Una Milano firmata Eco

Lo scrittore e la metropoli Lo scrittore e la metropoli Una Milano firmata Eco 7n] MILANO L ' E il professore va al conve%| gno - e qui si parla della tre il giorni dedicata dalla \Jj Triennale ai problemi di Milano - c'è da giurare che il pubblico accorrerà curioso, e ben disposto, ad ascoltare la prima delle «Proposte progettuali», per questa città un po' sgangherata e vilipesa. E Umberto Eco ieri non li ha delusi. «Quando devo spiegare ai . nostri amici stranieri la differenza tra Roma e Milano, io, non perché sia maschilista, ma perché i cliché più efficaci sono sempre quelli che fanno leva sulle nostre peggiori tendenze, dico che Roma è come una bella donna, anche se attempata, di facili costumi, che senza pudore ostenta i suoi sette colli, a cielo aperto. E' lì che si mostra, e non hai che da guardarla, e, volendo, penetrarla». Milano invece, che non ha i seni e i golfi di Roma «non solo è piatta, senza un fiume, e ha coperto i suoi canali come una vergogna, ma i suoi cittadini si sono ingegnati di farla più piatta ancora. Potevano costruire un duomo come quello di Strasburgo, e hanno preferito il modello cesariano Motta». La Torre Velasca poi, non la si vede altro che proprio da sotto. «E diceva un mio amico tentato di morire che è un peccato, perché per suicidarti dovresti saltare in alto». Insomma Milano, per brutta che sia, si nasconde, salvo talvolta alzare la gonna maliziosa e scoprire qualche inattesa bellezza, come certi vecchi cortili dove «entrano solo i fortunati che ci abitano, o i disgraziati, a seconda delle ristrutturazioni». Cosa propone allora il professore, per recuperare almeno un poco l'immagine di questa città? «Inviterei il Comune, gli enti culturali, le associazioni di cittadini, a organiz- Umberto Eco zare degli itinerari collettivi per la riscoperta di Milano. Per i turisti, certo, ma soprattutto per i suoi cittadini che ignorano tutto, anche se in perfetto meneghino XX secolo dicono "ecceziunale veramente"». Sull'esempio della Bastiglia di Parigi che non c'è più ma è sempre viva, Eco si immagina di costruire con un po' di riflettori e qualche audiovisivo un'avventura della fantasia, «che a parlare di torri a San Gimignano son capaci tutti». Con buona volontà e qualche artificio si potrebbe passare un'ora appassionante a piazza Sant'Eustorgio o far rivivere i Navigli a San Marco almeno per una notte. Tanto per non consolarsi soltanto all'umile mercatino della Borsa, la domenica mattina, «dove io una volta ho trovato, sotto formalina, in un vaso positivista del secolo scorso, un intero apparato testicolare di cane, per lire 40 mila, che a New York lo venderebbero nelle gallerie d'arte uptown». Oppure andare a riascoltare le voci che di Milano hanno parlato, in una sola giornata: iniziando da viale Certosa, dal cimitero e da Delio Tessa per proseguire, «in omaggio alla Lega», con una bella recitazione carducciana alla Loggia dei Mercanti, una passeggiata col Gadda dell'Adalgisa in via della Spiga, e magari anche il percorso delle Cinque Giornate, riscritte da Biancardi. «E per far dimenticare che San Vittore è un luogo per tangentopolisti, vorrei che da quelle parti risuonassero in conclusione, in piena notte, da Porta Romana Bella a Ma mi, ma mi, ma mi, per ricordare ai milanesi che non sono solo Greganti e Cusani a non aver parlato». La gente applaude sorridendo: e almeno qui, in platea, accetta la proposta e la provocazione. [l.mj