuni organi di stampa siamo stati accusati di aver fatto un favore alla mafia, ma in realtà la norma era palesemente incostituzionale e indifendibile perché violava il principio di presunzione d'innocenza. La confisca dei beni e la reclusione per un'autonoma fattispecie di reato di sospetto a carico di chi avesse un procedimento penale non ancora concluso, costituivano una mostruosità giuridica nel sistema penale. E ancora: chi possedeva beni in egual misura sproporzionata rispetto al reddito o ad attività economica e non fosse stato inquisito, la passava liscia». Quindi una violazione del principio di eguaglianza... «Non solo: chi si trovava in una semplice situazione di sospetto doveva provare la legittimità della provenienza dei suoi beni. E questo era inversione dell'onere della prova, un sovvertimento di un principio di civiltà giuridica». Il giorno dopo il governo ha emanato un decreto ed ha adeguato la nuova norma alla sentenza della Corte. «E' stato un caso in cui si è dimostrata una spontanea unità di intenti tra Corte e governo. Per evitare che si creasse un vuoto legislativo il governo è intervenuto immediatamente. E' quindi evidente che il governo ha inteso dimostrare di voler ricevere degli input per garantirsi della costituzionalità delle norme che intende presentare per la conversione in legge». Anche in un altro caso, quello della regolamentazione dell'etere, la Corte Costituzionale aveva denunciato il pericolo di un oligopolio della informazione tv ma, secondo il Tar del Lazio, la Mammì non avebbe tenuto conto di queste indicazioni. «Questo lo deciderà la Corte. Vedo comunque che anche il garante dell'Editoria ritiene superata la Mammì e chiede che il Parlamento intervenga con nonne nuove.». Sono in molti a sostenere che questa legge va modificata. Lo dice il garante, lo sostiene il ministro delle Poste, lo chiedono a gran voce alcune forze politiche. La Corte terrà conto di queste istanze? «La legge non prevede in occasione del processo costituzionale alcun tipo di consultazioni, né con il governo né con il Parlamento. Quando ha bisogno di informative più dettagliate sulla dimensione del problema sul quale andrà ad incidere una nostra sentenza, la Corte pronuncia un'ordinanza istruttoria con la quale chiede al governo le notizie che interessano. Nel sistema che regola il nostro processo, il presidente del Consiglio ha un molo simile a quello che il procuratore generale ha nella giustizia ordinaria». Il sistema televisivo fa però capo al ministro delle Poste. «Il nostro interlocutore è il presidente del Consiglio. Sarà lui poi ad attivarsi presso i ministeri. D'altra parte la presidenza del Consiglio viene chiamata in causa ogni volta che una legge è sottoposta al nostro esame. Di fronte a situazioni obiettivamente mutate noi dialoghiamo con il giudice che ci rimette la questione. In questo caso sarà il Tar del Lazio che argomen terà sul superamento di certe di scipline della legge Mammì ed al lora staremo a vedere cosa deci derà la Corte». Il punto in discussione è la situazione di oligopolio che la legge ha creato, o meglio ha fotograto al momento della sua approvazione. «Bisognerà vedere quali tipi di parametri sono stati eventualmente violati. Qui vengono in gioco diversi valori tra cui il principio di eguaglianza, la libertà dell'iniziativa economica ed altri ancora». La Corte aveva già denunciato questi pericoli. «In passato, la Corte si era sempre battuta affinché nell'utilizzazione dell'etere fosse rispettato il pluralismo dell'informazione. Il quale non deve essere fittizio: se la provvista per mantenere diverse testate appartenenti a più canali tv è unica, vuol dire che il pluralismo è fittizio. Oppure se un grande raccoglitore di pubblicità mantiene finanziariamente più canali, vuol dire che dietro il pluralismo apparente c'è un oligopolio e nei casi più gravi un vero e proprio monopolio». Quale sarà il ruolo della Corte in questo difficile passaggio tra prima e seconda Repubblica? «La funzione della Corte sarà sempre quella di tutelare i diritti del cittadino, e della parte della vigente Costituzione che riguarda i diritti fondamentali saremo sempre inflessibili custodi. Per la parte che riguarda la forma di governo, i diversi poteri dello Stato, le competenze delle Regioni, la Corte tutelerà le rispettive sfere di attribuzioni. Tutte le modificazioni della forma di governo dovranno realizzarsi secondo il procedimento di revisione previsto dalla Costituzione. Non vedo come la Corte potrebbe intervenire in questa materia che appartiene al legislatore costituente». E chi deciderà i tempi e i modi di eventuali interventi della Corte? «Le regole che sono scritte nella Costituzione e nelle leggi. La Corte non ha un potere di intervento diretto, di ufficio. Deve essere legittimata ad intervenire secondo quelli che sono gli accessi obbligati alla sua giurisdizione. La Corte deve mantenersi rigorosamente neutrale finché non viene legittimamente investita di un problema». Quale è il segreto della Corte per mantenersi neutrale ed al di sopra delle parti? «Il segreto è nella sua composizione e nella diversa provenienza dei quindici giudici e nella pluralità delle loro esperienze professionali. E' veramente difficile pensare ad un condizionamento di un complesso di persone tanto variegato. Il fatto che una questione abbia un relatore non vuol dire che sia lui il "dominus" della decisione. Ogni sentenza viene decisa, letta e corretta collegialmente. Io stesso ho scritto qualche volta sentenze più come interprete delle persuasioni e della volontà di un collegio di 15 giudici che come portatore di una opinione personale». Roberto Martinelli «Ma il pluralismo dettìnformazione televisiva non può essere solo fittizio» A sinistra il presidente della Corte Costituzionale Fancesco Paolo Casavola, a destra l'ex ministro Oscar Mammì

Luoghi citati: Lazio, Varazze