Arbore in Usa che farà senza Festival?
Arbore in Usa# che farà senza Festival? Arbore in Usa# che farà senza Festival? «Non è una gran perdita, mi dispiace solo per Mara» MIAMI. Sentire le canzoni di «Napoli due punti e a capo» risuonare nei locali di Miami è stata per Renzo Arbore, in questi giorni, una bellissima esperienza. E degno è stato, anche, ricevere il premio «National Italian American Foundation» con Matarrese. In Florida con il suo impresario Adriano Aragozzini a preparare il prossimo tour internazionale che debutterà proprio negli Usa durante i Mondiali di giugno per passare poi in Sud America, Cina e Giappone (con spettacoli che diventeranno special di Raiuno), Renzo Arbore deve però rinunciare alla simpatica usanza di guardarsi in tv il Festival di Sanremo, con l'abituale codazzo di amici. Dispiaciuto? «Sì, mi spiace perché guardo il Festival da appassionato di telecomunicazione - risponde al telefono dall'Hotel Alexander di Miami -. Ma quest'anno non è una perdita molto dolorosa, se non per il fatto del talk show dove lavora Mara». «Mara» è la Venier, sua bionda fidanzata storica, personaggio emergente di Raiuno. Che cosa le spiace soprattutto non vedere, del Festival? «Mi dispiace non ascoltare Enzo Jannacci e Paolo Rossi: il loro approfittare di Sanremo per cantare temi urgenti è un atto di coraggio e controcorrente. E' giusta la tesi di Jannacci, come l'ha raccontata a "La Stampa": i cantautori famosi non vanno a Sanremo per non danneggiare il proprio orticello. In realtà, il Festival è rimasto una delle pochissime ribalte disponibili per far sentire le canzoni in tv. La musica non ha più spazi, s'è sparsa la voce che paga meno della rissa». Secondo lei mancherà la rissa, a Sanremo? «Beh no, quella viene invece propugnata al talk-show, dove si suppone che ci sarà come minimo un po' di vivacità». C'è qualcun altro che le dispiace perdere? «Naturalmente vorrei vedere Francesca Schiavo, la cantante della mia Orchestra Italiana. E poi sono interessato alla Squadra Italia, che potrebbe anche aver successo, suscitare simpatia e nostalgìa per i bei tempi andati». Lei è d'accordo sulla formula adottata quest'anno a Sanremo? «Io rimpiango Benigni e Grillo, sono per la spettacolarizzazione del Festival. Certo, se ci dev'essere qualcuno estraneo alla musica, debbono essere i primissimi». Dove lo vede di solito il Festival? «Quasi sempre in casa, con amici. Anni fa ho detto che Sanremo è il nostro Carnevale di Rio, compatibilmente con il fatto che non ci sono sambe ma slow. Bisognerebbe metter le canzoni nuove a sfilare sui carri allegorici». Perché ha detto che non le spiace granché di non esserci? «Quest'anno, se si esclude forse Claudia Mori e pochi altri, non ci sono grandi personaggi. Pippo fa certo una direzione artistica trasparente e corretta, ma ci sarebbe bisogno di uno che se ne occupasse tutto l'anno, come faceva il vecchio Ravera, che magari prenotava una bella canzone già a marzo». Il Festival di Sanremo potrà mai rinnovarsi? «Il punto è sempre convincere i big a partecipare. Sempre più gente arriva a gareggiare per il bisogno della conquista o della riconquista: si è radicata questa concezione che è difficile da scalzare. L'unica cosa da provare ancora sarebbe una destinazione internazionale, in nome della quale far rientrare anche i grandi autoctoni per la diffusione della canzone italiana nel mondo». Come esperto di telecomunicazione, qual è il suo giudizio sul Sanremo '94, visto dagli Usa? «Un'edizione più tranquilla di quella del '93, una normalizzaaione all'insegna del "non rischiamo". Però, forse, questo rispecchia anche la situazione del nostro Paese», [m. ven.] Renzo Arbore: dopo il tour negli Stati Uniti, andrà anche in Cina a portare le sue canzoni napoletane
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