Spinelli di Barbara Spinelli

Spinelli Spinelli Un mito grande e rovinoso che non durò più della sua vita ARRANO le cronache che Carlo Magno pianse, il giorno che vide alcune imbarcazioni scandinave nel porto di Narbona. Le riconobbe dalla leggerezza, che non era ordinaria: «Non sono mercanti, ma crudeli nemici», replicò alle obiezioni. E poi: «Sapete, miei fedeli, perché piango amaramente? Non perché temo le loro piraterie, ma perché hanno avuto l'ardire, sotto il mio regno, di avvicinarsi a queste rive. E perché prevedo tutto il male che faranno ai miei nipoti e ai loro popoli». Alla fine della sua vita, l'imperatore ebbe visioni di catastrofe, premonitorie: vide la sua grande costruzione travolta dalle tribù del Nord, che aveva dimenticato. Vide arrivare i barbari: non i parvenus dell'impero latino, non i Visigoti, né i Longobardi, né la stirpe franca da cui discendeva, ma i barbari veri, purosangue. Carlo Magno sapeva quel che vedeva, perché vedeva se stesso agli esordi dell'immensa avventura: un re barbaro, analfabeta, innalzato ed educato dal Papa, abbarbicato disperatamente al mito di Roma antica. Questa Roma antica, lui l'aveva voluta rifare per rifare anche se stesso. Per mimetizzare il barbaro, dentro di sé. A che era servita tutta questa rincorsa precipitosa: e imparare la scrittura e le grammatiche, e Virgilio e l'aritmetica, e fondare le Accademie e presiederle come re David, se d'un tratto il proprio passato si ripresentava, nemesi terribile, sotto forma del vichingo. Il mito di Carlo Magno e della sua Europa è fatto di questo impasto mitizzato, fra Roma e i barbari. E' fondato su questo orrore, che il barbaro ha di se stesso ogni volta che vede arrivare il barbaro. Tutti gli imperi successivi ripeteranno la vertigine di Carlo Magno, il giorno in cui vorranno reincarnarlo. Avvenne in Sassonia, quando all'Europa carolingia succederà il Sacro Romano Impero: l'imperatore Ottone III, figlio di un sassone e della principessa bizantina Teofano, implorerà il suo maestro Gerberto di Aurillac di istruirlo e innalzarlo: «Spogliatemi della mia msticità sassone, sviluppate quel che in me è sottigliezza greca» - «Volumus vos Saxonicam rustititatem abhorrere, sed grecsicam nostrani subtilitatem ad id studii magis vos provocare». Gerberto diverrà uno dei più grandi Papi europei, Silvestro II. Ma Ottone III si invaghirà a tal punto di Roma che dimenticherà di regnare sulla frantumata Germania. Non sarà l'unico a perdersi, nella leggenda carolingia: molti secoli dopo, Napoleone proverà a rifare Carlo Magno e se stesso, il nativo della Corsica dirozzato a Parigi. Il mito dell'Europa germanica di Carlo Magno è un mito romano, cattolico, e pre-nazionale. E' l'unione della Gallia, della Germania, dell'Italia, sotto l'egemonia spirituale dei Papi e con centro a Aquisgrana, in Renania. E' un mito nato in Vaticano, dove hanno origini le vertigini e le grandezze barbariche. Poiché anche i Papi rifanno se stessi, resuscitando Roma. Il cristianesimo aveva corroso e dissolto l'Europa romana: da distruttore, doveva diventare edificatore. Tutti i Papi successivi sogneranno di riedificare l'impero, ogni volta che vacillerà l'ordine in Europa: nell'epoca pre-nazionale di Carlo Magno, alla fine del feudalesimo, e di nuovo oggi che le nazioni declinano. L'Impero Romano è l'ordine contro il caos, è la legge, l'amministrazione e il diritto romano contro l'anarchia e l'anomìa. E' Yimperium mundi opposto al declino del mondo. Carlo Magno non sapeva che la leggenda dell'Ultimo Re Franco sarebbe servita da baluardo contro il millenarismo. Antiapocalittica, l'Europa carolingia è anche mito occidentale. E' Roma contro Bisanzio. E' il rifiuto della seconda Roma, e poi della Terza incarnata dall'ortodossia a Mosca. Nel Natale dell'800, Carlo Magno è incoronato imperatore nella città dei Papi, e così finisce l'esclusiva bizantina sull'eredità di Roma, si apre la rottura tra Oriente e Occidente. Si tenterà poi di ricucire la rottura, ma senza successo. Carlo Magno sarà in questo più deciso del Vaticano, lui che aborriva gli idoli barbari. Quando il Papa e Bisanzio si accorderanno sulla fine dell'iconoclastia e il ritorno delle figure sacre, si pronuncerà sia contro gli iconoclasti, sia contro la venerazione eccessiva delle immagini. Imporrà la misura romana, alla Chiesa. Grazie a Carlo Magno l'arte occidentale non si fossilizzerà nell'icona, e sui dipinti e la pietra apparirà non l'iconostasi, ma il volto, fragile e mortale, dell'uomo. L'Europa carolingia è un'idea grande, e rovinosa. Si nutre di miti religiosi e di idee, e perde di vista il regno e i territori. Non dura più della vita di un genio. Durerebbe più a lungo, se non fosse fondata sull'orrore di se stessa. Ma non sarebbe neppure Europa, senza questo barbarico orrore. Barbara Spinelli

Persone citate: Carlo Magno, Gallia