«Giù le mani dal cappuccino»

«Giù le mani dal cappuccino» PUBBLICO E PRIVATO I sindacati protestano contro il taglio dei salari e della «pausa bar» «Giù le mani dal cappuccino» Dagli statali una valanga di crìtiche a Cassese ROMA. Il cappuccino è amaro. Ai sindacati non va giù. Le organizzazioni degli statali hanno reagito con una valanga di critiche alla circolare del ministro della Funzione pubblica Sabino Cassese che ha messo al bando la pausa bar. I sindacati protestano per il taglio allo stipendio previsto per chi interrompe il lavoro per bere un cappuccino. «E' assurdo e ridicolo pensare di risolvere i problemi della pubblica amministrazione con questi presunti provvedimenti che possono colpire l'immaginazione di persone sprovvedute o in malafede», protesta Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil. «Credo che il ministro abbia del tempo da perdere, giusto per andare al bar e prendersi un caffè», ironizza Domenico Trucchi, segretario confederale Cisl, responsabile del pubblico impiego. Perplesso sugli effetti è Alfiere Grandi, segretario confederale Cgil, secondo il quale la circolare rischia di finire tra le tante carte dei tavoli dei soggetti a cui è indirizzata e quindi di non venire applicala. Grandi si chiede quale sia l'obiettivo di Cassese, visto che la stessa circolare cita le norme già esistenti per controllare le presenze. Ma al ministero della Funzione pubblica le barricate in difesa del cappuccino non preoccupano. L'utilità della circolare viene sostenuta dal direttore generale Tonino Longi, per ragioni di efficienza («Le ore lavorate devono essere piene») ed economiche: «Se noi consideriamo che per un caffè un dipendente si assenta in media dieci minuti possiamo tranquillamente vedere quante ore non lavorate emergono alla fine di un anno e moltiplicarle per il numero dei dipendenti. Recuperando queste ore avremo risparmi sicuri sulla spesa per straordinari». Ma i sindacati non demordono. Grandi, Trucchi e Foccillo hanno inviato una controcircolare a Cas¬ sese chiedendo che gli orari degli uffici pubblici vengano inseriti nei piani degli orari delle città. I rappresentanti degli statali sono irritati per non essere stati consultati da Cassese sulla sua iniziativa. Stefania Vannucci, segretario nazionale Cisl, sostiene che è la stessa presidenza del Consiglio a non dare il buon esempio: «I sistemi automatici» per il controllo delle presenze sono «da tempo installati» ma «non sono operativi». Michele Tricarico, segretario generale della Confsal, non esclude di porre la questione «alla valutazione del giudice del lavoro». E ricorda che su richiesta della sua organizzazione «il pretore di Roma ha dichiarato antisindacale l'emanazione», nell'aprile 1983, da parte del Tesoro dell'ordine di servizio sull'orario di lavoro senza trattativa con i sindacati. Ma non sono solo i dipendenti a criticare Cassese. Angelo Monti, segretario dell'Assobar, sostiene che gli statali continueranno a be¬

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