Non cambiate, eroi poveri del fondo

Non cambiate, eroi poveri del fondo La dignità della loro fatica vale più dei miliardi di altri campioni. Tomba delude in gigante Non cambiate, eroi poveri del fondo PER chi ha la memoria lunga non può essere una sorpresa la grande affermazione dei nostri fondisti - uomini e donne alle Olimpiadi di Lillehammer. Era maturo il successo, e lassù, i grandi maestri dello sci nordico, lo avevano capito prima di noi, patiti di Tomba, l'eroe che ieri ha deluso. Fu alle Olimpiadi di Garmisch Partenkirchen, nel 1936, la nostra prima grande affermazione in questo sport, e fu quando la pattuglia di alpini, composta da Silvestri, Perenni, Sertorelli e Scilligo, conquistò la medaglia d'oro nella gara di fondo e tiro per pattuglie militari. Ma anche nel 1963 Marcello De Dorigo batté i nordici in casa; e Francesco Nones nelle Olimpiadi di Grenoble nel 1968 vinse una medaglia d'oro. Ventisette anni fa, ai campionati mondiali di Oslo, nella staffetta 4 x 10 la squadra azzurra si classificò terza. Fu una gara memorabile che allora lasciò stupiti i grandi fondisti nordici perché non era la vittoria di un singolo fuoriclasse; e la gente di lassù applaudì entusiasta i quattro «meridionali». Non come ieri l'altro, che l'immensa folla ammutolì di dispetto, rabbia e delusione quando il nostro Silvio Fauner batté sul filo del traguardo il superbo Bjorn Daehlie che, nelle gare che vinceva, prima di tagliare il traguardo si girava all'indietro in segno di scherno verso chi aveva battuto. Era povero, forse è ancora povero questo sport che ritengo tra i più genuini ora che sponsor, televisione, stampa fanno riempire gli stadi di tifosi e di non sportivi, che i mezzi vengono ostentati più che la volontà, la superbia più che l'intelligenza. Dopo le affermazioni di questi giorni si vedranno le piste del nostro arco alpino brulicare di ap¬ prendisti fondisti; magari con gli sci e l'abbigliamento dei campioni; e li vedremo goffamente tentare il pattinato oWpasso spinta per poi fermarsi ansanti dopo cento metri. Ma speriamo che tra i tanti ragazzi delle nostre valli e tra i giovani delle città ci siano anche i nuovi campioni per dare il cambio di generazione agli attuali. Lo speriamo anche per vincere il taedium vitae o la violenza. E poi, chi si afferma, se non ha la possibilità di diventare miliardario come Tomba, potrà sempre diventare un «forestale» o avere vita dignitosa in qualche Amministrazione pubblica. Non mi pare poco, di questi tempi. Forza ragazzi! «Prendi gli sci e andiamo a fare un giro», si diceva ai miei tempi uscendo da scuola. Non c'erano impianti di risalita per poi godere una discesa; le piste per i boschi non erano battute con i «gatti» ina con fatica, dandoci il cambio in testa, eravamo noi a batterle nella neve alta. Eravamo felici se il buon Gino Soldà ci lasciava raschiare il fondo dei barattoli dove aveva combinato la sciolina per i campioni di allora: i Rodeghiero, i Vuerich, i Compagnoni, i Pession. Le attrezzature erano povere come povero il nostro equipaggiamento: sci di hickory per i più fortunati, bastoncini di nocciolo, pantaloni alla zuava, un maglione fatto in casa. E magari scarponi con le brocche sotto. Nelle gare una coppa per la Società meglio classificata, una medaglia di vermeil per il vincitore. Qualche oggetto di abbigliamento era graditissimo. Una licenza premio per chi era soldato, e si dava l'anima per questa. Nel 1939, a Courmayeur, in una gara faticosa ebbi un premio di venti lire. Quella sera in un'osteria quattro amici mangiarono la pasta asciutta e bevettero due litri di vino. Il premio finì in questa felicità. Oggi abbiamo letto che il vedo Maurilio De Zolt ha festeggiato bevendo due buoni bicchieri di rosso. In fondo, nel fondo, siamo rimasti come allora. Mario Rigoni Stem

Luoghi citati: Courmayeur, Oslo